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Cosa circola in Italia?

NA002987di Costantino Radis

Particolato, particolato sospeso, polveri sottili, polveri totali sospese, pulviscolo atmosferico, particolato carbonioso o, come dicono i britannici eruditi, soot.

Ma cosa è realmente il particolato, quali effetti ha sull’ambiente e sulla salute delle persone? Qual è l’influenza dei motori diesel sulla sua formazione e quali sono le strade per eliminarlo?

Cerchiamo di chiarire qualche dubbio in modo che nessuno possa più dire che in Italia abbiamo un parco macchine obsoleto.

 

TernaIl particolato è considerato il fattore inquinante più impattante. Facile capirlo, facile intuirlo.

Si vede e si percepisce immediatamente – al contrario dei subdoli ossidi di azoto – e quindi ha un forte appeal sull’opinione pubblica.

Un’opinione pubblica che è prevalentemente influenzata dal ricordo di mezzi da costruzione e camion che sputavano fuori quantità di fumo nero; un problema che ancora oggi è presente in quei casi dove i mezzi di lavoro non vengono rinnovati periodicamente e non sono quindi adeguati alle ultime normative contro l’inquinamento.

Vicino ai nostri confini nazionali, in Svizzera, per ovviare al problema dell’inquinamento dei mezzi pesanti, la legislazione ha reso obbligatorio l’utilizzo del filtro antiparticolato per i motori diesel in applicazione industriale; tuttavia, questo filtro è in molti casi del tutto inutile, come per esempio per i motori Stage IIIb dotati di SCR.

FOTO_004_CInvece di attaccare i produttori di macchine movimento terra, che hanno fatto i salti mortali per arrivare a dei mezzi con un inquinamento ormai quasi a zero, un atteggiamento maggiormente costruttivo potrebbe essere quello di aiutare l’utilizzatore a rinnovare il suo parco macchine, ottenendo in questo modo un drastico abbattimento dell’inquinamento, causato da un parco circolante costituito da macchinari obsoleti e non conformi alle ultime normative in materia di emissioni.

 

La concentrazione è importante

FOTO_006Il fattore più importante è dato dalla concentrazione di particelle nell’atmosfera.

Occorre prima di tutto chiarire come quasi il 94% del totale del particolato – inteso come insieme di polveri sottili presenti in atmosfera – abbia origine naturale: polvere cosmica, polveri generiche, terra e sabbia alzate dal vento e trasportate dalle nubi a migliaia di chilometri di distanza, erosione, aerosol marino, fumi degli incendi, eruzioni vulcaniche.

FOTO_005_CSolo il 6% – approssimativamente – ha origine antropica ed è attribuibile in gran parte alle emissioni dei motori a combustione interna, al riscaldamento domestico, ai residui delle usure dovute alla circolazione stradale, alle lavorazioni industriali, alle lavorazioni del terreno e a quelle agricole, alle centrali termoelettriche.

Il problema vero è rappresentato dalla concentrazione di queste attività in zone ben circoscritte e tali per cui la loro presenza alza i livelli di particolato.

Non è un caso che le normative limitino l’emissione di questo inquinante sotto valori limite fissati per lo Stage IV (EU) in 0,025 g/kW e per il Tier IV Final (USA e Canada) in 0,020 g/kW.

 

Una famiglia allargata

PalaGli enti ufficiali che studiano la formazione del particolato sono spesso discordi nell’attribuire la maggiore o minore paternità di questa sostanza ai motori a gasolio, piuttosto che alle lavorazioni industriali, alla combustione di carbone o a quella di biomasse.

Il motore diesel viene spesso messo sul banco degli imputati quale maggior colpevole di produrre gran parte del cosiddetto nerofumo il cui nome corretto è particolato carbonioso.

La sua generazione avviene con la combustione di qualsiasi sostanza organica, ossia qualsiasi sostanza che contenga carbonio.

Gli idrocarburi sono fra le principali sostanze organiche usate nei processi di combustione allo scopo di produrre energia di qualsiasi tipo: da quella elettrica, a quella idraulica, a quella termica…ma sempre passando per una reazione che, a seconda di alcune variabili quali pressione, temperatura, flussi all’interno della camera di combustione e qualità del combustibile, determina la presenza di carbonio amorfo incombusto che forma il particolato.

Il particolato carbonioso, durante la sua genesi in camera di combustione, si presenta sotto forma di molecole che hanno una grandezza variabile da 0,1 nanometri fino a 1 micron di diametro.

In seguito tende a crescere superficialmente e successivamente a coagularsi perdendo idrogeno e assumendo carbonio arrivando così a formare le particelle più grandi che vengono emesse in atmosfera.

Un po’ di chimica

FOTO_007Il particolato, da un punto di vista termodinamico e in pura linea teorica, si formerebbe solo quando nella combustione il rapporto fra carbonio e ossigeno (C/O) supera l’unità (C/O>1).

Nella realtà questo non avviene e spesso, anche con fiamme controllate (ossia nei motori) si arriva anche a rapporti dell’ordine C/O = 0,5 pur dando comunque origine al particolato.

Nella reazione chimica teorica non si tiene infatti conto di fattori fondamentali quali la temperatura di reazione, la pressione di iniezione e i flussi all’interno della camera di combustione.

E ovviamente qui le cose si complicano.

La pressione di iniezione è un fattore negativo per la formazione di particolato e quindi gli attuali motori, in cui le pressioni di iniezione sono molto elevate (soprattutto quelli con sistemi Common-rail di qualsiasi generazione), sono una vera spina nel fianco per la riduzione del particolato.

Per contro è però possibile giocare sia sulla temperatura di combustione che sui flussi della miscela di aria e carburante.

Oltre una certa temperatura, infatti, diviene preponderante il meccanismo di ossidazione da parte dell’ossigeno con la diminuzione del particolato. Nello specifico, lavorando con una miscela ricca di aria fresca e con temperature molto elevate, l’ossigeno presente nella miscela ossida il particolato decretandone la distruzione.

Ma questo non basta. Occorre che la qualità dell’atomizzazione della miscela sia molto elevata in quanto nascerebbero comunque delle zone in cui la miscela si presenterebbe ricca di carbonio generando così del particolato. Per ottenere questo occorre che il combustibile circoli in modo ottimale – quindi le turbolenze hanno effetto positivo – e che vi sia l’esatta quantità di carburante in modo da ottimizzare la combustione.

I consumi, ovviamente, ringraziano.

Il vantaggio competitivo di queste specifiche architetture consente infatti risparmi notevoli di carburante con percentuali che spesso stazionano nei numeri a due cifre rispetto a motori della stessa categoria ma diversi per concezione.

Una impostazione di questo tipo, per contro, genera molti ossidi di azoto (NOx).

Ne abbiamo già parlato: se vogliamo limitare gli NOx dobbiamo abbassare la temperatura di combustione dando priorità, però, alla formazione del particolato, o dobbiamo trattarli nello scarico tramite l’SCR.

Occorre però tenere presente che questa sostanza è dannosa non solo per l’ambiente e per la salute delle persone ma anche per il motore stesso.

Tende infatti a incrostare l’interno delle camere di combustione e, nel caso di motori con EGR, si rende necessaria una manutenzione periodica al sistema di ricircolo dei gas di scarico.

Ovviamente questa strada prevede l’utilizzo, allo scarico, di un filtro antiparticolato che può essere a rigenerazione attiva o passiva. Nel caso della rigenerazione passiva, si conta sull’alta concentrazione di NO2 allo scarico, favorita dal DOC; nel caso di quella attiva, essa si realizza mediante mezzi specifici per innalzare la temperatura nei gas di scarico.

L’importante è limitare al massimo le condizioni di formazione del particolato, facendo lavorare il motore al punto di efficienza più alta. Una situazione che si riesce a ottenere solo nei motori che non adottano l’EGR.

Lavorare al massimo della propria capacità

BOX_01_001Nei motori con cilindrate e potenze contenute l’adozione della valvola EGR può essere una strada conveniente per la riduzione degli NOx a fronte di una produzione limitata di particolato che è possibile intrappolare con un filtro passivo. Per motori con cilindrate e potenze di fascia medio-alta la strada più razionale è quella che prevede l’ottimizzazione delle temperature di combustione in modo da operare nella fascia in cui ha luogo l’ossidazione del particolato. Lavorando sui flussi e le quantità delle miscele all’interno della camera si ha una ottimale combustione che previene la formazione del particolato e, nel caso dei motori Stage IIIb, evita l’utilizzo dei filtri con il solo impiego dell’SCR per eliminare gli ossidi di azoto. Una strada seguita, nel movimento terra, da pochissimi costruttori mentre in agricoltura è diventata quasi la prassi. Le applicazioni sui trattori agricoli, infatti, devono tenere conto degli spazi a disposizione sotto i cofani e quindi i radiatori più grandi che i motori con EGR richiedono, oltre al volume occupato dai filtri antiparticolato con eventuali preriscaldatori, è un problema che porta verso tecnologie più semplici e affidabili. Un aspetto fondamentale riguarda poi il consumo di carburante che, nei motori con SCR, è un elemento positivo per il portafoglio degli utilizzatori. Anche con il costo supplementare dato dalla gestione dell’AdBlue, il vantaggio competitivo è rilevante con cifre che spesso superano, a seconda delle applicazioni, del tipo di macchina e della fascia di potenza, il 15% di risparmio.    

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La soluzione è High-Lift!

OLYMPUS DIGITAL CAMERAdi Cristiano Pinotti Il legno, con la prepotente avanzata della bioedilizia, rappresenta uno sbocco di mercato appetibile e che, anche in Italia, sta trovando nuovi e convinti estimatori. In questo contesto poter contare su macchinari appositamente attrezzati per la movimentazione dei tronchi è fondamentale. Un esempio: la pala gommata Volvo L180G High-Lift Dal punto di vista estetico è un po’ unica. Il pinzone e i bracci pronunciati poco si conciliano con la classica immagine della pala gommata. Ma appena aggredisce i tronchi, la L180G High Lift dimostra tutte le sue enormi potenzialità nella movimentazione del più antico materiale da costruzione. La pinza diviene un tutt’uno con il legno che, docile, ne asseconda tutti i movimenti per creare alte ed enormi cataste da avviare agli impianti di produzione. Abbiamo avuto la fortuna di vedere all’opera una L180G High Lift  di Volvo CE all’interno di I-Pan, società dal gruppo Bonzano specializzata nella produzione di pannelli OSB (Oriented Strand Board), la cui sede si trova a Coniolo Monferrato.

Dall’imballaggio alla bioedilizia

Da sinistra Vincenzo De Berardinis, Responsabile Market & Brand Communication e Vincenzo Cavallo, Funzionario Commerciale per Volvo CE Italia in compagnia di Davide Capello e Andrea Novara, rispettivamente Responsabile di Produzione e Responsabile della Manutenzione I-Pan.
Da sinistra Vincenzo De Berardinis, Responsabile Market & Brand Communication e Vincenzo Cavallo, Funzionario Commerciale per Volvo CE Italia in compagnia di Davide Capello e Andrea Novara, rispettivamente Responsabile di Produzione e Responsabile della Manutenzione I-Pan.

Nati nel nord America, dove è decisamente più abituale la costruzione di abitazioni in legno rispetto a quanto avvenga in Italia, i pannelli OSB in Canada e Stati Uniti, ma in genere in tutti i paesi nordici, sono realizzati partendo dal legno di conifera. I-Pan, come materia prima, utilizza invece il pioppo, l’essenza arborea più presente nei dintorni della sede in provincia di Alessandria. «I-Pan – rivendica con orgoglio Davide Capello, responsabile di produzione – è la prima industria italiana specializzata nei pannelli OSB: siamo i primi a farlo in Italia e gli unici in Europa a utilizzare il pioppo». Gli OSB in sostanza sono pannelli, disponibili in differenti dimensioni, realizzati con scaglie di legno, gli strand, orientati al fine di garantire più elevate caratteristiche meccaniche di flessione rispetto ai classici pannelli truciolari. I pannelli, il cui mercato di sbocco è rappresentato dalla bioedilizia e dall’industria dell’imballaggio dedicato al trasporto dei pezzi meccanici, possono avere spessori finali da 6 a 40 mm ed essere immessi sul mercato con spigolo vivo o fresati maschio/femmina, per un più agevole accoppiamento, qualità apprezzata soprattutto nel caso della bioedilizia. L’impianto alessandrino, in cui lavorano circa 50 persone su quattro turni a ciclo continuo, è progettato per realizzare circa 400 m3 al giorno ed è stato strutturato anche in funzione della reperibilità del materiale che è tutto italiano e prodotto nell’arco di una settantina di chilometri rispetto alla sede della società. L’OSB è un prodotto che accusa una certa stagionalità legata ai cicli dell’edilizia con un incremento nel periodo più caldo e un fisiologico calo nel periodo invernale. Gli sbocchi di mercato vedono ottime prospettive in Italia ma anche in Spagna, Francia, Austria e nella stessa Germania, paese in cui hanno sede i principali concorrenti della società piemontese, colossi che da anni si occupano di questi prodotti con stabilimenti in molte parti del mondo. Il ciclo di produzione OLYMPUS DIGITAL CAMERAOgni giorno in I-Pan arrivano e vengono scaricati una trentina di autotreni carichi di legno vergine. Infatti, a differenza di altre tipologie di pannelli, gli OSB non utilizzano scarti: il ciclo produttivo inizia da tronchi con un diametro compreso tra gli 80 e i 400 mm e una lunghezza tra i 2.000 e i 2.400 mm. I tronchi, trasportati da autocarri articolati, vengono accumulati in cataste numerate utilizzando la pala gommata Volvo L180G High-Lift, in modo da prelevare sempre il materiale più vecchio che non deve stagionare. «Per questa lavorazione – conferma Capello– è meglio utilizzare legno fresco, lavorato nell’arco di due mesi, altrimenti gli strand tenderebbero a sbriciolarsi e creare troppo materiale fine di scarto. Oltre allo scarico dei camion, la High Lift si occupa anche dell’alimentazione dell’impianto di scortecciatura, con intervalli di circa 30 minuti. Una volta scortecciati, i tronchi proseguono in un canale dove un metal detector impedisce il fortuito inserimento di metalli e vengono accumulati in senso longitudinale rispetto alla macchina di taglio, lo strender, che taglia il legno andando a formare scaglie di 120 mm di lunghezza per una larghezza variabile (da 5 a 40 mm) in funzione del diametro del tronco e dei coltello utilizzato. Gli strand sono quindi accumulati e dosati in un essiccatore che riduce la presenza di acqua attorno al 2%». Nel caso di I-Pan si tratta di un essiccatore a nastro a bassa temperatura di nuova concezione che, rispetto ai tradizionali essiccatori a tamburo, non porta il legno a contatto con la fiamma, eliminando in questo modo anche eventuali pericoli di incendio. Il legno viene essiccato tramite aria che, scaldata da opportuni radiatori, è convogliata attraverso il letto di materiale sospinto dal nastro. «Quest’ultimo – continua il responsabile della produzione – ha anche la funzione di trattenere le polveri e ci consente di avere standard di emissioni ben al di sotto dei dettami di legge, anche senza filtri aggiuntivi». A questo punto del processo produttivo I-Pan, per ottimizzare il tutto, ha inserito alcune centrali termiche a biomassa utilizzate per elevare la temperatura dell’olio diatermico che a sua volta scalda una macchina finalizzata alla produzione di energia termica ed elettrica. Quest’ultima viene poi ceduta alla rete elettrica. «Gli strand essiccati – riprende Capello – sono quindi sottoposti a vagliatura per eliminare le polveri residue e suddividerli per i tre strati che compongono il pannello, con i pezzi più piccoli riservati allo strato interno. Da qui si passa alla resinatura attraverso l’utilizzo di colle: isocianati, dove si richiede zero emissione di formaldeide, oppure colle ureiche e melanimiche. La resinatura è seguita dalla formazione. Le macchine orientano gli strand in modo che lo strato interno sia posto trasversalmente rispetto ai due esterni. Si va quindi a formare un materasso, di altezza variabile in base agli spessori finali, che è indirizzato al ciclo di pressatura. Infine il pannello viene raffreddato, tagliato ed eventualmente fresato». La High-Lift alla base del processo produttivo OLYMPUS DIGITAL CAMERACome accennato la pala di Volvo CE è fondamentale per alimentare l’intero ciclo produttivo. Il suo utilizzo è nato dalla precisa esigenza di avere un’unica macchina in grado di scaricare gli autotreni e, contemporaneamente, alimentare l’impianto. «Personalmente – riprende Capello – conoscevo bene questa tipologia di macchina che avevo visto più volte lavorare in molti stabilimenti del nord Europa. Le ricerche di mercato effettuate e l’analisi delle caratteristiche tecniche della macchina, unite alla conformazione del nostro piazzale, ci hanno fatto propendere per la pala gommata Volvo e siamo convinti della nostra scelta. Siamo soddisfatti, la pala ci consente di mantenere i volumi prefissati e di essere completamente autonomi anche nella creazione di pile particolarmente lunghe e alte. In fase di scelta, inoltre, c’era stata proposta una macchina usata con ben 46.000 ore di lavoro alle spalle. In effetti abbiamo acquistato anche questa pala, sempre una High-Lift, che abbiamo utilizzato in attesa dell’arrivo della nuova L180G High-Lift e ancora oggi svolge la funzione di macchina sostitutiva durante i periodi di manutenzione e i tagliandi della nuova pala. «A questo proposito – interviene Andrea Novara, responsabile manutenzione I-Pan – la macchina Volvo è protetta da un accordo di manutenzione programmata di tipo Blu che prevede la manutenzione ogni 500 ore, la manodopera, ricambi e lubrificanti originali Volvo». Ricordiamo, infatti come tutte le macchine Volvo possano essere protette da accordi di assistenza clienti «codificati» attraverso un colore: Bianco, Blu, Argento e Oro che, dal più semplice al full service, assicurano massima versatilità nei termini contrattuali, per coprire dai semplici tagliandi periodici fino alla piena assunzione di responsabilità per la manutenzione e le riparazioni a costi prefissati. Per la massima tranquillità del cliente la pala è protetta anche dal CareTrack, il sistema di monitoraggio che permette di tenere sotto controllo la macchina da qualsiasi computer con accesso a internet. Sviluppato per operare congiuntamente con il sistema diagnostico interno delle macchine operatrici Volvo, il CareTrack permette di controllare in tempo reale la posizione geografica della pala, le ore d’esercizio, il consumo di carburante e la pianificazione dei tagliandi. Volvo L180G High-Lift: uno sguardo tecnico OLYMPUS DIGITAL CAMERASintetizzando al massimo, la Volvo L180G High-Lift è una pala gommata frontale dotata di un sistema ad alto sbraccio ideale per la costruzione di cataste di elevata altezza e quindi rappresenta una soluzione efficiente per ottimizzare lo spazio in un piazzale di stoccaggio. Grazie alle sue caratteristiche, la L180G HL consente all’operatore di mantenere sempre un eccellente controllo del carico, anche nello spostamento di tronchi al centro della catasta. Peculiarità della macchina è la sua pinza, in grado di ruotare a 360°, e che permette di avvicinarsi al materiale con la migliore inclinazione e avere così la presa più sicura ed efficace. Inoltre un apposito sistema di ammortizzazione consente di assorbire le oscillazioni del carico per ottenere manovre più accurate e sicure. Mentre quando si lavora su terreni particolarmente accidentati, il sistema di sospensione del braccio (BBS) contribuisce ad assorbire le sollecitazioni, in modo da ridurre ulteriormente il movimento del carico e aumentare il comfort di chi sta alla guida della macchina. Con un carico di lavoro da 8,6 t, un ‘altezza di sollevamento da 5,8 m sotto la pinza chiusa, una capacità della pinza di 3,2 m2 e uno sbraccio di 4 m, la L180G High Lift Volvo è ben più che una macchina ad alto sbraccio. La combinazione delle sue caratteristiche: elevata altezza di sollevamento, lungo sbraccio e sterzo articolato, consentono infatti cicli di lavoro brevi in molteplici applicazioni nelle quali sia protagonista il legno. Il sistema Bilanciere High Lift Volvo assicura ottima visibilità sulla pinza che può essere totalmente aperta anche nella posizione più alta. VolvoL180HL_CruscottoAl pari di tutte le macchine della serie G, la High-Lift adotta un motore Volvo da 13 l, 6 cilindri, sovralimentato V-ACT (Volvo Advanced Combustion Technology), con ricircolo del gas di scarico a freddo e filtro antiparticolato (DPF) con rigenerazione attiva. Nelle pale gommate della Serie G è stata introdotta la geometria variabile del turbocompressore (VGT) studiata per modificare continuamente il flusso di aria al motore, dove il diffusore scorrevole consente al flusso del gas di scarico nella ruota della turbina di variare per fornire una rapida risposta ai bassi giri motore e di raggiungere e mantenere una coppia elevata a giri motore più alti. Coppia e potenza si accoppiano a un impianto idraulico load sensing che garantiscono, rispetto alla serie precedente, forze di sollevamento e di strappo incrementate rispettivamente del 20% e 10%. Per gestire le maggiori pressioni sono state introdotte due pompe idrauliche a pistoni assiali a portata variabile e valvole di drenaggio, unitamente a un nuovo impianto di raffreddamento idraulico. Il treno di potenza si avvale di assali heavy-duty e le trasmissioni montano il Volvo Automatic Power Shift (APS) che garantisce il funzionamento della macchina sempre nella marcia ideale in base a molteplici fattori tra cui velocità del motore, kick down e freno motore. Macchine di questo livello sono poi completate dalla cabina Volvo Care di ultima generazione. Vai alla foto gallery

Merlo. What else?

Aperturadi Costantino Radis

Un piano industriale da cento milioni di euro in tre anni. Il primo sollevatore telescopico ibrido. Una nuova gamma con una rivoluzionaria concezione modulare. Il 90% della produzione destinata all’export. Battere la crisi in Italia puntando su R&D. Il nome? Merlo. What else?

L’orgoglio italiano del fare per saper fare. La capacità di inventare e trasformare in realtà industriale ambiziosi progetti di nuove macchine.

La volontà di radicarsi sul territorio grazie al legame con il vero capitale aziendale: le persone.

Tutto questo è il Gruppo Merlo, azienda in piena controtendenza che ha deciso di combattere la crisi con l’unico strumento realmente efficace: la ricerca e lo sviluppo del prodotto.

Il primo sollevatore telescopico ibrido del mercato è solo la punta di un iceberg che ha una base profonda e stabile con mezzo secolo di storia fatta di innovazioni, brevetti, crescita continua.

Razionalizzare costa fatica e impegno

MerloSi fa molto in fretta a dire «…occorre razionalizzare…». Spesso, soprattutto oggi, si confonde la razionalizzazione con il solo taglio di risorse verso la ricerca e lo sviluppo del prodotto, con il taglio del personale, con la delocalizzazione produttiva verso paesi in cui il costo del lavoro sia basso.

Ma strategie di questo tipo hanno qualcosa in comune con la qualità del prodotto? Cosa hanno in comune con la formazione di chi costruisce le macchine? Cosa hanno in comune con una tradizione metalmeccanica che si costruisce di giorno in giorno grazie alla casa madre e a un indotto che le ruota intorno, che cresce, che investe e che può a sua volta diventare promotore di nuove iniziative imprenditoriali?

Per il Gruppo Merlo – per la famiglia Merlo – la parola razionalizzazione ha un significato ben preciso: capire come concretamente combattere la crisi ponendosi sul mercato in modo diverso e più flessibile rispetto alle esigenze dei clienti.

FOTO_004Cosa significa tutto questo? In primis rivedere lo stabilimento in chiave più flessibile e moderna impostando diversamente la produzione così da poter produrre in tempo reale i modelli che in quel momento hanno una richiesta specifica.

Ovviamente anche grazie a una maggiore formazione dei dipendenti e a una loro partecipazione attiva al processo di rinnovamento aziendale. E tutto questo lo si ottiene solo con una proprietà che dia certezze, abbia una visione strategica della vita aziendale, condivida in modo trasparente la propria visione industriale.

Ma tutto questo non basta.

Alla base di un progetto così ambizioso c’è un aggiornamento completo della gamma che sia concepita per rispondere alle esigenze industriali ma anche e soprattutto dei clienti in termini di qualità e flessibilità dell’offerta.

 

Un processo logico e realmente flessibile

Sarà un caso ma il Gruppo Merlo ha molte analogie con altre importanti realtà industriali straniere in cui la proprietà è impegnata in prima persona per la buona riuscita dell’attività aziendale.

Sarà un caso ma sono proprio queste le realtà che hanno saputo interpretare e superare, meglio di altre, la crisi cominciata a fine 2008.

FOTO_005Il passo fondamentale – deciso dalla famiglia Merlo – è stata la riprogettazione completa della gamma di sollevatori telescopici in chiave modulare.

In questo modo tutti i modelli condivideranno le stesse tecnologie automatizzando la produzione e aumentando il livello qualitativo complessivo.

Ma non solo: i volumi produttivi più elevati dei singoli componenti permettono un contenimento dei costi con margini da investire sulla ricerca del prodotto.

Inoltre i sollevatori più compatti, di norma indirizzati verso una tecnologia più semplice, adotteranno gli stessi contenuti innovativi dei modelli al top di gamma.

Il controllo di qualità avviene oggi in modo completamente diverso rispetto al passato: ogni organo principale viene prodotto e assemblato in sottogruppi.

Prima che i sottogruppi passino alla linea di assemblaggio della macchina sono collaudati singolarmente così da mantenere elevato il livello qualitativo.

Al termine dell’assemblaggio, ogni singolo sollevatore viene collaudato in modo definitivo e – in caso di esito positivo agli standard qualitativi imposti – viene completato, rifinito e personalizzato in base allo specifico ordine.

 

Una visione imprenditoriale etica

MerloIl nuovo processo produttivo permette non solo di elevare gli standard qualitativi del prodotto ma anche di velocizzare la produzione e soddisfare in modo più rapido le richieste del mercato.

La flessibilità dello stabilimento permette di adeguare la produzione alle richieste del mercato: sia in termini di consegna di macchine da acquistare su specifica ordinazione, sia per spostare i volumi produttivi fra le richieste del mercato construction, recycling, industry o agri.

Dietro a questa rivoluzione che coinvolge tutto il Gruppo Merlo a ogni livello c’è una visione imprenditoriale etica che, oggi, è cosa rara nel nostro paese.

FOTO_006In primis la ferma volontà di investire in Italia per contribuire alla crescita economica del paese. A seguire, ma non per importanza, una precisa missione sociale che la famiglia Merlo, grazie alla visione dei fondatori Cav. Amilcare e di sua sorella Natalina, da sempre sente come propria per vocazione. Una missione che vede nel radicamento territoriale una fondamentale risorsa per la crescita sia aziendale che sociale.

L’unico modo per permettere la sopravvivenza aziendale in un contesto difficile e complesso come quello italiano è operare sul ciclo produttivo, sul contenuto tecnologico del prodotto e sul livello qualitativo complessivo: esattamente come fanno i grandi gruppi industriali tedeschi che – per operare nei mercati globali – puntano a distinguersi dalla concorrenza con un prodotto di eccellenza e con una capacità produttiva che va coltivata di giorno in giorno.

Un risultato che, semplicemente speculando sul costo del lavoro e sulla delocalizzazione, non è possibile raggiungere.

Il piano industriale di 100 milioni di euro in tre anni con un fatturato annuo di oltre 400 milioni è il tangibile segno di una famiglia che sa cosa voglia dire fare seriamente imprenditoria.

 

Risposte certe in tempi certi

FOTO_011La diversa organizzazione produttiva non solo permette di rispondere in tempi certi alle richieste del mercato ma ha coinvolto anche tutto il sistema post-vendita.

Una delle voci d investimento più importanti ha visto come protagonista proprio il deposito ricambi che, ora, ha un volume complessivo di 10.000 m3 con 17.000 codici a magazzino e un tempo di prelievo di 30’’ con un livello di servizio superiore al 99%.

La razionalizzazione della gamma con una elevata standardizzazione dei componenti e una disponibilità trasversale di tecnologia fra i vari modelli permette anche costi inferiori di approvvigionamento dei ricambi da parte dei dealer e una formazione dei tecnici post-vendita più rapida, semplice ed efficace.

Dare ai clienti risposte certe in tempi certi significa aumentare la fidelizzazione del cliente stesso e generare un passa parola positivo che porta ovvi vantaggi in termini di crescita aziendale.

Si tratta di una sfida che il Gruppo Merlo ha di fatto già vinto rimanendo a lavorare a Cuneo investendo sul proprio futuro e su quello della cittadina piemontese che, da sempre, si è distinta per laboriosità e serietà.

Non poteva essere diversamente.

Safety first: il Controllo Dinamico del Carico di Merlo

BOX_01_001Merlo ha sempre fatto della sicurezza una bandiera. Pertanto ha progettato e brevettato il sistema M CDC adottato sui suoi sollevatori telescopici. La funzione di «Controllo Dinamico del Carico» è sempre operativa e interamente automatica. Prende in considerazione i movimenti effettuati (angolo e sfilo del braccio), il peso sollevato e riconosce automaticamente tutte le attrezzature Merlo mediante un sensore CDC. È quindi un sistema estremamente user friendly in grado di garantire standard di sicurezza superiori all’attuale norma EN 15000. Allo stesso tempo consente di movimentare il braccio con rapidità in modo da aumentare la produttività e risparmiare tempo. L’interfaccia operatore è intuitiva e le informazioni principali sono visualizzate sul nuovo display a colori da 8.5» su plancia. Grazie a una telecamera (opzionale) è possibile visualizzare sullo schermo quanto succede nella parte posteriore del telescopico al fine di aumentare ulteriormente il livello di sicurezza operativa.    

Risparmiare in modo intelligente: il Merlo Eco Power Drive

Foto Box 2Merlo riduce i consumi dei suoi sollevatori telescopici fino al 30%, grazie all’introduzione del sistema EPD. EPD (Eco Power Drive) fornisce tre modi di funzionamento manuale: Transport & Tow, per ottenere o mantenere un consumo di carburante minimo Heavy Load, per ottenere le prestazioni massime durante operazioni particolarmente gravose come lo scavo o la rimozione di neve Inching Mode, per manovre in spazi limitati e per un preciso posizionamento del carico L’ acceleratore è connesso direttamente alla centralina elettronica EPD che regola i giri al minuto del motore diesel in base ai parametri di risparmio carburante specifici per differenti situazioni di utilizzo. In questo modo il Merlo EPD riduce al minimo il consumo di carburante e ottimizza le prestazioni. Test su strada hanno mostrato un risparmio di 3.000 litri di carburante su 1.000 ore annue di utilizzo della macchina; ciò rappresenta più di 3.600 euro risparmiati all’anno.    

Un compatto per il pipeline

OLYMPUS DIGITAL CAMERAdi Cristiano Pinotti Abbiamo visto all’opera un escavatore Liebherr R914C impegnato nel ripristino di un metanodotto nel basso Piemonte. Un settore, il pipeline, dove serve potenza, stabilità e forza, anche di sollevamento. E quando si opera nello stretto le dimensioni contenute divengono fondamentali. Quando si pensa al settore energetico legato al gas naturale viene spontaneo immaginarsi grandi realizzazioni accoppiate a macchine di enormi proporzioni. Una visione corretta nel caso di nuove condotte, sempre più rare in Italia e in Europa, ma che nella realtà operativa di tutti i giorni deve fare i conti con un preponderante lavoro di manutenzione, volto a intervenire sulle linee esistenti e finalizzato a ottimizzarne il tracciato in relazione alle esigenze abitative specifiche per ogni territorio. È proprio questo il campo in cui lavora l’impresa Tre Colli spa. Core business: pipeline

A destra Luca Zermani, responsabile acquisto macchinari e membro del CDA di Tre Colli spa, in compagnia di Mirco Tresin, responsabile vendite di Liebherr EMtech Italia.
A destra Luca Zermani, responsabile acquisto macchinari e membro del CDA di Tre Colli spa, in compagnia di Mirco Tresin, responsabile vendite di Liebherr EMtech Italia.

Nata nel 1971, come accade per molte imprese che operano nel settore pipeline, anche Tre Colli ha la propria sede in Emilia, in provincia di Parma, ma noi abbiamo incontrato i vertici aziendali a Carrosio (Al) località in cui la società ha impiantato gli uffici operativi e il Centro manutenzione pipeline. «A livello logistico – ci spiega Luca Zermani, responsabile acquisto macchinari e membro del CDA di Tre Colli spa – la provincia di Alessandria ricopre una posizione strategica tra il porto di Genova, dove arrivano le merci, e l’area della bassa Lombardia, dove si trovano le maggiori raffinerie. In sostanza il grosso delle tubazioni passa per quest’area». Il pipeline, com’è facile intuire, rappresenta il core business dell’impresa che si occupa sia della realizzazione delle nuove condotte, sia del settore delle manutenzioni sui metanodotti, un’attività che permette alla società di differenziarsi rispetto alla concorrenza. «Quello che avete visto oggi – continua Zermani – è un classico lavoro di ripristino susseguente lo spostamento di un tracciato. Ed è il riassunto di molti nostri lavori: non sempre grandi contratti, ma spesso tanti piccoli interventi che vanno a coprire la manutenzione di tutte le linee esistenti sul territorio italiano. Un’attività che ci impone di lavorare principalmente con Snam rete gas ed Eni e che assorbe circa il 70% del fatturato». Il rimanente 30% viene invece sviluppato attraverso la prefabbricazione (lo stabilimento è posto sempre nella sede di Alessandria) e le costruzioni industriali dove, tra le varie realizzazioni, spicca quella dell’outlet di Serravalle. Il tutto potendo contare su una media di circa 300 dipendenti, un numero soggetto anche a importanti variazioni in relazione a eventuali grandi commesse che giocoforza vanno influire parecchio non solo sul personale diretto, ma anche sulle società che collaborano con la realtà di Carrosio. Il parco macchine e il mercato 916Ovviamente, anche a livello di parco macchine, il settore pipeline è quello che assorbe più risorse con una trentina di attrezzature da scavo, dai mini ai grandi escavatori, cui si devono aggiungere varie macchine di servizio e molti autocarri, soprattutto da 35 q. A livello di escavatori, in genere la scelta di Tre Colli cade su macchine di ottima potenza però trasportabili in sagoma senza permessi particolari. Le macchine, data la tipologia di lavoro cui sono chiamate, sono generalmente tutte equipaggiate con l’omologazione sollevamento. Un parco macchine cospicuo che va a rispondere a un mercato sostanzialmente nazionale, ma che la società sta cercando di ampliare attraverso nuovi sbocchi, in particolare in ambito extra Unione Europea. «In molti di questi paesi fuori dall’UE – riprende Zermani – il mercato non è saturo, ma spesso vengono richieste particolari qualifiche differenti da quelle europee. Documentazioni che, in genere, richiedono parecchio tempo e notevoli risorse. Oggi, per quanto ci riguarda, le nazioni più interessanti sono Kazakistan, Congo, Algeria, paesi dove possiamo accedere alle gare di appalto con le certificazioni in ordine. In passato abbiamo lavorato anche in Svizzera, ma l’Europa nel suo complesso è un mercato pressoché saturo e difficile. Quindi è inevitabile cercare un po’ più lontano dove la raffinazione è ancora possibile. Del resto nel vecchio continente, tra vincoli ambientali e burocrazia, il nostro sta diventando un settore sempre più complicato». Le potenzialità internazionali e la capacità di seguire molteplici cantieri sparsi per l’Italia hanno indotto la società specializzata nel pipeline a limitare fortemente i marchi per quanto concerne le attrezzature da scavo, anche al fine di non avere problemi per quanto riguarda l’assistenza e la reperibilità dei ricambi. «In quest’ottica – continua Zermani – Liebherr ci sta accompagnando nel settore dell’escavazione da un paio d’anni. Nel complesso abbiamo quattro escavatori Liebherr: due R916, un R926 e l’R914C». Il rapporto con Liebherr OLYMPUS DIGITAL CAMERACome responsabile degli acquisti, Zermani vive in prima persona la scelta dei marchi e la vita lavorativa delle macchine. «Il rapporto con il costruttore è nato anche attraverso la fiducia riposta nel venditore del marchio tedesco, ma è comunque passato attraverso veri test fatti con il noleggio. Abbiamo notato come le macchine siano funzionali alle nostre necessità e anche sotto il profilo dell’assistenza non abbiamo nulla da dire. Per noi, infatti, è molto importante che l’assistenza tecnica copra bene il territorio in cui andiamo a operare. Per questo le nostre scelte a livello di escavatori cadono sempre su tre o quattro marchi che riteniamo di pari livello e che danno ottime garanzie di service e ricambistica». Anche sotto questo aspetto Liebherr, grazie agli stabilimenti di produzione piuttosto vicini al territorio italiano, offre ottime garanzie e nell’eventualità il ricambio non fosse disponibile a magazzino viene assicurato entro le 24 ore. Ottima la soddisfazione anche sul fronte dei consumi: «abbiamo notato una notevole capacità idraulica ma con motori non mostruosi, a livello di cilindrata, in grado di garantire ottima potenza con consumi più che accettabili». L’R914C all’opera OLYMPUS DIGITAL CAMERA«Per la manutenzione degli impianti – riprende Zermani – il 914 Compact è ideale. Oggi l’abbiamo visto al lavoro in un’area di ampie dimensioni, ma spesso ci capita di operare in spazi davvero ristretti. La Liguria è l’esempio tipico, con interventi in ambiti angusti e spesso con notevoli pendenze. Al di là dei miniescavatori questa è la prima macchina compatta di un certo peso che acquistiamo e abbiamo constatato come si sposi molto bene con le nostre tipologie di lavoro. Spesso, infatti, abbiamo bisogno di grande forza di sollevamento per accoppiare i tubi in fase manutentiva e in questi frangenti il peso e la stabilità della macchina incidono parecchio. Del resto la forza di sollevamento è un carattere distintivo dell’idraulica Liebherr che, abbinata a un peso ragguardevole, permette di differenziarsi da altre macchine». OLYMPUS DIGITAL CAMERAIl 914 inserito nel parco macchine Tre Colli è in versione full optional. A livello di allestimento presenta il braccio triplice, la lama, tutti gli impianti (martello, pinza e rotazione), le valvole anticaduta, tutti i sistemi di sicurezza, la centralina di ingrassaggio automatico e il climatizzatore. A dispetto di dimensioni di ingombro molto compatte è una macchina da 170 q, che quindi può lavorare in spazi angusti ma con la sua benna da 1 m3 permette di districarsi bene anche in cantieri di maggiori dimensione. La macchina è equipaggiata con un motore Deutz quattro cilindri in linea, turbodiesel, Common rail after-cooler, raffreddato ad acqua, da 80 kW di potenza massima a 1.800 giri/min. L’impianto idraulico si avvale di una pompa a cilindrata variabile da 195 l/min, con una pressione massima di 350 bar e il controllo dell’idraulica è affidata la Liebherr Synchron Comfort System (LSC). Ovviamente la macchina prevede la preselezione della potenza del motore e delle performance idrauliche in base alle specifiche lavorazioni cui è chiamato l’escavatore, che può quindi essere tarato per dare precedenza alla riduzione dei consumi o alla massima forza di scavo a seconda delle necessità operative.

L'opinione dell'operatore
OLYMPUS DIGITAL CAMERAClaudio Mattei è l’operatore del Liebherr R914C e il suo volto sorridente la dice lunga in merito alle qualità della macchina che gli è stata assegnata. “Benché abbia solo 180 ore di lavoro – esordisce – l’escavatore ha già dimostrato tutto il suo valore. In questo caso abbiamo eseguito una variante all’oleodotto per cambiarne il percorso ed evitare il passaggio vicino alle abitazioni e ora la sto usando per un lavoro di ripristino, ma in genere la utilizzo per gli scavi e per la posa dei tubi. Per essere precisi nel lavoro abbiamo richiesto il braccio triplice, così come la lama che è molto utile in funzione di dozer e in salita conferisce maggiore stabilità: una qualità assolutamente necessaria per i nostri lavori. Ovviamente apprezzo anche altre doti come la potenza e la maneggevolezza”. 

Ponteggi Pilosio protagonisti in Georgia

AperturaIl sistema di ponteggi multidirezionali MP di Pilosio è la soluzione selezionata da Permasteelisa Group per la realizzazione della torre di controllo dell’aeroporto internazionale King the Builder di Kutaisi, in Georgia. La struttura della torre, alta in totale 55 metri, è costituita dalla parte strutturale in calcestruzzo armato e da un involucro esterno di rivestimento composto da pannellature realizzate con lamiera di alluminio e da un’ampia zona vetrata con forma irregolare troncoconica nella sua parte superiore (control room).

La ridotta possibilità di effettuare ancoraggi alla struttura della torre unita alla forma particolare e sporgente della parte superiore, hanno comportato la necessità di stabilizzare la struttura del ponteggio creando due strutture concentriche. La struttura di ponteggio più vicina alla torre è stata realizzata in ponteggio multidirezionale MP, con tavole di servizio in acciaio su tutti i piani, posti ogni 2 m. L’installazione di tre livelli di mensole di sistema MP, complete di tavole metalliche, ha consentito agli operatori di avvicinarsi all’edificio per il fissaggio delle staffe di supporto dei pannelli di rivestimento, lavorando in totale sicurezza. I tre livelli di mensole sono stati spostati sui diversi piani del ponteggio, in funzione dell’avanzamento dei lavori.

La struttura multidirezionale MP più esterna, fino all’altezza di 44 m, funge da irrigidimento e stabilizzazione  della struttura MP interna e da sostegno per la zona di ponteggio con tavole che si estende da 44 a 56 m. Le due strutture in MP, concentriche, sono collegate ogni 6 metri di altezza mediante travi reticolari prefabbricate di sistema. Lo stoccaggio del materiale per la realizzazione della porzione vetrata di edificio in sommità, ha richiesto la realizzazione di tre piazzole di carico a sbalzo, collocate sulla struttura MP più esterna. Le dimensioni in pianta delle piazzole sono state scelte in funzione della grandezza degli imballaggi di vetrate (1m x 3m). La realizzazione dello sbalzo è stata permessa dall’applicazione di travi reticolari prefabbricate di sistema di lunghezza 1,80 m, supportate da diagonali di facciata.

TestoSul lato più regolare della torre, dove le sporgenze in sommità sono più limitate, è stata predisposta una piattaforma auto sollevante Electroelsa EHPM 2500/25 T, con le dimensioni interne della cesta pari a 4,7m x 2,14 m. La piattaforma è stata utilizzata per  agevolare la risalita degli operatori e del materiale da costruzione. In totale la fornitura è stata pari a 92 mila kg di ponteggio MP di sistema, comprensivo di 1800 tavole metalliche, a cui si aggiunge una minima quantità di tubo e giunto utilizzato solamente con funzione di collegamento. Lo soluzione tecnica proposta da Pilosio è stata vincente grazie al know-how dell’Ufficio Tecnico e allo studio tridimensionale che ha messo in luce la fattibilità e la completezza del progetto.

Il sistema multidirezionale Pilosio è stato selezionato in quanto unisce la flessibilità del ponteggio a tubi e giunti con la rapidità di posa attraverso il bloccaggio dei cunei nei morsetti. La speciale rosetta saldata ai montanti verticali ha 4 vie per il fissaggio ortogonale dei correnti e delle diagonali ed altre 4 vie asolate che consentono il fissaggio con angolatura variabile per coprire quasi interamente i 360 gradi.

Oltre all’enorme flessibilità, il tipo di aggancio con cuneo e rosetta è facile da fissare e molto rapido nelle operazioni montaggio e smontaggio. Per le caratteristiche di rapidità di montaggio, grande modularità, estrema adattabilità ed elevata portata, il ponteggio multidirezionale MP è il sistema Pilosio più flessibile e con maggiori possibilità di utilizzo anche nelle situazioni più complesse.

I campi applicativi del sistema MP spaziano dal settore residenziale, industriale, restauro, navale, aeronautico, petrolifero, spettacolo, siti archeologici, ponti, viadotti e strutture sospese e traslabili. Il sistema MP può essere utilizzato come ponteggio per facciata da manutenzione e costruzione; ponteggio con passi carrai e interruzione di stilate; castelli di carico; scale di servizio da cantiere; strutture ad alta portata per lavori in quota; torri ad altissima portata per sostenere carichi gravosi in quota; strutture sospese quando non c’è possibilità di partire dal basso; sistemi di contrasto; torri mobili su ruote o carrelli; palchi; strutture per lo spettacolo e torri audio-video; strutture per magazzini e ricovero merce; strutture portanti di qualsiasi genere da rivestire con altro materiale; quinte scenografiche.

 

 

 

Fondamenta

Aperturadi Marco Giussani

Il nostro itinerario tra le imprese italiane ci porta nel settore della perforazione attraverso l’analisi dell’attività e delle scelte di una delle più importanti realtà che operano sul territorio nazionale.

Le attività di perforazione, fondazione e consolidamento – soprattutto se fatte su larga scala e sviluppate su cantieri che spaziano dal civile all’infrastrutturale – presuppongono non solo un personale altamente qualificato in fase di progettazione ed esecuzione lavori, ma anche un parco macchine ampiamente diversificato. Se chi opera in questo settore ha nelle perforatrici, nelle sonde e nelle macchine per diaframmi il proprio core business non può però sottovalutare le macchine e le attrezzature «di servizio» che comprendono autogrù e gru cingolate, oltre a escavatori, pale gommate, sollevatori telescopici e una moltitudine di impianti: dal jet grouting all’iniezione, dalla bentonite ai dissabbiatori.

Come si scelgono le macchine

Nella perforazione spesso la taglia della macchina si definisce «a catalogo», semplicemente osservando le caratteristiche tecniche in relazione ai diametri o alle profondità che si devono raggiungere. Le valutazioni sull’investimento da effettuare, quindi la scelta di un marchio anziché un altro, dipendono invece dalla complessità del lavoro. Semplificando il ragionamento: per fare pali da 600 mm a 20 m di profondità in mezzo alla pianura padana dove la concorrenza è tremenda e fatta, per usare un eufemismo, con macchine non di ultima generazione, non ha senso scegliere una supermacchina che sarebbe assolutamente sprecata. Al contrario, quando il cantiere merita, la valutazione della macchina è di assoluta preminenza.

«La scelta delle macchine – ci spiega l’Ing. Paolo Muneretto, socio di Fondamenta srl – dipende essenzialmente dal tipo di lavorazione richiesta in ogni determinato cantiere. Nel settore dei diaframmi, per esempio, seguiamo la tradizione italiana che predilige le aste Kelly in luogo delle benne a fune. Lavorando poco a fune (sistema in cui eccellono le macchine Bauer o Liebherr) e preferendo le aste, spesso ci orientiamo sulle perforatrici di Casagrande. Il discorso è completamente diverso per quanto concerne le macchine da pali, dove a nostro avviso la capacità di Bauer è superiore rispetto ad altre marche, che in ogni caso rientrano nel nostro parco macchine, per le lavorazioni più tradizionali.

Da sinistra l’Ing. Paolo Muneretto socio, Geom. Maurizio Montemartini Responsabile Commerciale, l’Ing. Federico Borelli socio e l’Ing. Giulio Borelli socio.
Da sinistra l’Ing. Paolo Muneretto socio, Geom. Maurizio Montemartini Responsabile Commerciale, l’Ing. Federico Borelli socio e l’Ing. Giulio Borelli socio.

Il ragionamento di Fondamenta è decisamente articolato e comprende l’analisi del terreno in relazione alla qualità della macchina. «In sostanza – continua Muneretto – dove il terreno è facile, le condizioni di lavoro sono alla portata di tutti e anche i prezzi sono abbastanza tirati, una macchina importante non può fare una differenza decisiva, quindi prediligiamo selezionare macchine snelle e leggere. Laddove si vuol fare qualcosa di diverso, che è poi il nostro primario obiettivo, e i terreni sono più complessi è chiaro che si debba puntare sull’eccellenza, sulla produttività, sulla potenza e sull’affidabilità e in questo senso abbiamo sposato la filosofia di Bauer. In questo contesto la soglia oltre la quale scegliamo le macchine del marchio tedesco non è rappresentata da un diametro, ma è una tipologia di lavoro: su certi tipi di terreni abbiamo constatato che le macchine Bauer, a parità di taglia, hanno una resa superiore».

In lavorazioni di questo tipo e con macchine che superano facilmente il milione di euro, entrano in gioco anche ulteriori fattori, in primis la collaborazione tra l’impresa esecutrice dei lavori e il costruttore. «La scelta di Bauer – conferma Muneretto – è anche legata alla loro assistenza intesa non solo come il meccanico che interviene quando la macchina si rompe, ma vista come un servizio a 360° all’interno del quale va inserito anche il noleggio. A volte, infatti, servono perforatrici speciali per lavori di pochi mesi e pensare di investire 1,5-2 milioni di euro è impegnativo. Bauer è però disponibile a noleggiare anche queste macchine che vanno a risolvere il problema. Inoltre il servizio di Bauer è una vera assistenza pre-cantiere. Con Bauer Italia ci confrontiamo su tutti i lavori importanti, trasmettiamo loro la tipologia del terreno, valutiamo insieme le macchine presenti nel nostro parco, le attrezzature. Nei nostri confronti Bauer Italia si comporta come fosse un reparto interno cui rivolgersi per risolvere qualsiasi problema».

Chi è Fondamenta

Box Chi è FondamentaFondamenta srl nasce nel 1993 come evoluzione di Sogefon, società specializzata sin dagli anni Settanta nelle opere in sottosuolo. Nel 2001 incorpora Titania, storica realtà del settore che, tra le altre esperienze, porta in Fondamenta il know-how necessario alla realizzazione di opere nel settore marittimo. Decisamente ampio lo spettro operativo. Fondamenta infatti lavora nel campo delle opere speciali di sottofondazione sia in campo infrastrutturale sia civile-edilizio ed è in grado di coprire la quasi totalità delle lavorazioni nel sottosuolo attraverso un’attività che inizia con gli studi preliminari di fattibilità e progettazione e si spinge fino ai collaudi. La società di Milano detiene molteplici certificazioni tra le quali: Qualità ISO 9001 (qualifica Sincert); SOA, Categoria OG1 Classe V e Categoria OS21 Classe VIII (illimitata); Ambiente, Albo Nazionale Gestori Ambientali cat. 9-D. La sicurezza è un aspetto prioritario e, con il Comitato paritetico Territoriale CPT, Fondamenta mantiene l’accordo «Cantiere Sicuro» per la formazione del proprio personale. Con un organico oscillante tra le 180 e 200 unità, la società lombarda si colloca nei primi posti tra le aziende specializzate in opere di sottofondazione in Italia. Il fatturato in queste ultime stagioni si è stabilizzato tra i 28 e i 33 milioni di euro annui.

Il parco macchine

03FondamentaIn linea con una strategia aziendale che vede l’utilizzo in via pressoché esclusiva di personale interno e attrezzature di proprietà, Fondamenta si è dotata di un articolato parco macchine in grado di coprire le esigenze della maggior parte delle tecniche operative. Tra le principali attrezzature in forza vanno citati 13 escavatori per diaframmi ad asta rigida Kelly e fune, 5 perforatrici per pali di grande diametro; 10 gru cingolate; 6 autogrù; 26 sonde perforatrici per micropali, jet, tiranti e chiodi; 25 impianti di miscelazione e iniezione per tiranti e micropali; 15 impianti iniezione; 18 impianti bentonite, 16 disabbiatori; 9 impianti per jet grouting. A queste macchine si aggiungono posizionatori orizzontali per gallerie; autoarticolati; sollevatori telescopici; pale gommate; escavatori; pompe da calcestruzzo e oltre 90 unità tra furgoni e autovetture. Completa le attrezzature in dotazione della società milanese una consistente serie di macchinari «minori» come turbomescolatori, miscelatori, compressori d’aria, gruppi elettrogeni, saldatrici elettriche, motosaldatrici, attrezzature metalliche per le prove di carico, pompe elettriche, motopompe, idropulitrici, pompe di sollevamento e aggottamento falda, attrezzature meccaniche, martinetti idraulici, container officina/laboratorio e container uffici/spogliatoi.  

La manutenzione

09 - pag26Fondamenta per la manutenzione del proprio parco macchine si è strutturata con un’officina interna in cui operano una dozzina di persone. L’officina prevede anche una sezione di carpenteria che si occupa dei riporti per le benne, i bucket, il ripristino delle aste, oltre a intervenire su carri e cingoli e alla realizzazione di puntoni, travi di ripartizione, eccetera. Allo stesso tempo il tornificio viene impiegato per la realizzazione di particolari da utilizzare sulle varie macchine del parco. Per le attrezzature di piccola perforazione dedicate a micropali e tiranti i tecnici Fondamenta sono in grado di intervenire anche sui motori, mentre sulle macchine più grandi gli interventi sono effettuati dai costruttori, spesso affiancati dai meccanici della società lombarda. Il supporto dei tecnici delle case costruttrici è ritenuto fondamentale in tutte le macchine in cui sia molto elevata la presenza dell’elettronica.

La Formazione
Paolo Muneretto
Paolo Muneretto

Tutto il personale Fondamenta segue i corsi di formazione previsti dalle normative vigenti anche per quanto concerne la sicurezza. «La competenza vera – sottolinea  l’ing. Paolo Muneretto , socio di  Fondamenta srl – si acquisisce però sul campo. Cerchiamo di tenere ogni operatore legato a una macchina, in questo modo l’operatore stabilisce un vero e proprio feeling con la propria perforatrice attraverso un lavoro continuo. Lo stesso operatore è poi presente durante le fasi di manutenzione effettuate dai tecnici della casa costruttrice: una collaborazione che sviluppa l’autonomia dei nostri uomini anche per la fase manutentiva».  

Referenze principali

Foto Box ReferenzeFondamenta è attiva su tutto il territorio nazionale, con una marcata presenza al nord Italia e, in particolare, in Lombardia. Per quanto concerne il mercato internazionale la società ha operato in diversi paesi europei e soprattutto nel sud della Francia. In ogni caso il raggio di azione di Fondamenta si è spinto ben oltre i confini europei arrivando sino in Nepal. La società dal 1993 a oggi ha completato oltre 900 commesse e ha lavorato nelle più importanti infrastrutture italiane (strade, autostrade, ferrovie, aeroporti, metropolitane) e nelle più rilevanti opere civili e di edilizia pubblica e privata (centri commerciali, ospedali, edilizia residenziale). Fondamenta è specializzata anche in interventi delicati in ambito cittadino e all’interno di edifici dove siano necessari particolari accorgimenti per salvaguardarne l’integrità.

Recependo le richieste di mercato, negli ultimi anni ha aperto una speciale divisione in grado di eseguire opere civili «chiavi in mano» soprattutto nel settore dei parcheggi interrati, in cui spiccano il centro Polifunzionale a Pero (Mi) e due importanti parcheggi a Milano (via Avezzana e via Bazzini). Mentre è in fase di costruzione un ulteriore parcheggio da 550 posti in via Maffei. A livello infrastrutture da citare l’Autostrada Pedelombarda, la Tangenziale Esterna Est Milano, le linee 1, 4 e 5 della Metropolitana milanese, il raccordo stradale di Genova Cornigliano, quello di Lecco e alcuni cantieri per Expo 2015.

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Capillari, trasparenti e garantiti Cat Rental Store

Aperturadi Monica Noseda

Il noleggio è il futuro dell’edilizia e dei servizi legati all’impiantistica, alla manutenzione industriale, all’ecologia e al riciclaggio. Con questa convinzione CGT Edilizia sta potenziando e ottimizzando la sua rete fatta di un parco macchine di circa 2.000 unità impreziosite dalla professionalità marchiata Caterpillar.

Il noleggio è una cosa seria e quando si affronta questo tema la professionalità deve essere ai massimi livelli. Questo, in poche parole, lo stile che si respira in CGT Edilizia e in tutti i centri Cat Rental Store.

Sul territorio con capillarità

TestoTra filiali, concessionari (alcuni dei quali dotati di più sedi operative) e punti noleggio, CGT Edilizia-Cat Rental Store offre una notevole copertura del territorio nazionale. «Una rete – ci spiega Francesco Cerizzi, direttore commerciale CGT Edilizia – in costante evoluzione e miglioramento che, nata negli anni 1999-2000, sta sempre più sviluppando il comparto noleggio. Un’attività che ci viene richiesta dal mercato stesso, un servizio in cui crediamo molto e che stiamo spingendo con tutte le nostre forze e i nostri concessionari. Ovviamente, avendo a che fare con aree differenti, lungo il territorio italiano registriamo velocità non omogenee. Semplificando: al nord abbiamo una maggior vivacità rispetto alle regioni meridionali, ma in ogni caso il nostro impegno è massimo su tutta la penisola. Anche a livello di concessionari ci sono poi marcate differenze. Alcuni presentano parchi macchine molto articolati e di notevoli dimensione, mentre altri possono offrire parchi nolo più contenuti. Comunque, compatibilmente con il tipo di noleggio effettuato – trattandosi di macchine compatte spesso abbiamo noli temporalmente molto limitati – la nostra organizzazione consente di cercare all’interno della rete globale una macchina eventualmente non presente nel parco di un concessionario. Allo stesso tempo con alcuni partner abbiamo particolari accordi che permettono ai concessionari di utilizzare macchine di proprietà di CGT Edilizia e viceversa». La rete del noleggio ha a disposizione circa 850 macchine Caterpillar cui si aggiungono i mezzi per il sollevamento per un totale di circa 2.000 macchine senza contare le attrezzature. Oltre a Caterpillar, per il movimento terra, i sollevatori telescopici vedono primeggiare Manitou, mentre per le piattaforme i marchi di riferimento sono Haulotte, JLG e Socage per quanto riguarda le autocarrate. Grande importanza è poi dedicata alle attrezzature, con marchi come Simex o Promove.

Professionalità

Da sinistra Francesco Cerizzi ed Enrico Oggionni
Da sinistra Francesco Cerizzi ed Enrico Oggionni

Il noleggio dei Cat Rental Store mira a offrire un servizio omogeneo, attraverso una rete di concessionari, filiali e punti nolo in cui il cliente deve trovare sempre le medesime tipologie di servizi, di assistenza e di macchinari su tutto il territorio italiano. «Cat Rental Store – interviene l’ing. Enrico Oggionni, direttore generale operativo CGT Edilizia – è un marchio diffuso in tutto il mondo che offre ovunque i medesimi standard di servizio e le medesime tipologie di prodotto. Cat Rental Store consente di presentarci sul territorio con un’omogeneità di offerta che non ha paragoni. Per questo, insieme ai nostri partner, stiamo lavorando per costruire un contratto unico, un listino unico e condizioni uguali per tutti, in modo che il cliente da Palermo a Belluno trovi sempre lo stesso modo di presentarsi». Parole che si concretizzano in qualità importanti come trasparenza, nessun limite temporale e in una flotta decisamente giovane. Continua Oggionni: «se c’è un termine per definire il nostro noleggio è trasparenza. Nei nostri contratti sono specificate molto bene le clausole: il cliente sa esattamente quanto paga e quali sono i suoi diritti e doveri. Inoltre il nostro noleggio non ha limiti temporali: va da un giorno in su per qualsiasi tipologia di macchina. Per la tipologia di prodotto che trattiamo, siamo decisamente spostati verso il brevissimo periodo e oggi, trovare chi offra macchine a noleggio anche per un solo giorno, non è così agevole. Noi lo facciamo, per il movimento terra come per il sollevamento. Un altro parametro fondamentale che ci differenzia dalla concorrenza è la freschezza della flotta. L’80% delle nostre macchine ha meno di tre anni di vita, che assicura perfetta efficienza e una tecnologia d’avanguardia. Inoltre stiamo progressivamente dotando tutte le macchine in flotta di un sistema satellitare di localizzazione, per la rilevazione delle ore lavorate e al fine di programmare le manutenzioni».

E qualcosa in più

CGT_03Ulteriore peculiarità rispetto ai competitor è la duplice essenza di noleggiatori e dealer. «Un aspetto che ci differenzia nettamente dal resto della concorrenza – riprende il direttore operativo – è il nostro essere anche dealer. Partendo da questo presupposto siamo in grado di offrire una vera assistenza tecnica e non dei semplici manutentori: i nostri tecnici possono eseguire qualsiasi intervento. Oltre a proporre condizioni particolari di nolo, possiamo offrire speciali tariffe di manodopera, la scontistica sui ricambi, siamo in grado di aprire linee di credito attraverso Cat Financial.

CGT_08Ogni concessionario offre quindi molteplici soluzioni al cliente che spaziano dal noleggio alla vendita del nuovo o dell’usato. Del resto tutte le macchine che escono dalla flotta noleggio sono poi disponibili come usati, mentre molti noleggiatori tengono le macchine fino a fine vita per poi darle in permuta o portarle all’asta. Le nostre macchine ex-flotta noleggio sono a disposizione dei clienti con garanzia sull’usato di almeno 6 mesi. Infine come gruppo Tesa copriamo anche i Balcani, quindi se un cliente dovesse andare a lavorare nei territori della ex Jugoslavia o in Albania lì trova la nostra consorella».

CGT_10Cat Rental Store è un concetto che si è sviluppato in America e si è quindi esteso a tutto il mondo. Caterpillar da sempre punta sull’attività di noleggio e per questo si è prodigata in un notevole sforzo a livello formativo, rivolto all’intera rete delle filiali e dei concessionari. Riprende Cerizzi: «i concetti tipici del noleggio: come proporlo al cliente, come conoscere il territorio, come capire le necessità del mercato e saper offrire soluzioni, sono declinati in stile Cat. Quando un cliente entra in un nostro centro si immagina di trovare un’elevata qualità, persone preparate e macchine perfette, nell’ottica dei servizi da sempre erogati da Caterpillar. I nostri concessionari non devono avere una veste solo grafica ma una reale attitudine. Anche per questo abbiamo portato nostri partner a visitare altre sedi Cat Rental Store in Europa, spesso in paesi dove il noleggio è più avanzato rispetto ai canoni italiani. In questo contesto si inserisce anche la Caterpillar Rental University dove abbiamo seguito un corso di formazione di tipo gestionale avanzato con tutti i nostri concessionari».

 

Chi è CGT Edilizia

CGT_06oNata nel 2010 dalla fusione fra Noloitalia e le attività commerciali riferite alle macchine compatte di CGT e GTS, CGT Edilizia è dealer Caterpillar per l’Italia e Malta. Parte del Gruppo Tesa – cui fanno capo anche CLS (dealer dei carrelli elevatori Hyster per l’Italia), Teknoxgroup (dealer Caterpillar per i Balcani) e CGT Trucks – CGT Edilizia ha un organico di 88 persone e nel 2013 ha registrato un fatturato di 33 milioni di euro. La società si occupa di vendita, noleggio e assistenza di macchine compatte per il movimento terra (miniescavatori, terne, pale gommate compatte e skid-steer loader gommati o cingolati); gruppi elettrogeni fino a 250 KVA, torri faro; piattaforme aeree (semoventi articolate, cingolate, autocarrate e scissor) e sollevatori telescopici. La rete distributiva e di noleggio comprende 10 filiali dirette e 38 concessionari.  

Anche su Internet

CS-423E-0003CGT Edilizia si è anche inventata il Noleggio Facile! È sufficiente collegarsi al sito www.cgtedilizia.it e con pochi click è possibile noleggiare qualsiasi macchina comodamente dal proprio ufficio, a ogni ora del giorno e della notte, week-end compresi. Sempre dal sito è inoltre possibile richiedere il ritiro delle macchine a fine noleggio; verificare la situazione dei contratti di noleggio attivi e conclusi; controllare la situazione contabile dei contratti di noleggio; avere sempre sotto controllo la situazione dei noleggi in cantiere; e ricevere supporto continuo attraverso il servizio Help Desk. Ciliegina sulla torta, tutti gli ordini eseguiti attraverso servizio «Noleggio Facile!» beneficiano di uno sconto aggiuntivo.  

CTE: la carta vincente

Aperturadi Marta Carloni

Garage Jolly, che opera tra la Romagna e le Marche, ha ampliato il proprio parco macchine introducendo 3 nuove piattaforme CTE da 20 m, le macchine ideali per il noleggio per le municipalizzate, l’impiantistica e la manutenzione industriale. Nell’attesa che si risvegli anche l’edilizia.

Jolly è un nome simpatico, che evoca le carte da gioco e la fortuna. Ma in questo caso la fortuna non c’entra per nulla e la sorte del noleggiatore, che sta ampliando i propri orizzonti sia sotto il profilo del parco macchine sia per quanto concerne le sedi, sono frutto della passione e della capacità di comprendere il mercato. Un raggio d’azione che (ahinoi) si sta sempre più staccando dall’edilizia per orientarsi, almeno per quanto concerne il sollevamento, verso l’ambito industriale, l’impiantistica, la manutenzione e, soprattutto, verso i lavori tipici delle imprese municipalizzate.

Poliedrico e funzionale al territorio

Jolly3Nato nel 1994 come servizio di soccorso stradale, Garage Jolly negli anni ha compreso l’importanza della versatilità e si è specializzato in molteplici settori tra i quali il noleggio autogrù e piattaforme aeree, il trasporto merci conto terzi, il trasporto veicoli industriali, il carico-scarico e posizionamento di macchinari, l’alaggio di imbarcazioni, il trasporto e montaggio di gru edili, i traslochi industriali e il montaggio di prefabbricati, cui si aggiungono vari servizi di pulizia, bonifica e ripristino e il perdurante servizio di soccorso stradale.

Un’attività decisamente composita e strutturata sulle specifiche del territorio in cui opera, cioè le province di Rimini e di Pesaro. Un’area destinata ad ampliarsi grazie alla storica sede di S. Giovanni in Marignano – posta strategicamente vicino all’uscita autostradale di Cattolica, lungo la A14 – e alla nuova filiale di Sant’Arcangelo di Romagna che nel 2014 vedrà un progressivo allargamento dell’attività di noleggio e in particolar modo di quella legata alle piattaforme aeree. «Le piattaforme aeree – ci spiega Giorgio Del Fattore, titolare della società – ci stanno dando grandi soddisfazioni anche perché permettono di staccarsi dal settore edile, per interessare l’impiantistica, il mondo industriale dei montaggi e della manutenzione, senza dimenticare tutti i professionisti che operano nel giardinaggio, nella tinteggiatura, nella climatizzazione o nel comparto elettrico».

Attualmente la società riminese ha un organico di 14 persone, un’officina interna per le riparazioni e la manutenzione delle macchine e un parco noleggio comprendente piattaforme aeree, scissor, autogrù, autocarri con gru retrocabina, varie attrezzature e sporadiche macchine movimento terra. In genere le piattaforme aeree (tutte patenti B) sono offerte con noleggio a freddo, mentre le autogrù prevedono il noleggio con operatore. La società è anche organizzata come centro di formazione.

Il noleggio delle piattaforme aeree

All’interno del parco macchine Jolly le piattaforme, tutte CTE, sono le macchine che registrano i picchi più elevati di noleggio sia a breve che a lungo termine. «La macchina da 20 m – continua Del Fattore – è la piattaforma ideale per il nostro lavoro. Sono facili e perfette per la nostra clientela in cui spiccano le aziende municipalizzate. L’importante è mantenere le piattaforme in perfetta efficienza attraverso una manutenzione puntuale e frequente». Se il rapporto privilegiato con le municipalizzate garantisce un lavoro continuo, non vanno però sottovalutati anche gli altri clienti. «In questi ultimi anni – riprende il titolare di Garage Jolly – il lavoro non ci è mai mancato. Anzi, in molti casi siamo dovuti ricorrere al subnoleggio per far fronte alle richieste. Motivo per cui abbiamo dovuto ampliare il parco macchine con l’introduzione delle nuove piattaforme CTE. Del resto almeno la metà delle nostre 20 m sono sempre impegnate con le aziende municipalizzate che, se da un lato riescono a ottenere canoni più vantaggiosi, dall’altro assicurano un flusso costante, con pagamenti dilazionati a 90 giorni ma sempre puntualissimi. Le altre macchine sono invece a disposizione degli impiantisti e anche dei privati, che in genere necessitano di noleggi piuttosto brevi».

Le nuove CTE

TestoCome accennato, nel 2013 la società riminese ha rimpolpato il proprio parco macchine con tre nuove CTE: due Zed 20.2H e una Zed 20.2HV. Evoluzioni, come dimostra la sigla «.2», della Zed 20 CH, le due macchine prodotte da CTE consentono un’altezza operativa di 20 m e si fregiano di un braccio con disegno ottagonale realizzato in acciaio Docol 1200 M ad alta resistenza e finalizzato a ottimizzare le prestazioni in relazione al peso dell’allestimento. L’utilizzo di questa soluzione per il braccio telescopico e per quello a pantografo, ha infatti permesso di ottenere una sezione maggiore e una maggiore rigidità nel braccio, senza eccedere nel peso complessivo consentito. Con un allestimento su veicoli da 3,5 t le macchine CTE consentono uno sbraccio di 9,2 m e garantiscono una portata in cesta di 300 kg in tutta l’area di lavoro.

TestoLe due macchine si differenziano essenzialmente nella stabilizzazione. La Zed 20.2H prevede una stabilizzazione compatta verticale ad H che offre la possibilità di stabilizzare anche in presenza di dislivelli importanti (marciapiedi, rampe o terreni sconnessi fino a 220 mm). Il sistema ad H permette una precisione millimetrica e funziona con azionamento a bielle: la soluzione brevettata CTE che consente la fuoriuscita della trave contemporaneamente a quella dello stabilizzatore con un unico movimento, senza ausilio di martinetti. La Zed 20.2HV è invece dotata di stabilizzazione variabile che offre l’opportunità di scegliere tra quattro aree di stabilizzazione: in sagoma, estesa, ridotta a destra, oppure ridotta a sinistra. Questo sistema permette di stabilizzare con un unico comando in spazi molto ridotti, ideali per le attività legate all’illuminazione pubblica o ai lavori di potatura.

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Made in Tuscany

Aperturadi Claudio Guastoni

In Toscana inizia la produzione del primo modello della nuova serie V4 di miniescavatori a tecnologia IHI

Lo scorso febbraio, nello stabilimento di Cusona, vicino a San Gimignano (SI), IHIMER ha festeggiato la produzione della prima macchina della nuovissima serie V4 a tecnologia giapponese, i cui prototipi sono stati presentati in anteprima mondiale alla fiera Bauma a Monaco di Baviera nell’aprile 2013. Presenti all’inaugurazione il presidente di IHIMER Tsutomu Kikuchi, il vice-presidente IHIMER Paolo Venturi e il presidente IMER Group Silvano Bencini, che insieme hanno inaugurato il primo modello di miniescavatore 27V4 e dato il via a un nuovo progetto di sviluppo industriale molto importante per l’economia della Val d’Elsa e della filiera dell’industria delle macchine movimento terra italiana. Igino Elefante, direttore commerciale e marketing IHIMER ci racconta questo importante evento, spiegandoci prima come nasce la nuova gamma V4, i punti forti di questi miniescavatori e la strategia adottata da IHIMER per contrastare la crisi economica.

Gamma nuova sotto ogni aspetto

10IHIMER è una società specializzata nella produzione e commercializzazione di miniescavatori, skid-steer loader, minidumper e piattaforme aeree cingolate, nata 12 anni fa dalla joint venture tra IHI Construction Machinery Limited, azienda del colosso giapponese IHI Corporation, e l’italiana IMER Group, leader europeo nella produzione di macchine per l’edilizia e impianti di calcestruzzo, dopo una collaborazione commerciale e industriale iniziata nel lontano 1989. La nuova gamma di miniescavatori V4, pianificata già da qualche anno, nasce per sostituire la precedente serie VX3 caratterizzata da modelli da 2 a 8 ton. «Non si tratta di un restyling, precisa Elefante, o di un upgrade della precedente serie con cui non ha assolutamente nulla in comune: è una gamma completamente nuova, per il design, per i motori, e con nuove soluzioni meccaniche e idrauliche». All’interno della gamma, che parte dal 2,5 ton e arriva al 6 ton (60V4), la casa madre giapponese IHI si è al momento soffermata, per quanto riguarda sviluppo e produzione, su due classi di prodotto denominate A e B, mentre la C, con modelli di dimensioni maggiori, è in programmazione. La classe A comprende il 27V4, il 30V4 e il 35V4, mentre la classe B il 45V4, il 50V4 e il 60V4. Le due classi nascono in un’ottica di perfetta modularità legata ai processi industriali. In tutti i modelli di tutte le classi infatti, c’è un comune layout dei componenti meccanici, motoristici, elettronici e idraulici, con chiari e immediati vantaggi in fase produttiva, perché si ottengono benefici in termini di tempo e di riduzione di possibili vizi di produzione, ma anche in fase di manutenzione, perché per le officine sarà molto più agevole intervenire su macchine simili tra loro, e aprendo i cofani dei diversi modelli i meccanici troveranno i vari componenti con facilità, sempre nella stessa posizione e con spazi adeguati per eventuali interventi. Confermando il successo IHIMER nel settore delle macchine movimento terra, anche questi nuovi miniescavatori risultano compatti e potenti, versatili e resistenti, ideali per lavorare anche in luoghi dagli spazi limitati, e grazie all’innovazione tecnologica sono dotati di motori a basse emissioni rispettosi dell’ambiente.

Punti di forza

5Destinate a piccole, medie e grandi imprese di movimento terra, queste nuove macchine sono molto accattivanti nel design, montano motorizzazioni rinnovate Yanmar (3DMV88 sul 30V4 e 35V4), e Kubota (V240301 sul 45V4, 50V4 e 60V4), e sono state studiate per facilitare l’operatore assicurandogli la massima produttività. Tra i principali punti di forza i nuovi cingoli, l’acceleratore automatico montato di serie a partire dal 30V4 e molto apprezzato dalle imprese del movimento terra, la cabina completamente rinnovata in dimensioni ed ergonomia, i nuovi comandi che semplificano la manovrabilità, il radiatore side-by-side, i controlli proporzionali, e inoltre è stata migliorata la profondità di scavo e la forza di strappo. «Insomma, con questi modelli, puntualizza Elefante, sono stati concretizzati tutti gli input giunti dal mercato in questi anni e segnalati alla casa madre giapponese. Credo proprio che i giapponesi ci siano riusciti al meglio, e pur con tutte queste migliorie le macchine usciranno sul mercato italiano senza alcun aumento di prezzo rispetto alle precedenti». I principi di sviluppo dei prodotti sono improntati, come sempre, sull’utilizzo di componenti di alta qualità rigorosamente controllati. Vengono rispettate le normative di sicurezza vigenti su tutti i mercati mondiali utilizzando solo componentistica di primo livello. La casa madre giapponese infatti punta molto sulla qualità, e anche sui prodotti realizzati in Italia verifica tutti i progetti e convalida solo i fornitori di fiducia. La produzione in serie dei modelli dal 30V4 al 60V4 è stata avviata in Giappone nel gennaio 2014, dopo lunghi mesi di scrupolose attività di test sul campo presso imprese di costruzione locali cui sono stati sottoposti i primi esemplari. Le nuove macchine prodotte in Giappone, verso metà marzo raggiungeranno tutti gli importatori europei IHIMER e l’Italia, e a inizio aprile potranno essere immesse sul mercato europeo e italiano per la distribuzione.

27V4: strategia produttiva

Da sinistra Silvano Bencini, Paolo Venturi e Tsutomu Kikuchi inaugurano il primo miniescavatore 27V4.
Da sinistra Silvano Bencini, Paolo Venturi e Tsutomu Kikuchi inaugurano il primo miniescavatore 27V4.

Nel 2012, il rinnovo della Partnership Joint-Venture tra l’azienda toscana IMER Group e IHI prevedeva, fra gli altri progetti, la delocalizzazione dal Giappone all’Italia di alcune linee produttive significative dell’azienda giapponese IHI per la produzione di una parte di mini-escavatori per il mercato mondiale della rete vendita della casa madre IHI. La strategia produttiva IHI infatti, è di far produrre in Italia, che risulta più vicina ai mercati a maggior assorbimento, tutte le macchine fino a 35 q, e concentrare invece in Giappone la produzione di macchine di dimensioni maggiori. La delocalizzazione produttiva in Italia, già avviata un anno e mezzo fa per il 9VX (0,9 ton), si è dunque ulteriormente rafforzata con l’importante avvio della produzione della nuova macchina 27V4, evento molto significativo per il futuro prossimo di IHIMER. «Al momento in Italia sono prodotte tutte le macchine della gamma IHI fino al 25 q, ricorda Elefante, ma è in programma un ampliamento della capacità produttiva, infatti nello stabilimento di Cusona stiamo creando nuove linee di produzione e assumendo nuovi dipendenti». Saranno prodotte, fino a dicembre 2014, 200 unità del 27V4, di cui il 70% già coperte da ordini, in quanto i vari distributori giudicano questa macchina estremamente interessante. La distribuzione avverrà in tutti i paesi europei e del bacino del Mediterraneo.

Protagonista italiana

2Progettato in Giappone ma prodotto in Italia, il 27V4, protagonista indiscusso del recente evento, è un miniescavatore di nuova generazione da 2,7 ton di peso (2,5 ton operativo) che si distingue per prestazioni, stabilità e comfort, insomma, un connubio di innovazione e sicurezza per l’operatore. Con esso sono messe in evidenza innovazioni tecnologiche come il nuovissimo motore IHI S773-C tarato a 13,6 kW a 2400 giri/min, e un circuito idraulico ad alta efficienza che garantisce bassa rumorosità, un ridottissimo consumo di carburante ed emissioni inquinanti ridotte al minimo. «Stiamo sempre molto attenti al rispetto delle normative sulle emissioni, afferma Elefante, e i nostri uffici tecnici, sia in Giappone che in Italia, sono pronti a recepire immediatamente le normative adeguando opportunamente i progetti delle macchine alle nuove norme». 13Disponibile nelle versioni con tettino o cabina, è rilevante la nuova strumentazione nell’ergonomica postazione operatore, con joy-stick servoassistiti, kit pedali comando traslazione di serie e leva di sicurezza che inibisce tutte le operazioni di serie (incluse traslazione e movimento lama). Il circuito idraulico ausiliario di serie è implementabile con due circuiti supplementari per accessori. La torretta girosagoma è decisamente compatta e assicura un raggio di rotazione frontale di 2030 mm e il raggio di rotazione posteriore di 775 mm che fanno della nuova macchina un mini ideale per lavori in ambienti ristretti dove massimizzare i margini di manovra diventa veramente essenziale. Profondità massima di scavo 2440 mm e forza di strappo al dente benna di 21,0 kN (2140 kgf) garantiscono prestazioni di modelli di segmento superiore. Un’attenzione particolare alla manutenzione e all’accessibilità dei componenti, unitamente a nuovi cingoli in gomma per ridurre le vibrazioni, assicurano durata nel tempo e comfort nella guida.

Innovazione e progetto

AS30-AS34 IN FIRENZEIHIMER nasce nel 2002 dalla joint venture tra IHI Construction Machinery Limited, azienda del colosso giapponese IHI Corporation e l’italiana IMER Group, leader europeo nella produzione di macchine per l’edilizia e impianti di calcestruzzo, dopo una collaborazione commerciale e industriale iniziata nel lontano 1989. Lo stabilimento di IHIMER a San Gimignano, in provincia di Siena, impegna 55 dipendenti e si estende su una superficie di oltre 36mila metri quadrati. La costante ricerca di innovazione e la continua attività di progettazione permettono alla società di sviluppare macchine all’avanguardia e perfettamente rispondenti alle esigenze di mercato. IHIMER ha una capacità produttiva per soddisfare ogni specifica esigenza, eseguendo tutte le personalizzazioni e le modifiche richieste dai clienti. Tutto ciò è il risultato degli ingenti investimenti in Ricerca e Sviluppo, che hanno permesso di accrescere la qualità e l’innovazione delle macchine, dell’impegno profuso nel raggiungere i massimi livelli di efficienza con una limitazione dei costi e dell’attenzione posta a creare una rete di distribuzione capillare nei mercati europei. I prodotti IHIMER vengono commercializzati grazie a una rete di oltre 100 distributori e rivenditori, che copre in modo uniforme tutti i principali paesi europei. Per le linee skid, Access e minidumper è stato già avviato un network di distribuzione a livello mondiale.

 

Investire nel futuro

BOX Investire nel futuroOggi oltre il 90% del fatturato di IMER Group proviene dall’estero, e con lungimiranza la casa madre giapponese ha autorizzato l’azienda toscana a vendere alcuni modelli negli Stati Uniti e in Cina, due mercati che in questo momento stanno procurando enormi soddisfazioni. Comunque, nonostante la precaria situazione del mercato italiano, contrariamente ad altri player che hanno scelto la politica dell’abbandono del mercato nazionale, IHIMER continua a investire sul mercato italiano perché fiduciosa in una prossima ripresa. IHIMER è presente sul territorio nazionale con un’ampia rete di vendita e una capillare rete di assistenza, con officine specializzate e disponibilità di pezzi di ricambio, e continua a estendere la garanzia standard sulle macchine fino a 5 anni. IHIMER ha investito molto negli ultimi 20 anni anche nel settore Ricerca e Sviluppo, e il picco di investimenti si è avuto, in controtendenza, proprio in questi anni di crisi con la creazione di nuovi modelli di macchine. «Abbiamo un intensissimo programma di sviluppo fino al 2016, spiega  Igino Elefante, direttore commerciale e marketing IHIMER, e la gamma di prodotti IHIMER è oggi molto ampia, oltre ai miniescavatori ci sono i grandi dumper, gli skid loader, i track loader e i minidumper. Investiamo di continuo per proporre al mercato nuove macchine e nuove soluzioni. Questa avventura col Giappone procede benissimo, conclude Elefante, è una partnership ormai consolidata che sta dando ampia soddisfazione sia ai soci italiani che a quelli giapponesi. Speriamo che la nuova gamma porti un po’ di fermento in tutta la nostra rete di vendita».

Yanmar Italy. Stile giapponese. Anima italiana

Aperturadi Daniela Grancini

Una simbiosi vincente tra l’anima giapponese e quella italiana ha portato alla creazione di Yanmar Italy. Che a quasi vent’anni dalla fondazione dal polo produttivo di Cassano Magnago produce motori per tutto il mondo.

Yanmar Italy è nata come stabilimento di produzione di motori monocilindrici raffreddati ad aria, da subito ben strutturata anche con la Sales Division che si occupa del mercato italiano che da sempre riveste una certa importanza. L’organizzazione commerciale è coordinata anche dal Regional Head Quarter Europeo di Yanmar che ha sede in Olanda.

Un assetto che la dice lunga non solo sull’importanza che riveste per il costruttore giapponese un mercato, come quello italiano, estremamente affollato di OEMs, ma anche sulla fiducia riposta in Yanmar Italy che gioca quindi un ruolo di grande responsabilità nella costruzione, distribuzione e gestione dei monocilindrici e nell’allestimento dei motori raffreddati a liquido.

Dal polo di Cassano Magnago (VA) che occupa circa 150 persone, i motori monocilindrici raggiungono tutto il mondo. Ma qui non si produce solo il monocilindrico, infatti in Yanmar Italy è funzionante il dressing center per i motori pluricilindrici (prodotti in Giappone) che permette l’allestimento personalizzato di alcuni modelli per tutto il mercato europeo.

Gli ambiti applicativi dei motori Yanmar? I maggiori sono edilizia, agricoltura e il mondo del «gen-set», oltre che svariate macchine industriali.

Per quanto riguarda il comparto dei generatori, Yanmar Italy, detiene una buona quota di mercato, servendo i principali costruttori nella fascia di potenza fino a 45 kVA.

Da sempre il Giappone è abbinato a un’idea di efficienza, di miniaturizzazione evoluta e di grande tecnologia. Questo è vero anche per Yanmar. Ma a volte anche le più grandi eccellenze devono confrontarsi con mercati spesso volatili, per non dire in crisi.

Claudio Ferrari, Key Account Specialist di Yanmar Italy.
Claudio Ferrari, Key Account Specialist di Yanmar Italy.

Yanmar Italy si trova nel cuore della Lombardia, in una zona ricca, in cui è presente con un polo produttivo importante. Ma deve operare, partendo da una mentalità giapponese, in un territorio che giapponese non è. Non deve essere stato facile proporre il «japanese style» e i suoi concetti produttivi e distributivi un po’ diversi da quelli a cui siamo abituati. «I mercati non sono ovviamente uguali dappertutto – ci ha detto Claudio Ferrari, Key Account Specialist di Yanmar Italy. «L’Italia è un mercato molto esigente in continuo cambiamento dove i costruttori sono sempre alla ricerca di nuove soluzioni all’avanguardia; occorre flessibilità e competenza per supportare al meglio le esigenze dei nostri clienti. L’attività di vendita è supportata da una struttura dedita al supporto clienti dal punto di vista strettamente tecnico, la nostra Application Engineering». In considerazione dell’attuale periodo di crisi, aggiunge «è vero che in Italia abbiamo assistito a un ridimensionamento generale dei volumi che ha colpito tutta la sfera industriale, ma l’internazionalità della nostra Azienda, unità alla qualità e al diverso utilizzo in vari settori dei nostri prodotti, ci permette di affrontare positivamente un periodo come quello attuale di crisi; consci di prodotti sempre al passo con i tempi sia dal punto di vista tecnico che normativo, raccogliamo sfide e guardiamo sempre al futuro».

Il business tiene anche perché il motore è il cuore delle macchine: Yanmar anche in questi anni di crisi a livello mondiale mantiene una presenza significativa nel mercato dei motori industriali. Ma se tante sono le variabili di cui tener conto, una sola è la costante a cui Yanmar si uniforma: la qualità dei propri prodotti. E questo alla lunga paga. Spesso un’azienda focalizzata sulla qualità si scontra con esigenze commerciali: il tutto subito, anzi per ieri. Per i Giapponesi il prodotto quando deve essere perfetto. E questo dovrebbe essere lo stile universale adottato da tutti i produttori e non solo quello «Japanese».

E che la qualità in Yanmar non sia solo una parola è dimostrato dal fatto che diverse azioni di controllo vengono esercitate sia sui componenti sia nelle fasi di produzione; da rimarcare il fatto che ogni singolo motore viene testato.

Un altro aspetto a cui in Yanmar Italy tengono è la fidelizzazione dei clienti; è molto importante iniziare un rapporto commerciale, ma ancora più significativo mantenerlo e farlo crescere anno dopo anno.

La sfida delle normative

Scelte vincentiLo scoglio delle normative sulle emissioni è sempre un tema di grande attualità e di estrema importanza non solo per i costruttori che devono sostenere costi di ricerca ingenti per l’adeguamento dei prodotti, ma anche per i clienti e l’utilizzatore finale che si vedono ricaricati tali costi (di cui non sempre afferrano la necessità e la convenienza) sulle proprie macchine.

Yanmar ha in gamma tutti motori perfettamente rispondenti alle più recenti normative sia europee che americane.

La sfida delle normativeAttualmente i maggiori clienti del marchio stanno utilizzando i programmi di flessibilità TPEM (Usa) e EUFLEX (Europa), che permettono ancora l’utilizzo dei motori che non rientrano nelle nuove normative.

I programmi permettono di ottenere da parte degli Enti preposti negli USA e in Europa la concessione di commercializzare macchine in numero limitato, con motori non ancora a norma.

Nel frattempo ai costruttori vengono forniti i prototipi dei nuovi motori in modo che i costruttori stessi siano pronti con i nuovi motori quando il periodo di flessibilità avrà termine.

 

Nel cuore della riorganizzazione

Negli ultimi anni c’è stata in Yanmar Italy una riorganizzazione a livello manageriale che ha portato per la prima volta un presidente italiano in azienda, Carlo Cavallero. Infatti fino al giugno 2013 questa carica è sempre stata affidata a rotazione a un giapponese, fin dalla fondazione di Yanmar Italy, nel 1996. Una nomina che sottolinea la contiguità e la conoscenza di un mercato, quello italiano, che, anche per motivi logistici, è da considerare comunque di riferimento. E che sancisce un’autonomia completa di Yanmar Italy che, pur parte integrante della Casa madre di Osaka, ha dimostrato di saper volare con le proprie ali.

Attualmente Yanmar Italy è strutturata in tre divisioni: Sales Division; Planning and Administration Division e Operations Division.

 Scelte vincenti

Yanmar 9Yanmar Italy affronta il mercato proponendo un prodotto di qualità È presente in un range di potenza: da 4 Cv circa nel monocilindrico per arrivare al più grosso motore raffreddato ad acqua da 85 Cv.

Nel raffreddato a liquido la scelta di Yanmar, per rispettare le nuove regole in materia di emissioni, è stata quella di optare per il DPF, il common rail, l’EGR per tutti i motori sopra i 19 kW per quanto riguarda il mercato americano e sopra i 37 kW per quanto riguarda il mercato europeo.

(In Europa le regole attuali impongono il IIIB sopra i 37 kW mentre da 19 a 37 il IIIA sotto i 19 non c’è regolamentazione. Negli Stati Uniti il Tier IV si applica anche sotto i 19 kW e dal 2015 cesserà il TPEM per questa fascia e quindi sarà d’obbligo il Tier IV Final NdR).

Al Conexpo recentemente conclusosi a Las Vegas Yanmar ha presentato il nuovo motore monocilindrico EPA Tier IV Final (LW-series) ha che ha tutte le premesse per soddisfare le richieste dei costruttori che operano nel mercato EPA.

Lo scacchiere distributivo in Europa

Foto Box distribuzioneIn ambito europeo la gestione dei clienti avviene sia a livello direzionale sia con l’ausilio di una rete di distributori. In Italia, oltre a Yanmar Italy, sono presenti 3 distributori di motori e 8 distributori di ricambi che coprono l’intero territorio nazionale; sempre in Italia la rete di assistenza tecnica è formata da 70 officine che sono gestite direttamente dal Customer Service di Yanmar Italy.  

Uno stabilimento modello

Stabilimento 2Il lay out dello stabilimento Yanmar Italy di Cassano Magnago è improntato a una grande razionalità. La struttura ha un andamento a U che inizia dall’entrata dei componenti e carcass utilizzati per l’assemblaggio del motore per giungere al confezionamento finale. Tutti i componenti in entrata vengono immagazzinati nello stabilimento di produzione e testati a campione dal Controllo Qualità. Inizia poi la linea di assemblaggio, che prevede la lavorazione meccanica di tutti i blocchi cilindrici grezzi che vengono lavorati in apposite macchine e predisposti per l’entrata nel tunnel di lavaggio. Questa operazione riguarda anche componenti quali l’albero a camme, l’albero a motore e altri ingranaggi. Fuori dal tunnel sono ubicate 12 postazioni in cui vengono inseriti via via i vari pezzi che compongono il motore. Durante le fasi di allestimento del motore i componenti arrivano in modo semiautomatico alle varie postazioni a seconda del motore che il quel momento è prodotto. Con un sistema di prelevamento in parte computerizzato i pezzi vengono prelevati dall’operatore e convogliati in modo opportuno alla postazione di assemblaggio. Alla fine dei test, che coinvolgono tutti i motori, dal primo all’ultimo, si passa alla fase di confezionamento in cui vengono effettuate anche operazioni di aggiunta di componenti a corredo del motore. Una volta che i motori sono stati confezionati vengono posizionati su bancali o su pallet ritornabili o in scatole su pallet in legno. E il ciclo a U si conclude.        

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