Miscelazione

Dry e non Wet: l’anomalia italiana del calcestruzzo

L’Italia è l’unico Paese in Europa in cui la miscelazione del calcestruzzo è “dry”, cioè letteralmente secca: avviene all’interno del tamburo dell’autobetoniera che, da mezzo di trasporto come è considerata negli altri Paesi, fa le veci di un mixer. Ma, non essendo nata per miscelare bensì per trasportare, ovviamente non può garantire la qualità del materiale.

La conferenza stampa organizzata oggi da Unacea nasce quindi con questo intento: sensibilizzare le imprese e orientarle verso l’uso del mescolatore nel settore del ready mix.

Come è stato fatto notare da uno dei relatori, Paolo Salvadori, AD di Imer e consigliere di Unacea, acqua, cemento, aggregati e additivi sono gli ingredienti sia del calcestruzzo “buono” che di quello “cattivo”. Quello che fa la differenza è il modo in cui vengono miscelati.

Una mappa di aziende virtuose

Nel corso della conferenza stampa è stata presentata l’Italian Mixer Map che raggruppa tutti i produttori italiani di calcestruzzo preconfezionato, che quindi hanno abbandonato i vecchi sistemi di miscelazione e anno investito in tecnologia e innovazione. La mappa è scaricabile dal sito di Unacea e, pur non rappresentando ancora tutto l’universo delle imprese italiane che credono in un calcestruzzo di qualità, dà un’indicazione ben recisa della loro collocazione sul territorio. A corollario della presentazione, i rappresentanti di alcune aziende che hanno fatto del mixer il proprio cavallo di battaglia, da Alessandro Hopkins di Cifa e Fabio Carollo di Euromecc, ad Alfonso Sciandra di Imer.

Wet è meglio

La slide evidenzia molto bene il concetto. Mentre nel processo “dry” l’autobetoniera fa tutto da sola, in quello “wet” abbiamo la presenza  fondamentale del mescolatore, che ottimizza il procedimento di omogeneizzazione del materiale e lo rende lavorabile, idratato, impermeabile.

Ma i vantaggi non finiscono qui. Oltre a garantire la sicurezza e la durata delle opere infrastrutturali in cui il calcestruzzo è utilizzato, il procedimento “wet” consente la ripetitività delle ricette, è sostenibile ambientalmente e permette di risparmiare in termini di tempo e denaro.

Un problema culturale

Come è stato fatto notare più volte,c’è la necessità di un cambio di passo nell’approccio che le imprese hanno nei confronti del calcestruzzo e della sua qualità; un cambiamento che sarà reso possibile anche dalla transizione digitale che stiamo vivendo e che ristabilirà i compiti di ciascuna macchina coinvolta nel processo di miscelazione del calcestruzzo. La betoniera (che vedrà una nuova veste,anche grazie a software dedicati che agevoleranno il dialogo con l’operatore) tornerà a svolgere il compito per cui è stata progettata: trasportare. E il miscelatore, nuovo protagonista e artefice irrinunciabile del calcestruzzo di qualità finalmente potrà omogeneizzare un materiale che sarà sempre performante, durevole, sicuro.