Idrofrese

Profondo, molto profondo

Aereadi Cristiano Pinotti

Grazie all’impiego di una idrofresa Soilmec Tiger di nuova concezione, presso il sito di Gualdo di Roncofreddo, il Gruppo Trevi, ha acquisito la capacità di realizzare diaframmi fino a 250 metri di profondità.

L’ingegneria del sottosuolo fa un ulteriore passo avanti o, per meglio dire, raggiunge una profondità di tutto rispetto. E lo fa attraverso l’accoppiata vincente Trevi, divisione che opera nel settore dei servizi, Soilmec, società che da sempre progetta e produce macchinari per la perforazione, protagonista di una sperimentazione che ha fissato a 250 m la capacità di realizzare diaframmi. Un traguardo importante, che segna un nuovo limite per questa tecnologia e che ha visto il coinvolgimento di ben tre poli universitari. La sperimentazione è infatti stata sostenuta sul piano scientifico dal Politecnico di Torino (nel ruolo di coordinatore), dall’Università di Bologna (per il comparto geotecnico) e dall’Università Politecnica delle Marche (per la qualifica e i controlli materiali). Durante la sperimentazione sono stati eseguiti pannelli da 150 e 250 m di profondità con dimensioni 3,2×1,5 m. La deviazione dalla verticale misurata a fondo scavo (250 m) è stata di 30 cm sull’asse longitudinale (0,12%) e di 20 cm sull’asse trasversale (0,10%); la rotazione è stata sempre inferiore a 2°.

Le attrezzature di scavo

Fresa01Per questo progetto Soilmec ha sviluppato due attrezzature speciali, entrambe testate nel campo sperimentale, in grado di raggiungere rispettivamente la profondità di 150 m (SC-135) e 250 m (SC-200). Nello specifico la nuova idrofresa Tiger è derivata dalla gru Soilmec SC-200, la cui struttura è stata modificata per accogliere la centralina, così come sono stati modificati gli avvolgitori di grandi dimensioni necessari a contenere il tubo di aspirazione del materiale scavato e quelli idraulici di alimentazione del modulo fresa. Quest’ultimo, in particolare, è stato rettificato al fine di sostenere le enormi pressioni (circa 30 bar) cui sarebbe stato soggetto una volta giunto a fondo scavo. Per garantire la funzionalità e l’affidabilità del modulo, i progettisti sono ricorsi all’adozione di soluzioni in grado di mantenere la tenuta idraulica dei raccordi e l’adeguata protezione dei componenti elettrici e dei sensori. Un innovativo sistema di elaborazione dei dati, denominato DMS (acronimo di Drilling Mate System), ha provveduto a registrare, coordinare e gestire tutti i dati di funzionamento delle attrezzature. Il DMS ha inoltre fornito un contributo fondamentale per assicurare la perfetta riuscita della sperimentazione, perché ha permesso il monitoraggio dei principali parametri di scavo, consentendo il controllo e la correzione della verticalità in tempo reale.

A Gualdo è stato anche impiegato il nuovo sistema di trattamento dei fanghi di perforazione realizzato da Soilmec (SMT-500) che, tra l’altro, opera già con successo nei cantieri Trevi della metropolitana di Copenhagen. Durante la sperimentazione l’impianto ha messo in luce i suoi punti di forza tra i quali spicca la possibilità di scaricare direttamente su autocarro il solido che deve essere conferito in discarica e la capacità di separare e addensare in linea volumi anche rilevanti delle frazioni più fini presenti nel fango, quali le sabbie fini e i limi solitamente di difficile smaltimento.

E quelle per il getto di calcestruzzo

tuboGettoAnche per le fasi di getto del calcestruzzo si è reso necessario un lungo e approfondito studio condotto direttamente dal Servizio Tecnologico Trevi. I tecnici dell’impresa italiana hanno messo a punto una serie di attrezzature speciali e hanno elaborato una precisa procedura per realizzare la posa del calcestruzzo a 250 m con tubi getto di nuovo design. Le problematiche da affrontare non si sono limitate alle attrezzature, ma hanno coinvolto anche i materiali da utilizzare, in particolare i calcestruzzi per il getto. Con un volume teorico di 1.171 m3, il getto è stato diviso in due parti. Per la parte inferiore si è utilizzato un calcestruzzo plastico preconfezionato di alta qualità con legante speciale; per la sezione superiore è stato impiegato un calcestruzzo «convenzionale» miscelato in cantiere con fanghi di risulta dallo scavo precedentemente trattati dal citato impianto SMT-500.

I terreni

estrazioneCarotaL’area di prova è stata indagata con sondaggi a carotaggio continuo per l’intera profondità. Lo studio Enser e l’Università di Bologna hanno poi redatto un accurato studio geologico, geotecnico e idrogeologico. In estrema sintesi, al di sotto dei primi 6 m di terreni alluvionali è stata rilevata la presenza, fino a un profondità di 129 m, di un ammasso costituito da rocce tenere (argilliti con vene di gesso e materiale caotico). Dai 129 ai 250 m di profondità i sondaggi hanno evidenziato un ammasso costituito da rocce litoidi (marne e arenarie) con resistenze UCS da 10 a 60 Mpa. Inoltre, nei primi metri dello scavo e nelle vicinanze del fiume Savio, è stata rilevata la presenza di una falda sospesa, mentre le formazioni sottostanti sono state considerate praticamente impermeabili (k ≤10-6 cm/sec).

I controlli in fase di scavo e di getto

DMS MonitorCome accennato, la verticalità della discesa è stata costantemente verificata e corretta durante lo scavo elaborando i dati rilevati dagli strumenti (due inclinometri e un giroscopio) a bordo del modulo fresante. Gestiti dal DMS hanno visto una rappresentazione grafica sullo schermo dell’operatore come scostamenti e angoli rispetto ai dati teorici. A integrazione e verifica dei dati è stato utilizzato, fino a 100 m di profondità, il Koden ecosounder, inoltre tutti i dati sono stati confrontati con le misure topografiche della deviazione delle funi di sospensione del modulo fresante. Al fine di verificare i dispositivi di correzione, tra 85 e 115 m di profondità è stata deliberatamente provocata una deviazione di 75 cm rispetto all’asse longitudinale del pannello, scostamento che è poi stato recuperato nei 30 m successivi.

Per quanto concerne i controlli susseguenti il getto del calcestruzzo è stata condotta una perforazione a carotaggio continuo direzionata per l’intera lunghezza (250 m) utilizzando tecnologie brevettate TDDT (Trevi Directional Drilling Technology). La perforazione ha intersecato il lato lungo del pannello in due posizioni (a 80 e 190 m). La perforazione è stata successivamente cementata negli ultimi 100 m, ripresa e guidata in modo da intersecare in tre posizioni il lato corto: a 175,190 e 225 m. Per la verifica della qualità e omogeneità del calcestruzzo, la perforazione è stata analizzata con video ispezione (rilievo OPTV) e log sonico per rilevare velocità e modalità di propagazione delle onde elastiche. I campioni provenienti dal carotaggio sono stati testati dalla Università di Ancona.

Orizzonti applicativi sempre più ampi

Fresa02Il risultato raggiunto, oltre a dare conferma della sinergia fra le varie divisioni del Gruppo, ha aperto nuove possibilità per la partecipazione alle più complesse commesse internazionali. In particolare la nuova tecnologia messa a punto dal Gruppo Trevi permetterà ai progettisti di affrontare e risolvere problematiche geotecniche legate alle infrastrutture sotterranee e alle opere idrauliche in cui sia necessaria la realizzazione di diaframmi di impermeabilizzazione profondi. Tra i settori che potrebbero essere più interessati: le dighe, le opere di contenimento idraulico di siti contaminati; le infrastrutture di sostegno per pozzi, stazioni sotterranee, spinte di versante.

La collaborazione con le Università

BoxIl rapporto tra Trevi e i poli universitari è sostanzialmente incentrato su due filoni: la collaborazione nella didattica e la collaborazione nelle attività di Ricerca e Sviluppo. Per quanto concerne la didattica il Gruppo Trevi dispone di una struttura (FTA, Foundation Technology Accademy) finalizzata a formare tecnici del settore che si rapporta con le Università. Per quanto riguarda l’attività di R&S questa si sviluppa principalmente tramite la conoscenza diretta dei tecnici Trevi con vari Professori universitari maturata attraverso pregresse esperienze studentesche e lavorative, o durante la partecipazione a convegni e seminari. «La collaborazione – ci spiega l’Ing. Daniele Vanni, Design Research & Development Centre Director – si sviluppa attraverso molteplici modalità. Tra queste: l’affidamento alle università di particolari attività dirette di R&S con limitato coinvolgimento Trevi, la partecipazione congiunta ad attività R&S svolte da Trevi, la supervisione o la semplice certificazione da parte delle Università di attività di R&S svolte da Trevi, l’esecuzione di prove di laboratorio specialistiche non eseguibili dai laboratori privati, la partecipazione di tecnici Trevi all’attività didattica delle Università, la partecipazione di docenti universitari alle nostre iniziative tecnico-commerciali, infine partecipazioni congiunte ad attività di ricerca finanziate a livello regionale, nazionale o europeo, come per esempio il programma UE Horizon 2020». Evidenti i vantaggi che ne ricava il Gruppo Trevi e che possono essere sintetizzati nel mantenimento di un alto standard tecnico scientifico; nella possibilità di svolgere attività R&S e di adire a laboratori di ricerca con professionalità non presenti all’interno; nelle agevolazioni fiscali (DL 70 /2011, DL 23/12/2013 Destinazione Italia) che però, purtroppo, spesso risultano confuse, poco chiare e non continuative. A queste si aggiungono particolari referenze e certificazioni sui prodotti, la ricerca di personale qualificato e la diffusione del proprio «brand» in un ambito qualificato. Ma i benefit sono evidenti anche in campo accademico attraverso l’opportunità di mantenere un rapporto operativo e di coinvolgimento con il mondo produttivo; la possibilità di rendere la didattica meno teorica, di mantenere laboratori specialistici e di offrire una concreta opportunità agli studenti.  

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