La forma è la sostanza?

LogoFino agli anni ’30 del secolo scorso la progettazione  dei prodotti della tecnica (macchine, mezzi di trasporto…) era in mano esclusiva di ingegneri, periti industriali, “inventori” che ignoravano totalmente la nozione di design. I progettisti, insomma, mancavano di quella cultura consapevole dei valori della forma, di quell’attenzione al modo d’uso (e alle leggi ergonomiche) che più tardi caratterizzeranno il design industriale.

Bisogna arrivare al secondo dopoguerra per assistere all’incontro tra il tecnico (per lo più ingegnere) e l’operaio specializzato dell’officina meccanica, in un clima di inventiva comune. E da qui nascerà una nuova tipologia di macchina

aperturaI mitici Pininfarina e Corradino d’Ascanio (progettista per Piaggio della Vespa, di cui quest’anno ricorre il settantesimo anniversario), con le loro carrozzerie rivoluzionarie sono un esempio del nuovo corso della progettazione industriale.

VespaDa allora la ricerca di una “forma dell’utile” ha subito una continua evoluzione, percorrendo trasversalmente molti comparti, tra cui il movimento terra in cui il design rappresenta una delle variabili decisive per la valorizzazione della produzione. Esso infatti può svolgere un ruolo importante nelle fasi di ingegnerizzazione del prodotto, nell’enfatizzazione visiva del contenuto tecnologico della macchina, negli aspetti riguardanti l’ergonomia, l’abitabilità e la funzionalità.

centroE non è un caso che siano state istituite giurie apposite per premiare il design migliore e che la categoria design sia stata inserita tra quelle meritevoli di riconoscimenti nell’ambito delle più prestigiose fiere di settore.

testoA questo punto è lecita una domanda:  ai fini dell’operatività pura della macchina la ricerca estetica ha una reale funzione o l’eccessiva attenzione al particolare espressivo non è piuttosto fine a se stessa? Con l’effetto collaterale (magari) di far lievitare i costi della macchina sia per il costruttore che per l’utente finale….?

La risposta va cercata nell’evoluzione delle macchine movimento terra, non più cenerentole ma ormai berline superaccessoriate. Un upgrading imputabile non tanto a velleità progettuali estetizzanti quanto a motivazioni di reale carattere funzionale.

Come a dire: la forma è la sostanza.

2 Commenti

  1. Buonasera Sig.ra Grancini.. ovviamente aggiungo anche il mio “in bocca al lupo”.. per lil Suo ulteriore impegno editoriale, che immagino sarà assolutamente all’altezza dei “25”……. lettori che la seguono appassionatamente e di cui mi onora farne parte.
    Mi spiace però, non essere d’accordo con Lei sul fatto che la.. forma “è” sostanza.
    E’ possibile… forse, ma non certa!
    Sono assolutamente convinto invece che per le Aziende Costruttrici è spesso un mezzo per mantenere, se non di aumentare la loro marginalità… a scapito di “fantomatiche” novità inesistenti… e dei clienti, concessionari compresi.
    Per essere ancora più chiaro, costa meno una “bella e nuova maschera” spacciata per chissà cosa.. che un prodotto veramente nuovo e tecnologicamente innovativo.
    Difficilissimo peraltro da… inventare!
    Alla prossima.

    Cordiali saluti.

    Vittorio Tavanti

    • Caro Tavanti, i Blog sono proprio fatti per questo! Perché chi non la pensa come l’Autore possa esprimere le sue opinioni che hanno ovviamente pari dignità e sono comunque meritevoli di essere ascoltate. Credo siano molti quelli che la pensano che lei e in effetti talvolta alcuni restyling…estetizzanti possono essere un escamotage per nascondere, sotto il maquillage, il vuoto pneumatico dell’inventiva progettuale. Io non ho fatto nomi, ma ho pubblicato alcune foto che fanno riferimento a costruttori che, a mio avviso, si distinguono per l’assoluta ricchezza tecnologica dei contenuti. E quindi, almeno nel loro caso, mi sento di affermare che la forma sia la sostanza.
      Speriamo al Bauma di raccogliere altri spunti utili a confermare, per una platea di costruttori più allargata, questo parere!

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