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Wirtgen: riciclo controcorrente per l’asfalto

Alla fine del processo finitrici e rulli stendono e ricompattano l’asfalto

Per produrre con aggregati e bitume degli asfalti per la pavimentazione stradale è necessario un processo di miscelazione termica. A questo scopo è indispensabile un impianto di miscelazione asfalto.

Questo significa anche che milioni di tonnellate di asfalto devono essere asportate. Questo compito è svolto principalmente dalle frese a freddo, che sono il primo anello della filiera di processo, al quale seguono nel passo successivo gli impianti di frantumazione e vagliatura e gli impianti di miscelazione asfalto; al termine della filiera, l’asfalto viene nuovamente steso dalle finitrici quale parte del nuovo conglomerato.

La sfida: aumentare l’asfalto di recupero

Il processo di riciclaggio dell’asfalto

In molti Paesi, è rarissimo che nei cantieri si incontri un camion carico di conglomerato che non contenga una quota di asfalto riciclato. Nel 2018, nella sola Germania, un quarto dell’asfalto prodotto (41 milioni di tonnellate) è stato rappresentato dall’asfalto di recupero (10,5 milioni di tonnellate). Alla luce di una quantità totale di asfalto di recupero pari a 12 milioni di tonnellate, lo scorso anno la quota di riutilizzo è stata pari all’87%.

Il trattamento dell’asfalto è una scelta di politica economica per la preservazione delle risorse naturali. L’industria cerca pertanto costantemente soluzioni in grado di ottimizzare i processi all’interno degli impianti di miscelazione asfalto. Un concetto importante al riguardo è l’aumento della quantità aggiunta di asfalto di recupero in tutte le ricette delle tecnologie di trattamento “a caldo e freddo”. La quantità aggiunta massima non protegge solo l’ambiente, ma presenta anche dei vantaggi per i prezzi del conglomerato.

Nel classico sistema di riciclaggio con tamburo parallelo in flusso equicorrente la temperatura è limitata a 130 °C per via delle emissioni allo scarico prodotte, ma per ragioni fisiche le temperature dei gas di scarico sono superiori, con un conseguente aumento del consumo di energia e del carico di lavoro della depolverizzazione. Per raggiungere una temperatura del conglomerato di 160 °C, in questo caso, occorre surriscaldare i minerali bianchi.

Una soluzione controcorrente

Nel tamburo di riciclo con generatore di gas caldo, diversamente dal classico tamburo parallelo per il riciclaggio, il materiale riciclabile viene riscaldato indirettamente nel procedimento in controcorrente. In questo caso, il materiale fluisce nel tamburo in direzione opposta alla sorgente di calore. In questo modo vengono ottenute temperature del materiale maggiori con una contemporanea riduzione della temperatura dei gas di scarico. La temperatura di uscita di 160 °C corrisponde alla temperatura dell’ulteriore lavorazione, la temperatura dei gas di scarico rimane al di sopra del punto di rugiada a 100 °C circa. Tutto questo è possibile solo grazie all’impiego di un generatore di gas caldo, in quanto, in caso di riscaldamento diretto, il materiale riciclabile brucerebbe e sarebbe quindi inutilizzabile. Bruciatore, generatore di gas caldo, tamburo di riciclo, cappa di aspirazione e sistema dell’aria ricircolata e dell’aria di scarico sono precisamente coordinati. Effetto positivo: i minerali bianchi non devono più essere surriscaldati, con una conseguente notevole riduzione dell’energia necessaria. Attraverso il riciclaggio con procedimento in controcorrente, le emissioni possono essere ridotte notevolmente (regolamento TA LUFT) e, a seconda della qualità del materiale riciclabile, è possibile ottenere quote di materiale riciclabile del 90 + X%. Questo rende particolarmente interessante l’investimento in questa tecnologia tanto verde quanto efficiente.

La tecnologia diventa ancora più verde se anche i passi del processo a monte – lavorazione della curva granulometrica e fresatura dell’asfalto – vengono convertiti ai procedimenti e alle tecnologie più moderne.

Il segreto è nell’impianto di vagliatura

Gli impianti di vagliatura come il Mobiscreen MS 953 EVO consentono una curva granulometrica ottimale

La quantità aggiunta massima teoricamente possibile di asfalto di recupero dipende notevolmente dalla relativa curva granulometrica – in altre parole, dalle sostanze contenute in termini di quantità, dimensioni e composizione. Un obiettivo deve quindi essere quello di avvicinare il più possibile la curva granulometrica dell’asfalto di recupero frantumato alla curva granulometrica desiderata del prodotto finito ovvero dell’asfalto pronto. In questo caso sono necessari degli impianti di vagliatura semoventi, che garantiscono che fino all’80% dell’asfalto di recupero (fresato) possa essere trattato direttamente. In questo modo si abbattono notevolmente i costi di processo rispetto a un trattamento completo del fresato.

Nel caso di un trattamento completo, comprendente quindi anche il residuo di vagliatura, dovrebbero essere impiegati anche dei frantoi a urto dotati di un’unità di vagliatura a valle.

Con Wirtgen la fresatura è intelligente

La fresa a freddo “intelligente” Wirtgen W 210i

Tenendo in considerazione anche il fattore della tecnologia di fresatura intelligente, utilizzato da Wirtgen, il riutilizzo economico del granulato di fresatura nell’impianto di miscelazione asfalto viene aumentato ulteriormente. Il merito di tutto ciò è in misura notevole dell’irrorazione d’acqua in funzione del carico delle frese a freddo. L’acqua necessaria per il raffreddamento dei denti per fresatura viene regolata in base al carico del motore e alla velocità di fresatura. Grazie all’attivazione automatica dell’impianto acqua all’abbassamento del tamburo di fresatura ovvero alla disattivazione automatica al momento dello stop dei lavori di fresatura, il consumo d’acqua può essere notevolmente ridotto. Concretamente, è possibile risparmiare fino al 20% di acqua. A conti fatti, ciò significa che la durata utile dei denti per fresatura viene prolungata, la fresa a freddo deve essere rifornita meno spesso e i tempi di fermo sono inferiori. Questo non fa felice solo l’operatore della fresa, ma anche il capo produzione dell’impianto di miscelazione asfalto, che tra beneficio dal minor consumo di acqua, in quanto questo comporta un’umidità residua del granulato fresato inferiore del 3-4% per tonnellata di asfalto. Senza l’impiego delle più moderne tecnologie di fresatura, l’umidità residua sarebbe maggiore.

Per i processi di asciugatura necessari per la produzione del nuovo asfalto nell’impianto di miscelazione asfalto, l’equazione è semplice: un materiale di partenza più asciutto dell’1% risparmia 1 l di olio combustibile per tonnellata di asfalto pronto nella lavorazione del conglomerato riciclabile. A questo si aggiunge il fatto che il minore fabbisogno energetico riduce le emissioni di CO2.

Demolizioni: buio a san Siro

Lo Stadio Giuseppe Meazza di Milano, più noto come San Siro, è stato inaugurato il 19 settembre del 1926 con un’amichevole tra Milan ed Inter. Con i suoi 93 anni di storia, la Scala del Calcio continua ad affascinare l’Europa intera.

Eppure ora si parla di demolirlo. Sarebbe vecchio, obsoleto, non più in linea con le esigenze di una città che cresce a ritmi vertiginosi qual è Milano. I milanesi dovranno quindi decidere on line quale dei due progetti presentati per il “nuovo” San Siro sia il meglio per lo sport e per la città. Per inciso i progetti sono proposti da Populous, con sede a Londra e Manica Sportium, con sede negli Stati Uniti. E sono stati fortemente voluti dalle due squadre milanesi, Inter e Milan.

Eppure la Sovrintendenza ha sottolineato il valore architettonico del secondo anello con la sua struttura elicoidale, magnifica e moderna. E questo giudizio autorevole riapre i giochi che sembravano ormai decisi.

Della realizzazione dell’opera vennero incaricati 93 anni fa, gli architetti Ulisse Stacchini e Alberto Cugini, che svilupparono quello che sarebbe stato il nucleo originario dello stadio di San Siro. E poi via via, attraverso modifiche e aggiunte, siamo arrivati ai giorni nostri.

Edilizia inutile e dannosa?

Sarà così…..

Secondo Elena Grandi, portavoce dei Verdi e assessore a Milano, i due nuovi progetti, sarebbero un chiaro esempio di “edilizia inutile e dannosa”. “Siamo contrari all’idea di costruire un nuovo stadio e di abbattere quello vecchio perché viviamo in epoca di emergenza climatica che mal sopporta progetti speculativi. Nuovo e vecchio sono il tranello in cui cascano in molti: in questo caso che il rischio vero, urbanistico e ambientale, è legato a opere che ruotano intorno allo stadio, senza il quale non avrebbero alcun diritto di cittadinanza“, ha affermato. Una quantità inimmaginabile di emissioni di CO2, che ci vorranno decenni a compensare, per costruire uno stadio più efficiente e a basso consumo. Bisognerebbe invece battersi contro il dissennato  consumo di suolo e riparare i guasti della speculazione edilizia e l’idea che l’unico investimento che conviene sia, da sempre e per sempre, quello sul mattone.

Non c’è solo la demolizione

…o così?

San Siro è indubbiamente un manufatto storico e come tale incarna, a livello architettonico, lo stile tipico dell’epoca in cui fu costruito. Ma c’è di più. E’ anche la metafora non solo calcistica della città più europea e internazionale d’Italia. Perché demolirlo, con costi, non solo ambientali, enormi?  Si parla di 125 mila metri cubi di calcestruzzo, 8.800 tonnellate di ferro delle armature, altre 20 mila tonnellate delle copertura metallica. Tutto materiale da portare in discarica. Utilizzando camion con capienza di 30 tonnellate ci vorranno tra i 10.500 e gli 11.300 viaggi. Perché invece non optare per una ristrutturazione filologica rispettosa del passato ma che sappia immaginare il futuro, per un ripensamento delle strutture, delle funzioni e dei servizi in termini contemporanei, per un riassetto razionale degli impianti? Forse perché sarebbe più difficile? Perché un processo radicale come una demolizione è qualcosa di molto più semplice che una rivisitazione del passato e una sua reinterpretazione in chiave contemporanea? I progetti presentati a me personalmente non piacciono. Trovo uno (quello della struttura ad anello) poco originale (ve ne sono a decine in Europa, sul modello della Allianz Arena). E l’altro, con guglie e vetri, troppo cervellotico. No, molto meglio ristrutturare. E non scegliere un’eutanasia che assomiglia a uno stillicidio (235 giorni di agonia) per cancellare per sempre dalla storia un’icona e un simbolo senza tempo.

Genie® GS versatili dentro e fuori per l’EMEAR

In conformità ai più recenti requisiti delle norme Europee (EN 280), ANSI A92 (Stati Uniti) e CSA B354 (Canada), le piattaforme aeree a forbice Genie® GS™ per l’ EMEAR (Europa, Medio Oriente, Africa e Russia) saranno ora dotate di una nuova funzione di controllo a doppia zona Genie Smart Link™. Queste nuove piattaforme a forbice Genie, le cui caratteristiche ormai comune a tutto il mondo, offriranno agli operatori la possibilità di eseguire lavori al chiuso e all’aperto, nonostante un limite di altezza preprogrammato, utilizzando un’unica macchina Genie GS. Per le società di noleggio, grazie alla conformità agli standard globali, i nuovi aspetti comuni in termini di design, caratteristiche, opzioni e accessori dell’intera gamma di piattaforme aeree a forbice Genie GS semplificheranno il processo di locazione ed aumenteranno le opportunità di noleggio.

Il commento

Zach Gilmor, Responsabile di Prodotto Genie per Terex AWP in EMEAR, afferma: “Per Genie, l’offerta di un prodotto standard a livello globale ha diversi vantaggi per i nostri clienti in EMEAR. Per le società di noleggio, macchine progettate con le stesse caratteristiche limitano la complessità di gestione del parco macchine e l’aggiunta del nuovo sistema di controllo a doppia zona contribuirà ad aumentare il tasso di utilizzo delle macchine, incrementando il rendimento del noleggio sul capitale investito. Per gli operatori, la possibilità di passare dalle applicazioni al chiuso a quelle all’aperto grazie a un semplice interruttore consente loro di eseguire più attività utilizzando una sola macchina, risparmiando tempo e aumentando la produttività. Per facilitarne l’utilizzo, il sistema di controllo a doppia zona Genie Smart Link è molto intuitivo, consentendo agli operatori in EMEAR di alternare il lavoro al chiuso o all’aperto con la semplice pressione di un pulsante“.

I clienti in EMEAR saranno in grado di identificare le nuove piattaforme a forbice Genie GS dotate di  doppia zona in due modi. In primo luogo, dal quadro comandi in cesta della piattaforma che includerà due pulsanti aggiuntivi – “Interno” e “Esterno” – e in secondo luogo, dai bordi di protezione del suolo della cesta, dove una nuova decalcomania Genie Smart Link indicherà la funzione di controllo a doppia zona.

Quando saranno disponibili

Le piattaforme aeree a forbice Genie GS con specifiche globali entreranno in produzione alla fine del 2019 ma non saranno disponibili in EMEAR fino al 2020. Gilmor aggiunge: “Le nostre piattaforme a forbice Genie GS sono attualmente prodotte a Redmond (Washington) negli Stati Uniti, ed a Changzhou in Cina. Poiché i processi di progettazione e produzione di questi modelli saranno identici in tutto il mondo, saremo in grado di ottimizzare la produzione, guadagnando flessibilità per adattarci alla domanda globale”.

Per i clienti in EMEAR“, conclude Gilmor, “questo si tradurrà in una semplificazione del processo di acquisto. Inoltre, i clienti in EMEAR possono essere certi che continueranno a beneficiare dello stesso servizio di installazione delle opzioni locali che attualmente viene fornito nei nostri centri di ispezione pre-consegna nella regione“.

Grande successo per JLG al GIS 2019

Si è conclusa con gran soddisfazione la partecipazione di JLG all’edizione 2019 del GIS (Giornate italiane del Sollevamento), svoltasi dal 3 al 5 ottobre presso il quartiere fieristico di Piacenza Expo. Qui l’azienda americana, leader mondiale nella produzione di macchinari di sollevamento, ha esposto un’ampia gamma di modelli di punta.

Amici dell’ambiente

Tra questi spicca il sollevatore a braccio completamente elettrico EC520AJ, a dimostrazione dell’orientamento dell’azienda allo sviluppo costante di attrezzature di accesso con impatto ambientale sostenibile. La gamma dei modelli elettrici 340AJ, 450AJ e 520AJ, equipaggiata di serie, con batterie al litio e 2 ruote motrici, offre altezze di lavoro da 12 a 18 metri e velocità di accesso e capacità della piattaforma simili a quelle delle controparti diesel convenzionali.

Altro protagonista rispettoso dell’ambiente, l’elevatore  Pecolift, caratterizzato dall’essere a movimentazione totalmente manuale, sia per lo spostamento che per l’alzata, senza motore né batteria né alimentazione elettrica. Pecolift si aziona semplicemente ruotando una manopola. In pochi secondi il meccanismo di elevazione brevettato, solleva l’operatore con un movimento fluido fino all’altezza di lavoro desiderata.

Per persone e materiali

Lo stand JLG ha visto esposto anche il nuovo commissionatore motorizzato DSP-M che consente di trasportare sia persone che materiali in spazi ristretti. Suo punto di forza la tecnologia Rise and Drive che permette all’operatore di guidare e sollevare contemporaneamente la piattaforma per conseguire maggiore efficienza.

Accanto al DSP-M è stato presentato il commissionatore a spinta con alzata elettrica Power Picker, elevatore multifunzionale, progettato per essere un’alternativa semplice, sicura ed efficiente alle tradizionali scale o trabattelli e quindi particolarmente richiesto nel mercato industriale e logistico italiano come metodo di accesso sicuro.

L’ES1530L è stata l’unità scelta a rappresentanza dei sollevatori a pantografo elettrici leggeri, caratterizzati dalle dimensioni compatte, emissioni azzerate ed  efficienza potenziata dalla trasmissione elettrica diretta.

Una nuova APP

In un’area dedicata dello stand è stato inoltre possibile provare la nuova APP di controllo remoto per le piattaforme a pantografo Serie R. Si tratta di un’applicazione che consente agli operatori di controllare l’attrezzatura da remoto, collegando qualsiasi smartphone alla piattaforma a pantografo, tramite QR code e Bluetooth.

Grazie a questa tecnologia gli operatori sono in grado di ottenere una migliore panoramica sul cantiere mentre movimentano l’attrezzatura, migliorando i livelli di sicurezza e riducendo il rischio di potenziali danni all’ambiente di lavoro.

Arvind Poddar, miglior leader di trasformazione

Arvind Poddar (primo da dx) mentre riceve il premio

Arvind Poddar, Presidente e Amministratore Delegato di Balkrishna Industries Limited (BKT) – tra i principali produttori di pneumatici Off-Highway, con sede in India – ha ricevuto i più alti onori come miglior leader di trasformazione. Il premio è stato conferito in occasione del sesto Asia Business Responsibility Summit, un vertice sulla responsabilità aziendale delle imprese asiatiche.

L’Asian Center for Corporate Governance & Sustainability (Centro Asiatico per Corporate Governance & Sostenibilità), patrono e promotore della sesta edizione dell’Asia Business Responsibility Summit, è una onlus e un think tank che ha lo scopo di portare un miglioramento qualitativo nelle pratiche di Corporate Governance e sostenibilità delle aziende asiatiche. L’organizzazione è impegnata a incoraggiare e fortificare le pratiche aziendali per generare profitti in maniera socialmente responsabile. L’Asian Center svolge un ruolo importante di sostegno e crede che la sostenibilità aziendale sia un elemento fondamentale per creare una società sostenibile e per avere città più pulite.

Un premio significativo

Il quartier generale di BKT Europe a Seregno (MB)

Ogni anno, l’Asian Center for Corporate Governance & Sustainability conferisce una serie di premi in ambito leadership, Corporate Governance, sostenibilità & CSR ai leader di settore e amministratori che svolgono un lavoro esemplare al fine de migliorare gli standard di Governance delle proprie imprese. Prerequisiti per l’eleggibilità nella categoria “Miglior Leader di Trasformazione” sono attributi come raggiungere gli obiettivi di business e di crescita in modo che essi riflettono il contributo personale dell’individuo, portare le convinzioni personali nelle strategie, essere capace di stimolare emozioni e identificazione tra i collaboratori, agevolare e favorire l’attitudine dei dipendenti al problem solving creativo, svolgere un ruolo fondamentale nel processo di trasformazione e di crescita dell’impresa nonché dedicare risorse e coinvolgere tutti i soggetti interessati nelle attività di CSR.

Il commento

Arvind Poddar

“Sono veramente lieto e soddisfatto di questo prestigioso riconoscimento nel continente asiatico, che al momento rappresenta il più grande motore di crescita per l’economia globale,” ha dichiarato Arvind Poddar, Presidente e Amministratore Delegato di BKT. – “Senza alcun dubbio, questo è un momento magnifico e una grande soddisfazione personale. In BKT sentiamo di avere una grande responsabilità e vogliamo essere un esempio in ambito sociale e ambientale. Vorrei ringraziare la mia famiglia per il loro supporto incondizionato e l’intero team BKT per il loro impegno e costante desiderio di raggiungere l’eccellenza.”

La responsabilità sociale d’impresa (CSR) è da sempre al cuore delle attività di business di BKT. In linea con la sua filosofia aziendale, BKT si prende cura delle persone che lavorano in azienda, del loro benessere e dell’ambiente in cui vivono. Oltre al proprio parco eolico che produce energia verde per gli stabilimenti di produzione nel nord dell’India e piantagioni di alberi nel suo maggiore sito di produzione a Bhuj, la più grande evidenza per l’impegno sociale dell’azienda è la BKT Foundation “WE CARE” che sostiene progetti di responsabilità sociale e ambientale di diversa natura e origine in tutto il mondo da oltre un decennio.

Questo recente riconoscimento conferma la Corporate Governance e la strategia di crescita di BKT all’insegna della responsabilità sociale e ambientale assicurando uno sviluppo sostenibile.

SAIE Bari 2019: l’edificio del futuro? Salubre.

Vivere in un ambiente salubre, in case, scuole e uffici che garantiscano benessere fisico e psicologico è uno dei desideri principali degli italiani. Il 41% si dichiara, infatti, più attento ai temi legati alla salubrità degli ambienti domestici rispetto a cinque anni fa. Attenzione che spesso si trasforma in insoddisfazione, con il 48% degli intervistati che si lamenta degli aspetti strutturali e ambientali della propria abitazione. Il 36% si dice poi, addirittura, molto preoccupato. I motivi? Tra tutti spiccano: lo stato degli impianti, la qualità dell’aria, la mancanza di ventilazione, fino ad arrivare allo stato degli impianti di riscaldamento e condizionamento e alla qualità dell’acqua.L’ “Edificio Salubre” sarà protagonista di un’iniziativa speciale all’interno di SAIE Bari, la nuova edizione della fiera biennale delle tecnologie per l’edilizia e l’ambiente costruito 4.0, che si terrà dal 24 al 26 ottobre 2019 presso la Nuova Fiera del Levante di Bari. 300 aziende espositrici, 83 convegni e 12 iniziative speciali animeranno la manifestazione pensata appositamente per il mercato del Centro e Sud Italia e del bacino del Mediterraneo.

Come la casa diventa salubre

Come dimostrano i dati Doxa, inoltre, per molti italiani la casa non è solo il posto dove riposare e passare il tempo coi propri cari ma anche un luogo di lavoro (è così in 4 case su 10). In questo contesto, tutti gli aspetti legati alla salubrità degli ambienti assumono un significato ancora più importante. Siamo circondati da fonti di inquinamento domestico di ogni tipo: dai prodotti chimici per la pulizia a quelli dei materiali da costruzione e arredamento, dalle pitture ai solventi fino ad arrivare a muffe, batteri, acari, fumo di sigaretta, monossido di carbonio e gas di combustione fossile per camini e stufe. Ma fortunatamente è possibile adottare dei rimedi. Una progettazione fatta seguendo i criteri della bioclimatica (ovvero l’architettura che mira a controllare il microclima domestico), l’utilizzo di filtri naturali, la VMC (ventilazione meccanica controllata) e l’aspirazione centralizzata garantiscono, ad esempio, una maggiore pulizia dell’aria; una tematica cara anche alle istituzioni pubbliche.

Una Piazza dedicata

La Piazza “Edificio Salubre” di SAIE Bari sarà un’occasione proprio per approfondire le tecnologie, le innovazioni, i materiali sostenibili e tutte le altre soluzioni che le imprese e le istituzioni stanno mettendo in campo per migliorare non solo la qualità dell’aria ma anche quella dell’acqua, dell’equilibrio tra luce naturale e artificiale, e per abbattere l’inquinamento acustico. Un discorso che coinvolge tutte le fasi di vita dell’edificio, dalla progettazione alla costruzione, con particolare attenzione alle fasi di cantiere, fino alla gestione e alle scelte legate a impianti e finiture.

L’Edificio Salubre non sarà l’unico tema al centro di SAIE Bari. La fiera racconterà infatti il mondo dell’edilizia a 360°, grazie ad un format innovativo che si articola in quattro percorsi tematici: Gestione Edificio e riqualificazione edilizia; Impianti tecnici in edilizia; Trasformazione urbana, Infrastrutture e territorio; Digitalizzazione e BIM. Al centro della manifestazione gli strumenti innovativi del mercato delle costruzioni, tra eccellenze nazionali ed internazionali, i convegni e i workshop formativi a cui è già possibile accreditarsi da questo link.

Uno Zaxis 890 LCH nella terra dei Giganti

E’ lo straordinario scenario naturale delle cave di marmo di Carrara il banco di prova dello Zaxis 890 LCH di Hitachi, distribuito da SCAI spa in Italia.  Un test fra i più impegnativi al mondo, che il cingolato di casa Hitachi supera a pieni voti grazie a una generosa idraulica che va di pari passo con una controllabilità ai limiti della perfezione. Senza consumare troppo.

Un gigante in cava

Scenografiche, ricche di storia, terribilmente impegnative per uomini e mezzi. Non a caso, solo i migliori sono quotidianamente all’opera nei siti estrattivi carrarini: le migliori imprese, i migliori operatori e, naturalmente, le migliori macchine. E anche le più grandi, perché in cava non si scherza nemmeno in fatto di dimensioni: le decine di tonnellate di ognuno dei blocchi quotidianamente estratti esigono mezzi capaci di svolgere il loro lavoro senza esitare, produttivamente e in sicurezza. Non stupisce quindi di trovare in uno dei siti estrattivi più importanti del comprensorio del marmo, la Cave Lazzareschi di Colonnata (Ms), un peso massimo come l’escavatore cingolato Hitachi Zaxis 890 LCH, un gigante da quasi 90 tonnellate che tra i picchi delle Apuane sembra esserci nato, tanta è la disinvoltura con cui ogni giorno affronta i suoi onerosi compiti. Con un ottimo equilibrio tra affidabilità, produttività e consumi, come da tradizione del marchio nipponico.

Rendering di Gaetano Di Falco

Il cantiere

Movimentiamo oltre 100 mila tonnellate di materiale l’anno, per una resa media in termini di materiale venduto intorno al 30% con picchi che, come nell’ultimo anno, possono arrivare a sfiorare il 40%“. Ci accoglie con queste parole Alvise Lazzareschi, titolare delle storiche cave omonime, un’istituzione nel comprensorio carrarino. Lo Zaxis 890 LCH è l’ultimo ingresso nel parco macchine dell’azienda, che complessivamente include quattro escavatori cingolati Hitachi di diverse taglie, dal “piccolo” 450 alla new entry 890. “Quello con Hitachi è un matrimonio ormai di lunga data, che poggia su tre cardini ben precisi: qualità costruttiva delle macchine, produttività e un’assistenza impeccabile, cui provvede la sede Scai di Carrara. Le macchine accumulano in media circa 1000 ore di lavoro all’anno, ma sono ore straordinariamente impegnative e che le mettono a durissima prova sotto ogni aspetto, da quello puramente meccanico all’idraulica passando per i consumi. La decisione di riconfermare non solo la nostra fiducia a Hitachi, ma di puntare su un modello importante come lo Zaxis 890 LCH è frutto degli eccellenti risultati che abbiamo ottenuto negli anni, e che questa nuova macchina sta pienamente confermando in questi primi mesi di attività“.

Primo contatto: facile da approcciare

Abbiamo visto all’opera lo Zaxis 890 LCH in un’operazione particolarmente impegnativa e che, oltre  potenza e stabilità, richiede anche una certa precisione sia nel posizionamento che nei movimenti del braccio, il ribaltamento di una grande sezione del fronte di coltivazione preventivamente allentata per mezzo di microvolate di esplosivo. Un banco di prova, quindi, particolarmente significativo per testare le attitudini dell’escavatore sotto diversi aspetti.

Ci accoglie a bordo una cabina spaziosa e dagli interni ben curati, sia in termini di abitabilità che per completezza e facilità di consultazione della strumentazione; una nota di merito anche per la visibilità, supportata anche da una telecamera posteriore particolarmente preziosa vista la taglia importante della macchina. L’isolamento acustico è ben curato e al minimo i 16 litri del motore Isuzu sono quasi impercettibili, con una rumorosità che aumenta solo leggermente al salire di giri del motore. Con le sue quasi 90 tonnellate di peso l’890 comunica una piacevole sensazione di sicurezza e stabilità, pur risultando al tempo stesso molto reattivo negli azionamenti grazie al generoso dimensionamento dell’impianto idraulico; bene anche la controllabilità, che risulta apprezzabile già al primo approccio con la macchina.

Al lavoro: potenza e controllo

Una volta raggiunto il fronte di cava, la macchina si trova alle prese con un’operazione che richiede tanta potenza ma anche molta precisione. Il ribaltamento a terra della grande sezione di materiale precedentemente allentato richiede infatti il suo distanziamento dal fronte di coltivazione e la sua progressiva inclinazione, mentre contemporaneamente un secondo mezzo d’opera colma il vuoto che viene a crearsi con materiale di risulta fino a raggiungere l’angolo di caduta. Volumi e pesi in gioco sono estremamente rilevanti, quindi al braccio dell’escavatore è richiesta una forza di tiro molto elevata, e alla macchina la capacità di mantenere un assetto equilibrato senza scomporsi; al tempo stesso, la necessità di operare con una lenta progressione per mantenere uomini e mezzi in condizioni di assoluta sicurezza richiede alla macchina una precisione e delicatezza nei movimenti quasi chirurgica, soprattutto per un modello di questa taglia.

Per quanto riguarda il primo aspetto, nessuna sorpresa: gli oltre 500 litri di portata idraulica garantita da ciascuna delle due pompe che equipaggiano la macchina ci sono tutti e si fanno sentire. L’890 LCH si esibisce in una notevole dimostrazione di forza, muovendo senza alcuna fatica apparente diverse decine di tonnellate pur rimanendo al tempo stesso solidamente ancorato al suolo. Quando però si tratta di lavorare di fino, l’escavatore svela la sua anima più docile, operando quasi in punta di fioretto per smuovere la grande porzione marmorea di poche decine di centimetri alla volta, quel tanto che basta per svolgere le delicate operazioni di ribaltamento in tutta sicurezza. L’impressione è quella di trovarsi davanti a una macchina che, nelle giuste mani (e quelle dell’operatore che ci ha accompagnato nella prova erano davvero straordinarie), è veramente capace di tutto.

Produttività e consumi di nuova generazione

L’ingresso nel parco macchine di Cave Lazzareschi dello Zaxis 890 LCH è stato particolarmente significativo anche perché, andando a sostituire una macchina Hitachi di taglia inferiore e ormai datata, ha consentito non solo di valutare in assoluto prestazioni, consumi e costi di esercizio, ma anche di apprezzare i notevoli avanzamenti tecnologici apportati dal costruttore nipponico sulle sue gamme più recenti. Malgrado il tasso di utilizzo in termini di ore/anno non sia particolarmente elevato, infatti, l’escavatore è soggetto a carichi di lavoro molto pesanti che tendono inevitabilmente a riflettersi sui consumi, una voce molto importante nei costi di gestione legati alle attività estrattive e che, date le elevate esigenze di produttività, non può certo essere tenuto sotto controllo con un utilizzo conservativo della macchina.

La buona notizia è che l’890 LCH non costringe a nessun compromesso, evidenziando consumi sotto controllo anche nelle operazioni più onerose grazie al propulsore di moderna concezione, alla sofisticata logica di controllo dell’impianto idraulico e alle diverse modalità di lavoro disponibili. Come confermato dallo stesso titolare della cava, rispetto alla macchina che l’890 è andato a sostituire il salto di qualità è netto. Altrettanto positivi i giudizi per quanto riguarda i costi di manutenzione, altra voce di notevole impatto sui costi di possesso, per la cui gestione Cave Lazzareschi ha sottoscritto un contratto di manutenzione programmata con la filiale SCAI locale. L’eccellente qualità costruttiva dell’escavatore, unitamente ad alcune soluzioni costruttive (motori di traslazione protetti, perni trattati termicamente, filtri a vite, raffreddamento ad alta efficienza, separatore d’acqua) rendono la macchina decisamente poco impegnativa dal punto di vista manutentivo.

testi di Roberto Negri – Video di Stefano Troilo – Operatore drone Francesco Ciceri

JCB: Lord Bamford inaugura nuova sede tedesca

Lord Bamford, Presidente di JCB, ha inaugurato ufficialmente la nuova sede di una delle più importanti filiale europee, un investimento di circa 50 milioni di sterline.

JCB Germania – fondata nel 1965 – opererà da una nuovissima struttura costruita a Colonia su di un’area di 12 acri a seguito di uno dei maggiori investimenti nella storia di JCB. Il nuovo quartier generale comprende uffici per 75 dipendenti e un centro di formazione a disposizione dei clienti e della rete di rivenditori JCB Germania, un network che impiega circa 2.000 persone.

Lord Bamford, (a sinistra) inaugura la nuova sede tedesca con il direttore Frank Zander.

Il 1 Ottobre 2019 Lord Bamford ha celebrato con una targa l’apertura della nuova sede nel corso di una conferenza ufficiale a cui hanno presenziato 50 tra i maggiori rivenditori di JCB di tutto il mondo.

Il commento

Lord Bamford ha dichiarato: “L’Europa è stata un mercato molto significativo per JCB dagli anni ’50 e questa struttura è un ottimo esempio del nostro investimento nella crescita futura. JCB opera in Germania da oltre 50 anni ed è un mercato cruciale per JCB, perché è il secondo mercato europeo delle macchine movimento terra e il quinto più grande al mondo in valore. Questo investimento aiuterà JCB a perseguire la crescita delle vendite negli anni a venire.”

La nuova sede di JCB Germania di Colonia ha una dimensione tripla rispetto alla struttura precedente, ed è situata nel cuore della più grande area industriale tedesca, l’area geografica Reno-Ruhr. La nuova sede può contare su ottimi collegamenti con la rete autostradale per raggiungere velocemente sia i Paesi Bassi e il Belgio, sia le regioni della Germania settentrionale e meridionale.

La nuova sede tedesca – che include uno showroom per l’esposizione delle macchine di JCB – ospiterà 3.000 delegati all’anno per attività di vendita e di formazione tecnica, oltre a disporre di un’area dimostrativa appositamente realizzata per ricevere imprenditori edili e agricoli.

Un tridente Volvo per il ciclo del vetro

Abbiamo visitato una realtà operante su uno dei passaggi chiave della filiera di lavorazione del vetro, proveniente dalla raccolta differenziata dei rifiuti. Protagonista di questo ciclo è la Sarco  srl di Marsala, nel trapanese, col suo nuovo impianto di Contrada Ponte Fiumarella, 27.000 m² con ampi spazi per lo stoccaggio e la gestione dei rifiuti, con moderne strutture, attrezzature e tecnologie.

Il ciclo produttivo

Michelangelo Bonomo, responsabile commerciale, è la nostra guida alla scoperta delle fasi di lavorazione. Esse prendono il via con l’arrivo di bottiglie di vetro e lattine di alluminio, primo step all’ingresso con la pesatura dei camion, seguita dallo scarico nelle aree di stoccaggio. Segue il prelievo ed il carico nella coclea della tramoggia di alimentazione, il convogliamento all’interno di un ampio capannone, col passaggio sul banco vibrante. Una serie di nastri trasportatori conducono i rifiuti nelle linee di selezione, inframezzati da cabine ove gli operatori rimuovono manualmente i rifiuti grossolani estranei. E’ poi la volta  della selezione meccanica, con calamita e il separatore Ecs per rimovere l’alluminio, seguita da vagliatura e frantumazione del materiale secondo pezzatura. Speciali macchinari per la selezione ottica differenziano per colore e grazie ad un getto d’aria continuo allontanano le microparticelle di impurità. Il materiale che ne esce, è collocato in spazi dedicati secondo dimensione e colore, ed è ora adesso materia prima seconda, pronta per essere avviata al reimpiego. Sono 3 le tipologie di pezzatura del vetro: 4-10 mm, oltre 20 mm ed entro 50 mm colorato o trasparente.

Un trend in crescita

La crescita della raccolta differenziata, ci sta consentendo un trend di crescita del 35-40% annuo (vetro e lattine), trattiamo circa 300 tonnellate giornaliere“, dice Bonomo. “In poche ore una bottiglia in entrata, riesce ad essere lavorata ed avviata alla vetreria. Il materiale vetroso che produciamo costituisce all’incirca l’85% della base di produzione delle nuove bottiglie. Siamo parte del Circuito Ecoglass Sicilia, una filiera corta che chiude il suo ciclo in ambito regionale, da cui nasce un prodotto unico nel suo genere la Bottiglia 100% Sicilia” Bonomo, si sofferma anche su un punto di forza, il rispetto dei criteri dell’azienda 4.0. In pratica tutte le fasi di lavorazione vengono attentamente monitorate, i dati che ne scaturiscono sono elaborati tramite complessi software in grado di fornire parametri fondamentali per ottimizzare sempre più il processo produttivo (produzione, tempistiche, risorse, ecc.). In questo si inseriscono proficuamente anche le risultanze del sistema di monitoraggio CareTrack installato sulle macchine fornite da Volvo CE. Il prodotto finale rispetta sia i valori di legge ma soprattutto quelli più stringenti richiesti dal processo produttivo del principale committente, la O-I Italy società del gruppo O-I Manufacturing, vetreria che ha sede a pochi km che lo acquisisce per le proprie linee di produzione, anche per altri stabilimenti italiani.

Le sorelle: L120H e L90H 

Un iter produttivo simile richiede un parco macchine dedicato: trattori stradali, autocarri, rimorchi, semirimorchi, carrelli elevatori, caricatori, trituratori e rotovagli ma soprattutto pale gommate. Ultime ad aver fatto il loro ingresso simultaneo in l’azienda, sono state due Volvo CE, L120H ed L90H. La prima è una pala dalle molteplici potenzialità, versatile e possente allo stesso tempo, grazie al generoso turbodiesel  D8J a 6 cilindri in linea, quattro tempi con iniezione diretta e scambiatore di calore aria, abbinato alla trasmissione ed all’impianto idraulico intelligente, che eroga una coppia elevata a bassi regimi, sfoderando tutti i 276 cavalli solo quando necessario, nonostante una mole che sfiora le 22 tonnellate. Una macchina concepita anche per questo utilizzo, l’abbiamo osservata all’opera nelle fasi di movimentazione del vetro, dall’accatastamento negli stalli delle aree di stoccaggio, al prelievo e ribaltamento all’interno della coclea di alimentazione, per poi andare a prelevarlo, al termine del processo produttivo, quando è trasformato in materia prima, sotto forma di  graniglie. Agile, nonostante le sue dimensioni, fa la spola da un estremo all’altro del sito.

Cosa ne pensa l’operatore

Abbiamo chiesto all’operatore Luigi Livigni, le sue impressioni. “La 120 è il top in potenza, stabile e maneggevole, l’ampia cabina offre una ricca strumentazione leggibile anche in controluce e comfort a volontà, rispetto alla L90G ci ha permesso di fare lo stesso lavoro in metà del tempo, paradossalmente anche negli spazi angusti, come quando ci si incrocia con altri mezzi, il cambio Power Shift e l’impianto idraulico Load-Sensing rispondono rapidamente per un perfetto controllo del carico e cicli di lavoro, come nel nostro caso anche brevi, da quando è giunta in azienda, circa 10 mesi fa ho avuto il piacere di condurla sempre io, insieme abbiamo raggiunto le 2.700 ore. Apprezzo molto anche l’ecopedale e l’impianto di climatizzazione, buono per tutte le stagioni, riparandoci dalle polveri e dal vento che sferza il nostro circondario, ma soprattutto in estate quando la colonnina di mercurio è  spesso sopra i 40°.”

Non è da meno la L90H, coi suoi 186 cv erogati dall’8 litri sempre Stage V, tra i pregi della serie H una ulteriore riduzione dei consumi rispetto a quelli già contenuti della serie G, un altro degli operatori ci ha riferito come questa pala, garantisce una notevole visibilità soprattutto nei movimenti tra gli spazi ristretti, col supporto dell’RBB (Reverse-By-Bracking) che riduce automaticamente il regime motore e provvede a inserire i freni di servizio quando l’operatore cambia la direzione della macchina, apprezzando anche i vantaggi della telecamera posteriore e la strumentazione di bordo. Risolta anche una criticità del ciclo di lavorazione, per il carico degli autocarri a sponde alte e dei cassoni scarrabili, con la precedente pala dovevano far ricorso ad una rampa su cui farla salire per riuscire a caricare gli automezzi, con la L90H ed il suo generoso sbraccio hanno risolto il problema eliminando la piattaforma.

Il suo impiego è in tandem con la sorella maggiore, a dar loro manforte, nel continuo via vai di mezzi che caricano e scaricano, anche una fiammante L90G: 13.000 ore in 7 anni! Mediamente le pale lavorano sulle 12 ore al giorno, nell’ambito dei due turni di lavoro di 8 ore ciascuno. Dimostra grande utilità nel sito il cinematismo Torque Parallel (TP), l’articolazione a coppia parallela che fornisce un’elevata coppia di sbloccaggio e un movimento parallelo perfetto su tutto l’arco di sollevamento. Il cinematismo offre stabilità durante tutte le operazioni, carico, trasporto e scarico, consente l’agevole riempimento delle benne, mantenendo sempre le attrezzature parallele lungo l’intera corsa di sollevamento, per garantire stabilità del carico e facilità di riempimento della benna, evitando dispersione dei materiali lungo il tragitto o nelle fasi di abbancamento, carico/scarico.

L’idea del vetro

Antonio Spanò

Antonio Spanò avvia questa attività nel 1991 trattando piccole quantità di vetro raccolto nel circondario. Abbiamo chiesto il perché della scelta di operare in un settore poco noto in quel periodo. “La scelta di recuperare il vetro l’ho avuta praticamente in casa, mio padre era dirigente della vetreria di Marsala (Sicilvetro), all’epoca di proprietà regionale, in seguito acquisita dalla multinazionale statunitense O-I Manufacturing, ho creduto nelle potenzialità del settore reciclyng investendovi tutte le mie energie”. Dalla raccolta differenziata si possono ricavare benefici a 360°, per l’ambiente e per l’economia, occorre investire puntando sulla qualità e sui mercati di sbocco del prodotto finito, dinamiche in continua evoluzione, cosi come gli obiettivi industriali della Sarco srl, che recentemente ha installato un impianto fotovoltaico per alimentare gli impianti. La produzione annua di materia prima seconda (vetro) si attesta sule 75.000 ton, quest’anno si stima di raggiungere le 120.000 ton.

da sx Giovanni Li Causi (funzionario commerciale V&V srl), Michelangelo Bonomo (responsabile commerciale Sarco srl) e Vincenzo Vultaggio (titolare della Concessionaria V&V srl)

“Il rapporto con Volvo CE – continua Spanò – nasce da un contatto con Giovanni Li Causi, funzionario commerciale della V&V srl di Vincenzo Vultaggio, che mi aveva illustrato la gamma della casa, nel 2012 abbiamo acquistato una prima pala della fascia grande (la L90G), inutile dire che dopo aver testato in stabilimento la piena rispondenza del mezzo a quelle che erano le nostre esigenze, abbiamo consolidato il rapporto sul binario della qualità che perseguiamo, trovando nella Concessionaria con sede a Custonaci (TP) un partner ideale, prova ne sono l’acquisto di L120H e L90H, all’avanguardia anche per il nostro ambito operativo; fondamentale anche l’assistenza per un azienda che lavora 6 giorni su 7, una chiamata ed in pochi minuti il furgone attrezzato ed il meccanico giungono in stabilimento.”

L’opificio ha al suo attivo attive altre linee di lavorazione, come quelle per  le lattine dall’alluminio per bibite e conserve, da cui scaturisce altra materia prima seconda, anche in questo caso il tridente Volvo è il perno della piena funzionalità.

Testo, foto e video di Luca Masaracchio

Aeroporto di Daxing: una sfida possibile

Credit STR/AFP/Getty Images

Una prodezza dell’ ingegneria cinese, senza ombra di dubbio. lBeijing Daxing International Airport, il nuovo aeroporto di Pechino, a forma di stella marina a sei punte disegnato da Zaha Hadid, non può che essere definito così. E anche una grande sfida.

I numeri

Pensare che cinque anni fa Daxing era una terra desolata ubicata a sud di Pechino. ora è un terminal da 1,4 milioni di metri quadrati, in cui ci starebbero un centinaio di campi di calcio. Ma ai passeggeri basteranno solo 8 minuti per raggiungere il gate di imbarco più lontano dopo il check-in. 7 piste di cui una per i voli militari. Torre di controllo in grado di gestire 300 decolli e atterraggi all’ora.  15 miliardi di euro di investimento, saliti a 50 con le strutture di collegamento: autostrade, metropolitana, ferrovia veloce. 45 milioni di passeggeri all’anno nel 2020, 72 milioni nel 2025, 100 milioni subito dopo.  2 milioni di tonnellate di merci, gestite con sistemi di intelligenza artificiale. Acciaio. Vetro, cinque giardini interni, riconoscimento facciale e tecnologie avanzate fornite da Huawei.Quasi 1.000 unità edili hanno partecipato alla costruzione che non ha visto incidenti. Nei momenti di massima operatività, nel cantiere lavoravano circa 50.000 persone. Stiamo parlando di un edificio ecologico al 100 percento, con un tasso di utilizzo delle risorse riciclabili che arriva fino al 16 percento. Daxing sarà coperto dalla rete 5G. Tutto questo in soli cinque anni. Cinque.

La grande sfida

Xi Jinping, all’inaugurazione ha citato una poesia scritta da Mo nel febbraio 1935, durante la Lunga Marcia. “Gli ignavi dicono che Loushan è un muro di fuoco. Noi lo abbiamo varcato“. Il messaggio, neppure tropo subliminale, è che la Cina è determinata a vincere ogni sfida, compresa quella del dominio commerciale dei cieli. E il nome stesso di questo fantascientifico hub significa “Grande prosperità”, un segno inequivocabile di buon auspicio. Certo che è un indice chiarissimo dell’enorme volontà di crescita cinese. Quest’opera mette paura per la sua imponenza. Ma suscita un’ammirazione infinita per la forza propulsiva che ne ha consentito la costruzione. Che non è solo desiderio di supremazia commerciale. Ma capacità di fare. Fare bene. Fare in tempi veloci. Essere protagonisti -con il lavoro di tutti  della Storia futura del Paese. Piccola curiosità:gli operai addetti agli scavi si sono imbattuti i in un antico cimitero risalente alla dinastia Qing con oltre 200 tombe. Nell’area sono stati ritrovati braccialetti, ceramiche, ciotole e gioielli. Un richiamo al passato e ai fasti di un impero millenario che oggi vuole riprendersi il posto che gli spetta nella Storia.