Engine's story

Cosa circola in Italia?

NA002987di Costantino Radis

Particolato, particolato sospeso, polveri sottili, polveri totali sospese, pulviscolo atmosferico, particolato carbonioso o, come dicono i britannici eruditi, soot.

Ma cosa è realmente il particolato, quali effetti ha sull’ambiente e sulla salute delle persone? Qual è l’influenza dei motori diesel sulla sua formazione e quali sono le strade per eliminarlo?

Cerchiamo di chiarire qualche dubbio in modo che nessuno possa più dire che in Italia abbiamo un parco macchine obsoleto.

 

TernaIl particolato è considerato il fattore inquinante più impattante. Facile capirlo, facile intuirlo.

Si vede e si percepisce immediatamente – al contrario dei subdoli ossidi di azoto – e quindi ha un forte appeal sull’opinione pubblica.

Un’opinione pubblica che è prevalentemente influenzata dal ricordo di mezzi da costruzione e camion che sputavano fuori quantità di fumo nero; un problema che ancora oggi è presente in quei casi dove i mezzi di lavoro non vengono rinnovati periodicamente e non sono quindi adeguati alle ultime normative contro l’inquinamento.

Vicino ai nostri confini nazionali, in Svizzera, per ovviare al problema dell’inquinamento dei mezzi pesanti, la legislazione ha reso obbligatorio l’utilizzo del filtro antiparticolato per i motori diesel in applicazione industriale; tuttavia, questo filtro è in molti casi del tutto inutile, come per esempio per i motori Stage IIIb dotati di SCR.

FOTO_004_CInvece di attaccare i produttori di macchine movimento terra, che hanno fatto i salti mortali per arrivare a dei mezzi con un inquinamento ormai quasi a zero, un atteggiamento maggiormente costruttivo potrebbe essere quello di aiutare l’utilizzatore a rinnovare il suo parco macchine, ottenendo in questo modo un drastico abbattimento dell’inquinamento, causato da un parco circolante costituito da macchinari obsoleti e non conformi alle ultime normative in materia di emissioni.

 

La concentrazione è importante

FOTO_006Il fattore più importante è dato dalla concentrazione di particelle nell’atmosfera.

Occorre prima di tutto chiarire come quasi il 94% del totale del particolato – inteso come insieme di polveri sottili presenti in atmosfera – abbia origine naturale: polvere cosmica, polveri generiche, terra e sabbia alzate dal vento e trasportate dalle nubi a migliaia di chilometri di distanza, erosione, aerosol marino, fumi degli incendi, eruzioni vulcaniche.

FOTO_005_CSolo il 6% – approssimativamente – ha origine antropica ed è attribuibile in gran parte alle emissioni dei motori a combustione interna, al riscaldamento domestico, ai residui delle usure dovute alla circolazione stradale, alle lavorazioni industriali, alle lavorazioni del terreno e a quelle agricole, alle centrali termoelettriche.

Il problema vero è rappresentato dalla concentrazione di queste attività in zone ben circoscritte e tali per cui la loro presenza alza i livelli di particolato.

Non è un caso che le normative limitino l’emissione di questo inquinante sotto valori limite fissati per lo Stage IV (EU) in 0,025 g/kW e per il Tier IV Final (USA e Canada) in 0,020 g/kW.

 

Una famiglia allargata

PalaGli enti ufficiali che studiano la formazione del particolato sono spesso discordi nell’attribuire la maggiore o minore paternità di questa sostanza ai motori a gasolio, piuttosto che alle lavorazioni industriali, alla combustione di carbone o a quella di biomasse.

Il motore diesel viene spesso messo sul banco degli imputati quale maggior colpevole di produrre gran parte del cosiddetto nerofumo il cui nome corretto è particolato carbonioso.

La sua generazione avviene con la combustione di qualsiasi sostanza organica, ossia qualsiasi sostanza che contenga carbonio.

Gli idrocarburi sono fra le principali sostanze organiche usate nei processi di combustione allo scopo di produrre energia di qualsiasi tipo: da quella elettrica, a quella idraulica, a quella termica…ma sempre passando per una reazione che, a seconda di alcune variabili quali pressione, temperatura, flussi all’interno della camera di combustione e qualità del combustibile, determina la presenza di carbonio amorfo incombusto che forma il particolato.

Il particolato carbonioso, durante la sua genesi in camera di combustione, si presenta sotto forma di molecole che hanno una grandezza variabile da 0,1 nanometri fino a 1 micron di diametro.

In seguito tende a crescere superficialmente e successivamente a coagularsi perdendo idrogeno e assumendo carbonio arrivando così a formare le particelle più grandi che vengono emesse in atmosfera.

Un po’ di chimica

FOTO_007Il particolato, da un punto di vista termodinamico e in pura linea teorica, si formerebbe solo quando nella combustione il rapporto fra carbonio e ossigeno (C/O) supera l’unità (C/O>1).

Nella realtà questo non avviene e spesso, anche con fiamme controllate (ossia nei motori) si arriva anche a rapporti dell’ordine C/O = 0,5 pur dando comunque origine al particolato.

Nella reazione chimica teorica non si tiene infatti conto di fattori fondamentali quali la temperatura di reazione, la pressione di iniezione e i flussi all’interno della camera di combustione.

E ovviamente qui le cose si complicano.

La pressione di iniezione è un fattore negativo per la formazione di particolato e quindi gli attuali motori, in cui le pressioni di iniezione sono molto elevate (soprattutto quelli con sistemi Common-rail di qualsiasi generazione), sono una vera spina nel fianco per la riduzione del particolato.

Per contro è però possibile giocare sia sulla temperatura di combustione che sui flussi della miscela di aria e carburante.

Oltre una certa temperatura, infatti, diviene preponderante il meccanismo di ossidazione da parte dell’ossigeno con la diminuzione del particolato. Nello specifico, lavorando con una miscela ricca di aria fresca e con temperature molto elevate, l’ossigeno presente nella miscela ossida il particolato decretandone la distruzione.

Ma questo non basta. Occorre che la qualità dell’atomizzazione della miscela sia molto elevata in quanto nascerebbero comunque delle zone in cui la miscela si presenterebbe ricca di carbonio generando così del particolato. Per ottenere questo occorre che il combustibile circoli in modo ottimale – quindi le turbolenze hanno effetto positivo – e che vi sia l’esatta quantità di carburante in modo da ottimizzare la combustione.

I consumi, ovviamente, ringraziano.

Il vantaggio competitivo di queste specifiche architetture consente infatti risparmi notevoli di carburante con percentuali che spesso stazionano nei numeri a due cifre rispetto a motori della stessa categoria ma diversi per concezione.

Una impostazione di questo tipo, per contro, genera molti ossidi di azoto (NOx).

Ne abbiamo già parlato: se vogliamo limitare gli NOx dobbiamo abbassare la temperatura di combustione dando priorità, però, alla formazione del particolato, o dobbiamo trattarli nello scarico tramite l’SCR.

Occorre però tenere presente che questa sostanza è dannosa non solo per l’ambiente e per la salute delle persone ma anche per il motore stesso.

Tende infatti a incrostare l’interno delle camere di combustione e, nel caso di motori con EGR, si rende necessaria una manutenzione periodica al sistema di ricircolo dei gas di scarico.

Ovviamente questa strada prevede l’utilizzo, allo scarico, di un filtro antiparticolato che può essere a rigenerazione attiva o passiva. Nel caso della rigenerazione passiva, si conta sull’alta concentrazione di NO2 allo scarico, favorita dal DOC; nel caso di quella attiva, essa si realizza mediante mezzi specifici per innalzare la temperatura nei gas di scarico.

L’importante è limitare al massimo le condizioni di formazione del particolato, facendo lavorare il motore al punto di efficienza più alta. Una situazione che si riesce a ottenere solo nei motori che non adottano l’EGR.

Lavorare al massimo della propria capacità

BOX_01_001Nei motori con cilindrate e potenze contenute l’adozione della valvola EGR può essere una strada conveniente per la riduzione degli NOx a fronte di una produzione limitata di particolato che è possibile intrappolare con un filtro passivo. Per motori con cilindrate e potenze di fascia medio-alta la strada più razionale è quella che prevede l’ottimizzazione delle temperature di combustione in modo da operare nella fascia in cui ha luogo l’ossidazione del particolato. Lavorando sui flussi e le quantità delle miscele all’interno della camera si ha una ottimale combustione che previene la formazione del particolato e, nel caso dei motori Stage IIIb, evita l’utilizzo dei filtri con il solo impiego dell’SCR per eliminare gli ossidi di azoto. Una strada seguita, nel movimento terra, da pochissimi costruttori mentre in agricoltura è diventata quasi la prassi. Le applicazioni sui trattori agricoli, infatti, devono tenere conto degli spazi a disposizione sotto i cofani e quindi i radiatori più grandi che i motori con EGR richiedono, oltre al volume occupato dai filtri antiparticolato con eventuali preriscaldatori, è un problema che porta verso tecnologie più semplici e affidabili. Un aspetto fondamentale riguarda poi il consumo di carburante che, nei motori con SCR, è un elemento positivo per il portafoglio degli utilizzatori. Anche con il costo supplementare dato dalla gestione dell’AdBlue, il vantaggio competitivo è rilevante con cifre che spesso superano, a seconda delle applicazioni, del tipo di macchina e della fascia di potenza, il 15% di risparmio.    

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