Finanziamenti

Blocco cantieri. Ma i soldi ci sono.

Il CECE (Committee for European Construction Equipment) ritiene giustamente che l’industria delle costruzioni possa giocare un ruolo di primo piano nel programma “Next Generation” per il quale l’Unione europea ha stanziato parecchi miliardi di euro che ogni Stato membro può decidere di utilizzare in settori economici che premino sostenibilità e digitalizzazione.

Indubbiamente l’industria delle costruzioni necessita di investimenti: non solo per le imprese che hanno registrato perdite ingenti di fatturato a causa dell’impatto provocato dal Covid 19. Ma anche per la cosiddetta “green transition” che impone di raddoppiare le ristrutturazioni di edifici esistenti in un’ottica di sostenibilità ambientale, per il rinnovo di un parco macchine in molti casi pericolosamente obsoleto, per l’avvio di nuovi cantieri che amplino le infrastrutture e mettano in sicurezza quelle che non lo sono. Come si vede, il lavoro da fare è tantissimo.

Cantieri bloccati

Intanto i cantieri sono bloccati, come ha sottolineato Paolo Capone, SegretarioGenerale dell’UGL.

Paolo Capone

I dati forniti dall’Ance restituiscono l’immagine di un Paese paralizzato dalle inefficienze e dalle lungaggini burocratiche. Sono 749 i cantieri ancora bloccati, di cui almeno due terzi al Sud, per un valore stimato di oltre 60 miliardi di euro. L’elenco delle opere strategiche immediatamente cantierabili è ampio: dai trasporti, all’edilizia scolastica al piano per contrastare il dissesto idrogeologico. È quindi indispensabile mettere in campo politiche infrastrutturali che consentano di modernizzare l’Italia e al tempo stesso di creare occupazione, in particolare nel Mezzogiorno. Il rilancio auspicato dal Governo rimane purtroppo un lontano miraggio. Infatti, per il 2020 l’Istat prevede un calo del Pil pari al -8,3%.”

Una nota positiva comunque c’é: i cantieri della TAV (sia pure in ritardo) procedono e i finanziamenti europei sono confermati nonostante le lungaggini legate al lungo periodo di sospensione dello scorso anno. Delle 108 opere e atti che, secondo il cronoprogramma, avrebbero dovuto essere realizzate entro il 2019, ne sono state portate a termine solo 98. Senza il rispetto del cronoprogramma erano a rischio almeno 600 milioni di finanziamento. Una parte consistente dell’intero finanziamento europeo di 814 milioni di euro per la prima tranche dell’opera. Bruxelles ha deciso di chiudere un occhio.

Adesso i soldi ci sono (ma anche prima)

Molte, oltre alla burocrazia, le cause che stanno a monte del blocco dei cantieri. Tra esse cause tecniche per cui a volte le opere sono finite ma i collaudi dimostrano che non sono state realizzate a regola d’arte e non sono sicure. Ma bisogna aggiungere le nuove norme che intervengono nella gestazione della gara prima e dell’appalto poi; il fallimento dell’impresa; il mancato interesse del gestore (comuni, province, autorità di bacino etc) a concludere l’opera, le liti o l’incomunicabilità tra le amministrazioni.  E i soldi? Molti ritengono che il blocco dipenda dal fatto che non ci siano, ma non è così. L’Unione europea ha stanziato per il nostro Paese fondi che sono rimasti congelati e non utilizzati per incapacità di spesa. Che, insieme alla burocrazia, è secondo me la causa principale di questo blocco permanente che ferma cantieri, imprese, progetti.

A questo si aggiungano le colpe di un Governo  sempre indeciso tra il “fare ad ogni costo” o il “fare ma solo dopo attente verifiche” invece di badare solo al “fare” (visto che i soldi ci sono). Perché fare, subito, velocemente e bene è l’unico vero presupposto per un nuovo miracolo italiano. Non accampiamo scuse per favore. Adesso spetta solo a noi lavorare perché avvenga.