Formazione professionale

Istituti tecnici: una fucina preziosa

Formalmente  gli istituti tecnici vennero istituiti e disciplinati con il regio decreto n.1054 del 6 maggio 1923. Ma in precedenza il primo istituto tecnico di cui si ha notizia storica certa è l’istituto tecnico industriale statale G. e M. Montani di  Fermo, fondato nel 1854. Seguiva poi il sito industriale di Terni, in cui nel 1860 veniva fondato il regio istituto tecnico industriale. La prima sperimentazione di istituto tecnico commerciale insieme alla sperimentazione di istituto informatico nacque nell’ istituto tecnico commerciale Vincenzo Arangio Ruiz di Roma, fondato nel 1973.

Dopodiché gli istituti tecnici si sono avviati a un rapido declino, bypassati dai ben più blasonati licei (classici o scientifici) che, nei desiderata di molte famiglie, avrebbero garantito un accesso agevolato a futuri percorsi accademici, una cultura interdisciplinare più completa e sfaccettata e, soprattutto, maggiori possibilità di successo economico.

Ora la Cenerentola si prende una meritata rivincita, dopo che gli istituti tecnici sono stati definiti da Mario Draghi “pilastro dell’istruzione”:  “In Francia e in Germania, ad esempio, questi istituti sono un pilastro importante del sistema educativo – ha affermato il PdC  nel suo discorso in Senato – È stato stimato in circa 3 milioni, nel quinquennio 2019-23, il fabbisogno di diplomati di istituti tecnici nell’area digitale e ambientale”.

Insomma sembrano finiti gli anni di licealizzazione dell’istruzione superiore di secondo grado, quando anche la vecchia Ragioneria si trasformò in Liceo economico, le Magistrali in Liceo delle Scienze umane, l’indirizzo Tecnologico passò dai tecnici ai licei.

Torna la scuola dei mestieri

Finalmente” ha affermato Salvatore Grillo alla guida degli istituti Aldini-Valeriani a Bologna, una delle scuole tecniche più antiche in Europa, fondate da un fisico e da un economista a metà ‘800. Dove, secondo il binomio tedesco di alternanza scuola-lavoro Ducati e Lamborghini hanno avviato una” scuola dei mestieri” consente ai ragazzi di svolgere gli ultimi due anni di studio parte in fabbrica e parte nelle aule.

La formazione professionale è un’esigenza sentita da tutte le aziende, anche nel settore delle costruzioni: tutti lamentano la carenza di manodopera specializzata, di meccanici, di periti elettronici, di gente disposta a lavorare in officina e non solo nell’ovattata atmosfera di uno studio d’ingegneria o di architettura.

Purtroppo la situazione non è incoraggiante: ogni anno si registra un calo progressivo nelle iscrizioni ai tecnici (scelti quest’anno dal 30,3% dei ragazzi di terza media contro il 30,8% del 2019-20) e soprattutto ai professionali (scelti dall’11,9% con un calo dell’1% rispetto al 2019-2020), quelli più in crisi e dove la riforma partita tre anni fa non è ancora arrivata a compimento.

Edoardo Soverini, neo-preside di un istituto tecnico e professionale, ha affermato: “Le nostre scuole tecniche e professionali devono tornare a diventare dei punti di riferimento: 20-30 anni fa le imprese venivano nei nostri istituti perché avevamo attrezzature all’avanguardia. Ora questo va ricostruito, laddove necessario, le energie ci sono e non mancano realtà eccellenti in Italia. Siamo noi che dobbiamo essere all’altezza affinché la scuola non sia vissuta come terra di conquista dove entri e fai quello che serve al mondo della produzione. Ci vogliono investimenti, ma anche un cambio di passo culturale. Occorre uscire dal taglio gentiliano che privilegia solo i licei, e ridare alla cultura tecnica dignità e prestigio”.

L’arte del fare

Istruzione  tecnica tra sapere, saper fare  e cultura d’impresa, insomma. Perché forse proprio quello che è mancato da qualche decennio a questa parte, è stato l’approccio pragmatico al mondo della scuola e del lavoro e il ridimensionamento dell’homo faber a favore dell’homo sapiens.  Dimenticando che si può essere sapiens e faber allo stesso tempo. Un po’ lo spirito del  Bauhaus nato nel contesto della Repubblica di Weimar  e attivo dal 1919 al 1933.  Che nel nome, non a caso  richiama la parola medievale Bauhütte, che in italiano significa la loggia dei muratori. E che prevedeva una serie di laboratori che coniugavano tecnologia e cultura. Un ritorno al passato che diventa nuova opportunità per il futuro.