Quell’asse Tokyo-Berlino

Non sono qui per parlare di un periodo nefasto che ha visto l’Italia coinvolta in modo negativo.

Sono qui per ricordare un’azienda, il cui nome è ancora oggi presente sul mercato mondiale della meccanica pesante, che ha scritto non solo pagine gloriose della metallurgia e della meccanica tedesche, ma si è distinta nel mondo per le sue grandi macchine.

Si tratta di quella DEutsche MAschinenfabrik in DuisburG meglio conosciuta con l’acronimo di DEMAG.

Presente ancora oggi nel panorama mondiale con le sue gru cingolate, le sue autogru e i carroponti ad elevata capacità, la Demag rimane nel cuore degli appassionati del movimento terra per i suoi escavatori cingolati, da sempre sinonimo di lavoro in ambienti estremi e di produzioni orarie importanti.

Il primo nucleo aziendale  nasce 1819 con il nome di Mechanische Werkstätten Harkort & Co. a Wetter an der Ruhr, nel cuore del sistema siderurgico tedesco.

Nel 1906 nasce a Dusseldorf, con il nome di Maschinenfabrik Ernst Halbach AG, il nucleo di quella meglio conosciuta nel seguito come Gottwald che si distingue fin da subito per essere la più grande azienda di costruzione di gru della Germania occupando 300 dipendenti.

Le due aziende iniziano a operare insieme

Il nome Demag arriva nel 1910 e rimane fino al 1988, anno in cui diventa Mannesmann Demag a segnare ulteriormente la sua propensione verso la metallurgia e la carpenteria pesante.

Ma gli escavatori idraulici arrivano già dal 1954 e sviluppano fin da subito una propensione verso i grandi modelli per il lavoro nelle cave e nelle miniere a cielo aperto della Ruhr.

Linee squadrate, bracci massicci, cabine con il vetro anteriore verticale, carri alti e corti…e il caratteristico colore giallo-arancio che si faceva notare da lontano sui bracci alzati nei piazzali del Bauma….quando il Bauma veniva ancora organizzato negli spazi urbani dell’ Oktoberfest…

Tutti in fila…da un lato gli escavatori, dall’altra le gru…una sorta di presentat-arm che teneva i visitatori con il naso all’insù e faceva capire quali erano le aziende che contavano.

Una gamma che nel tempo ha visto modelli sia cingolati che gommati con pesi operativi che andavano dalle 11 tonnellate del B504 – primo modello del 1954 – fino alle 750 tonnellate dell’H740 OS.

Non sono ovviamente mancati i modelli gommati come l’H23 del 1977. Una macchina nata per soddisfare l’esigente mercato tedesco e che si presentava al grande pubblico con una struttura da escavatore cingolato e un peso operativo di ben 22 tonnellate.

A cavallo fra gli anni ’80 e ’90 Demag commercializzò anche alcuni modelli Benati di fascia medio-alta con le sigle H30, H35 e H45…con la inconfondibile livrea giallo/arancio con marchio celeste sulla tipica linea degli escavatori di Imola.

Un connubio che dimostrava da un lato la validità del prodotto italiano e dall’altro la chiara propensione progettuale di Demag verso i maxi escavatori su cui concentrava i propri sforzi.

Nonostante l’elevato livello tecnologico e produttivo raggiunto, la crisi post-unitaria colpisce forte anche Demag che, per risollevarsi, alla fine del secolo scorso si smembra e cede i vari rami aziendali a Siemens, Bosch, Vodafone, Sumitomo (macchine per materie plastiche), Terex (con cui oggi sono marchiate le gru cingolate e le autogru) e Komatsu.

Proprio il colosso giapponese, storico numero due mondiale del movimento terra, si interessa alla produzione e allo stabilimento Demag di Dusseldorf al fine di perfezionare con l’acquisto di marchio, progetti e tecnologia, la joint-venture Komatsu-Demag siglata nel 1996. Nasce così Komatsu Mining Germany GmBH che, ancora oggi, continua lo sviluppo della gamma mining sulla base degli ultimi modelli Demag degli anni ’90.

Una necessaria integrazione di gamma che ha consentito a Komatsu di consolidare la propria quota di mercato in un settore in forte espansione e con investimenti programmati e importanti da parte dei clienti.

I grandi escavatori idraulici Demag sono andati a completare la gamma storica di Komatsu, costruita in Giappone, che già prevedeva i grandi dozer, le grandi pale gommate e i dumper rigidi e articolati.

Un asse nippo-teutonico che vede partire dagli stabilimenti tedeschi e giapponesi, verso tutto il mondo, le grandi macchine del costruttore del “piccolo abete verde”.

A coronamento di una alleanza pacifica che ha valorizzato tradizioni e competenze dislocate a migliaia di chilometri di distanza.