Siamo proprio sicuri?

Sicurezza e impatto ambientale.

Sono i due temi fondamentali su cui ci scontriamo tutti i giorni e che oggi lambiccano il cervello sia dei costruttori che degli addetti ai lavori.

I tragici episodi degli ultimi giorni hanno messo in rilievo che, anche se le macchine sono al top del mercato per tecnologie e livelli di sicurezza, gli incidenti mortali capitano ugualmente.

Il fattore umano, con tutti i suoi pro e i suoi contro, è ancora oggi al centro del problema e la formazione continua degli operatori deve essere maggiormente curata e portata verso livelli di professionalità da cui non si può prescindere.

Sia per la sicurezza in se’, sia per elevare lo status degli operatori stessi, oggi quanto mai variegato, verso una considerazione anche sociale che sia adeguata al livello di preparazione che questo lavoro richiede.

Nella mia vita trascorsa dall’infanzia a oggi in mezzo agli addetti ai lavori ho avuto modo di incontrare dei veri e propri “lord” attenti, preparati e in continua evoluzione professionale fino a “personaggi” che erano capitati nei cantieri quasi per caso e rappresentavano un pericolo per se’ e per gli altri.

Da tutti i punti di vista.

Sarebbe ora che si cominciasse a capire che l’operatore di macchine movimento terra è una vera professione che richiede una preparazione meticolosa e approfondita, che le macchine che usa sono prima di tutto degli strumenti estremamente pericolosi e in grado di causare gravi danni.

Non basta saper usare un escavatore o una pala per essere degli operatori. Ci vuole ben altro.

E così come sono nate scuole professionali per sfornare tornitori, meccanici ed elettricisti, così dovrebbero esserci delle scuole che preparano operatori di macchine movimento terra.

Non solo saper usare bene tutte le macchine presenti oggi nel panorama del mercato, ma anche avere cognizioni minime di costruzioni di edifici, di geologia, di idraulica, di meccanicatronica.

Quel tanto che basta per saper affrontare situazioni impreviste e far fronte a piccole emergenze in attesa che arrivi il servizio di assistenza.

O saper valutare in modo critico un terreno prima di avventurarsi con una macchina evitando di trovarsi in situazioni spiacevoli.

O saper affrontare le sequenze operative corrette di uno scavo in modo da ottimizzare i tempi, i consumi e aumentare le produzioni.

Si tratta di formare dei giovani a una professione in modo attento e organico, facendo capire loro che l’operatore non è un lavoro di ripiego ma un mestiere che richiede passione, sopportazione dei disagi, professionalità e preparazione tecnica.

L’obbligo di frequenza dei corsi di formazione, così come prevede la normativa attuale, non è risolutivo dei problemi della categoria.

Il numero di ore obbligatorie non è assolutamente sufficiente a preparare un giovane in modo consapevole a uno svolgimento consapevole della professione.

I contenuti obbligatori previsti dalla normativa non sono adeguati a preparare alle emergenze reali gli operatori più navigati e con esperienze di lungo corso.

Ne è una chiara dimostrazione l’incidente accaduto la scorsa settimana in cui un escavatore sicuro e dotato di tutti i più moderni sistemi di sicurezza – non usati per loro potenzialità – ha comunque causato la morte di un operatore sicuramente giovane ma con anni di esperienza sulle spalle.

Come mettersi alla guida di un’auto da corsa in pista senza allacciarsi le cinture a cinque punti: l’incidente può capitare anche al più esperto pilota ma un conto è uscirne con qualche ammaccatura, un conto è lasciarci la pelle per aver annullato l’effetto positivo delle gabbie di protezione dell’abitacolo.

Siamo proprio sicuri che quanto oggi prevede la normativa sia veramente a vantaggio di chi lavora…o sia il solito modo per qualcuno di lavarsi le mani sulla reale formazione – soprattutto dei più giovani – e per qualcun altro una mera occasione di business?