Parlo spesso, da questa piccola posizione privilegiata, di sicurezza in cantiere e del rispetto delle norme quando si ricondizionano macchine movimento terra che hanno “fatto il loro tempo”.
Giusto tre giorni fa ho messo in risalto la forte presenza di macchine vetuste che in Italia sono ancora usate quotidianamente per impieghi, spesso e volentieri, non conformi a norme e caratteristiche dei mezzi stessi.
Eppure l’escavatore che usava Luca era un mezzo nuovo, bello e di cui essere orgogliosi. E lui era nato in una famiglia in cui terra, ghiaia, scavi e macchine erano il pane quotidiano. In tutti i sensi.
Luca Pellegrini aveva 23 anni ed è morto a Beverino (SP) lavorando su quell’escavatore che, probabilmente, era anche un forte pezzo della sua personalità. Lui nativo di Riccò del Golfo e abituato a operare in zone difficili, scoscese e dal terreno scorbutico.
Ventitré anni sono pochi per morire.
Non siamo qui per speculare sulla morte di Luca ma solo per ricordare che ci sono tanti giovani come lui, e forse meno di quanto ci auguriamo, vista la forte crisi del settore, che tutti i giorni salgono su quelle macchine e lavorano con voglia, tenacia e capacità operando spesso in situazioni di oggettivo pericolo che un Piano di Sicurezza e Coordinamento ha messo in evidenza “perché la legge lo prevede” ma che inesorabilmente evidenzia come il pericolo ci sia comunque e possa capitare.
Ben anche applicando comportamenti adatti, che il Piano Operativo di Sicurezza deve evidenziare, questi pericoli rimangono e nel momento in cui si manifestano occorre essere pronti.
Da testimonianze dirette e da una ricostruzione dei fatti, sembra che il terreno sia franato sotto il cingolo sinistro, che Luca abbia cercato di salvarsi buttandosi fuori dall’escavatore e che il braccio di questi lo abbia schiacciato.
Si fa tanto parlare, allora, di cabine ROPS (Roll Over Protection System) e di uso delle cinture. Si fa tanto parlare di Corsi per la Sicurezza delle macchine movimento terra. Ma nel momento in cui il pericolo si manifesta concretamente, quanti hanno la freddezza di non farsi prendere dal panico? Anche i migliori operatori…come è stato descritto Luca.
Quando si chiamava ancora Volvo BM e io avevo sì e no dodici o tredici anni, il costruttore svedese inseriva nei depliant delle sue pale gommate la sequenza fotografica di una pala, con all’interno un manichino assicurato con le cinture di sicurezza, fatta rotolare per un pendio di circa un centinaio di metri.
Una sequenza impressionante che, alla fine, restituiva la pala parecchio malconcia ma con il manichino ancora integro. Un operatore vero, in quel caso, sarebbe sicuramente uscito malandato, sballottato e giustamente terrorizzato ma…sicuramente ancora vivo. E allora di ROPS erano veramente in pochi a parlarne.
Come mai, allora, nei corsi di guida per macchine movimento terra questi aspetti di emergenza non vengono messi abbastanza in risalto?
Come mai non si simulano dei ribaltamenti per fare capire concretamente agli operatori che, con un mezzo nuovo e a norma come l’escavatore che stava usando Luca Pellegrini, se si usano le cinture di sicurezza e si rimane in cabina in caso di ribaltamento, si porta a casa la pelle?
La Regione Piemonte, da qualche anno ormai, regala ai giovani neo patentati, un corso di guida sicura che viene svolto in una apposita struttura che si trova in Val di Susa e in cui sono simulate tutte le condizioni di pericolo che si possono verificare durante la guida di una automobile: sbandate improvvise, acquaplaning, perdita di aderenza, ostacoli imprevisti e improvvisi, ribaltamento del mezzo. E in ogni condizione viene concretamente spiegato e fatto eseguire fino, a che non sia un meccanismo acquisito, il comportamento idoneo.
Magari non tutti diventeranno degli assi alla guida ma quanto meno nasce la consapevolezza del pericolo e della necessità di saperlo affrontare con calma e sangue freddo.
La morte di Luca, purtroppo, non è la prima e non sarà l’ultima. Ma proprio per questo occorre che la cultura della sicurezza entri nella nostra mentalità e i corsi obbligatori sono oggi l’unica strada possibile.
Da molti, dagli stessi insegnanti, sono spesso visti come una Forca Caudina sotto cui passare e in cui gli stessi operatori sono insofferenti perché sembra che un teorico “voglia insegnare loro un mestiere di cui sa poco o nulla”.
In realtà sono l’unica occasione seria per spiegare, anche con l’ausilio di video realizzati ad hoc (e Volvo ancora una volta è stata una delle aziende che ha precorso i tempi), i veri pericoli di un lavoro splendido e appassionante. Accompagnando i video con esercitazioni pratiche che siano dure e difficili e in cui si insegni, prima di tutto, a vincere il panico e il pregiudizio che sono, prima ancora degli escavatori, delle condizioni difficili di lavoro e dell’imperizia, la vera causa degli incidenti mortali.
Più di una volta ho spiegato la validità delle cinture di sicurezza associate a una struttura ROPS e più di una volta mi è stato risposto, da esperti e navigati operatori, che con la cintura “si sentivano in gabbia”.
Una esercitazione pratica ben fatta, associata a un filmato efficace e ben realizzato avrebbero fatto capire che quella “gabbia” costruita attorno a loro era lì apposta per salvare delle vite e che rimanerci dentro era solo e soltanto una “semplice” questione di vita o di morte.