Terre rare

Terre rare: anche in Europa scoperto un tesoro

Ci vorranno almeno 10 o 15 anni per iniziare l’attività estrattiva nel più grande deposito conosciuto di terre rare a Kiruna, in Svezia, un sito della società mineraria Lkab di proprietà del Governo Svedese. Ma forse, se l’UE ci mette lo zampino, verosimilmente meno.

La scoperta è recente: Lkab ha trovato il maxi giacimento di terre rare vicino alla miniera di ferro di Kiruna, che è sotterranea a differenza di quella di gran parte dei concorrenti extra UE che sono invece a cielo aperto. Una struttura all’avanguardia che soddisfa l’80% della richiesta europea fornendo un materiale prodotto usando l’idrogeno, quindi con una tecnologia pulita.

La doppia transizione verde e digitale ha bisogno di terre rare, essenziali per la produzione di veicoli elettrici, turbine eoliche, smartphone….ma non solo. Una scoperta (e un’urgenza) che potrebbe spingere ad accelerare i tempi per consentire all’industria dell’UE di ridurre la propria dipendenza dalla Cina (a Baotou il principale giacimento), e in parte anche dalla Russia.

L’elettrificazione, l’autosufficienza europea e l’indipendenza da Cina e Russia inizieranno da questa miniera”. Ne è convinta Ebba Busch, vice premier e ministra dell’Industria ed Energia svedese.

Questa è una buona notizia, non solo per LKAB, la regione e il popolo svedese, ma anche per l’Europa e il clima“, le ha fatto eco Jan Moström, Presidente e CEO del gruppo, LKAB. “Questo è il più grande deposito conosciuto di elementi di terre rare nella nostra parte del mondo e potrebbe diventare un elemento fondamentale per la produzione delle materie prime cruciali per consentire la transizione verde. Ci troviamo di fronte a un problema di approvvigionamento. Senza questi prodotti non ci possono essere veicoli elettrici“.

Dal canto suo, la Commissione UE sta lavorando al Critical Raw Materials Act, una proposta di legge sulle materie prime critiche che dovrebbe aiutare a sviluppare catene di approvvigionamento sicure e sostenibili, visto che presto “il litio e le terre rare saranno più importanti del petrolio e del gas e la nostra domanda di terre rare da sola aumenterà di cinque volte entro il 2023“, come ha sottolineato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.

I magnifici 17

Le terre rare (dette anche REE o Rare Earth Elements) sono diventate nel giro di un secolo tra gli elementi più ricercati al mondo.

Ma che cosa sono? Si tratta di un gruppo di diciassette elementi chimici, più precisamente: cerio (Ce), disprosio (Dy), erbio (Er), europio (Eu), gadolinio (Gd), olmio (Ho), lantanio (La), lutezio (Lu), neodimio ( Nd), praseodimio (Pr), promezio (Pm), samario (Sm), scandio (Sc), terbio (Tb), tulio (Tm), itterbio (Yb) e ittrio (Y).

Ma oltre alle terre rare ci sono altri preziosi elementi che potrebbero svolgere un ruolo da protagonisti nell’hi tech. Uno di questi è il cosiddetto “oro nero”, lo scisto bituminoso, di cui è ricca l’Estonia, che lo estrae da oltre 100 anni  presso la miniera di North Kiviõli e che (unico Paese al mondo) l’ha trasformato in una risorsa energetica primaria.

Nel 2018, lo scisto bituminoso ha rappresentato il 72% della produzione energetica nazionale e ha fornito il 73% dell’energia primaria totale dell’Estonia. Circa 7300 persone (oltre l’1% della forza lavoro totale in Estonia) sono impiegate nell’industria dello scisto bituminoso.

Insomma, quanti di noi (io tra questi) hanno maledetto al liceo la tavola periodica degli elementi (la mitica tavola di Mendeleev) farebbero bene a rispolverare i libri di chimica. Perché molto probabilmente abbiamo un tesoro al piano terra (e soprattutto sotto) che potrebbe consentirci di avviarci verso una transizione energetica più efficace, veloce e autonoma. Ma non lo sappiamo.