Venire in contatto in pochi mesi con moltissimi operatori, riuscire a parlare con loro, scambiare opinioni sul modo di lavorare e sul tipo di macchine e attrezzature che quotidianamente utilizzano è una attività stimolante e interessante.
I corsi di formazione sono un punto di osservazione privilegiato che permette di parlare in modo costruttivo delle abitudini operative delle aziende e sul livello medio di dotazioni tecnologiche di cui sono dotate.
Si tratta di un quadro reale delle imprese italiane che consente – al di là dei picchi di eccellenza con cui di solito veniamo in contatto noi giornalisti – di tracciare un ritratto attendibile di quanto succede sul territorio.
A fronte di alcune imprese che puntano tutto sulla tecnologia e sull’innovazione ve ne sono infatti molte di più che rimangono ancorate a modalità di lavoro superate, insicure e produttivamente limitate.
Il quadro che ne emerge – anche se la mia personale ricerca non ha il valore scientifico che sarebbe richiesto ad attività simili – è alquanto preoccupante.
Intrecciando i dati empirici che mi arrivano dagli operatori che incontro settimanalmente con quanto mi riferiscono i product manager dei vari costruttori, si ha un quadro di confronto abbastanza esauriente che fotografa la situazione nazionale di una specifica categoria produttiva.
L’innovazione tecnologica viene generalmente vista non come un investimento ma come un costo.
Il messaggio fondamentale che è stato generalmente recepito al di là delle Alpi qui non trova patria: la tecnologia serve per ridurre i costi di produzione grazie a un sostanziale accorciamento del tempo di esecuzione delle opere.
Il “fattore tempo” è il reale costo gravoso per le aziende che operano nei paesi più evoluti. Questo a causa di uno stato sociale spesso molto pesante che grava sul costo del lavoro e che deve far pensare nuovi metodi gestionali in azienda.
Se in paesi come Svezia, Norvegia e Finlandia ci sono attrezzature come il “tilt-rotator” che sono installate su tutti gli escavatori (e sottolineo tutti) si capisce immediatamente come il valore della professionalità dell’operatore sia messo in grande rilievo perché si ha la consapevolezza del suo costo per l’azienda.
Il tempo è denaro. Una massima che da noi sembra costantemente ignorata e che vede – infatti – una produttività media bassissima del nostro sistema lavorativo.
Le cause sono molte e non sono soltanto attribuibili alle imprese.
Per contro – però – laddove ci sono investimenti in nuove tecnologie e operatori con una formazione di alto livello i risultati sono evidenti e tangibili.
Se da un lato abbiamo i paesi del nord Europa in cui le macchine movimento terra hanno allestimenti che si collocano al top del mercato mondiale, dall’altra abbiamo la grande maggioranza delle nostre imprese che non sa quasi cosa sia un attacco rapido per un escavatore idraulico.
Nonostante il costo del lavoro sia fra i più elevati del mondo, non si riesce a fare quel salto mentale che valorizza la risorsa umana come sarebbe giusto fare in una situazione economica e sociale come quella italiana.
Anche il movimento terra italiano – e non poteva essere diversamente – fotografa una generalizzata situazione di arretratezza che – nei fatti – certifica una evidente e spiccata vocazione per il passato.
Ma non quello storico – che potrebbe infine essere una risorsa – ma quello mentale, che guarda indietro e dimentica che il progresso e il miglioramento sono davanti a noi. Solo davanti a noi.