Propulsioni alternative

Cos’è la transizione energetica?

Tutti ne parlano, ma sappiamo veramente cosa sia?

Molto schematicamente, diciamo che si tratta del passaggio dall’utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili  a fonti rinnovabili e si inserisce nel percorso verso economie sostenibili che abbiano come obiettivo il risparmio energetico e la tutela dell’ambiente.

Secondo uno studio condotto  dall’economista Benjamin Sovacool, della danese Aarhus University e dell’Università del Sussex, la dipendenza mondiale dai combustibili fossili potrebbe essere superata in appena un decennio: il passaggio può consistere nella sostituzione degli impianti produttivi (oppure nella loro conversione o ripotenziamento) e nella produzione di macchine (per esempio da costruzione e trasporto, caso che ci interessa) che utilizzino sistemi a risparmio energetico ed ecocompatibili.

Di per sé il concetto di transizione energetica non è nuovo e ne abbiamo alcuni esempi: l’affermazione delle automobili tra il XIX e il XX secolo, la sostituzione del carbine con i petrolio nel XX secolo o il programma nucleare francese. Oppure, in tempi più recenti, la sostituzione del gasolio con il GPL in Indonesia, quella del carbone con il gas in Olanda o l’uso di biocombustibili per le auto in Brasile.

Nel mondo delle macchine da costruzione è un tema di cui sentiamo parlare da decenni e verso il quale si sono levate da più parti perplessità e diffidenze: si tratterebbe per molti di mero esercizio tecnologico, svincolato dalla dura realtà di cantiere che richiede un più pragmatico approccio.

Eppure la propulsione ibrida sulle macchine da cantiere oggi è una realtà, declinata magari con diverse ricette – il che tuttora genera ancora un po’ di confusione sul significato del termine – ma comunque un fatto concreto.

A testimoniarlo non sono solamente le lineup dei maggiori costruttori, oggi tutte arricchite da almeno un modello marchiato Hybrid, ma anche il fatto che queste tecnologie iniziano a fare la loro comparsa non solamente su macchine come i grandi dumper da cava (dove hanno fatto i loro primi concreti esordi) ma anche su macchine operatrici come gli escavatori di  taglia importante e, non ultimo, anche nell’ambito del sollevamento, in particolare nel segmento dei telescopici. Che si tratti di sistemi a recupero idraulico o ad accumulatori elettrici, insomma, sembra che l’ibrido sia davvero qui per restare, magari focalizzato soprattutto su alcune tipologie di macchine e per specifiche applicazioni e cicli di lavoro più coniugabili in maniera efficace con questa tecnologia, ma rimanendo comunque un fronte di sviluppo ineludibile e di sicuro interesse. Ci sono anche i costruttori che hanno scelto di percorrere la strada dell’alimentazione integralmente elettrica: parliamo anche in questo caso, almeno per il momento, di soluzioni focalizzate su specifiche tipologie di macchine (per esempio di piccola taglia, miniescavatori, minipale e minidumper cingolati), ma la strada è aperta. E quel che è più importante, sembra destinata ad ampliarsi.

Intanto al Samoter Komatsu presenta il primo escavatore al mondo con una tecnologia ibrida che promette un abbattimento dei consumi dal 30 al 40% e Iveco a Transpotec promuoverà la sua tecnologia Natural Power  (gas naturale) che tanto utopistica non deve essere se un cliente come il Gruppo Lannutti ha inserito nella sua flotta ben 600 veicoli alimentati con gas naturale. E se un altro utilizzatore eccellente, la LC3 ha scelto veicoli Iveco  a gas naturale (nella foto sopra) per i trasporti a lunga percorrenza. Vorrà forse dire che si risparmia davvero?