Le fiere di settore sono uno dei miei argomenti preferiti.
E non nascondo di essere stato più volte polemico con gli organizzatori nostrani che, in più di un caso, non si sono dimostrati all’altezza di eventi dalle grandi potenzialità.
Se è vero che da un lato occorre sempre avere un utile per riuscire a crescere e quindi investire nel futuro di queste manifestazioni, dall’altro è importante avere una visione che vada un po’ al di là della semplice ricerca del profitto massimo e immediato.
Cosa che gli italiani, probabilmente per loro indole, non si sono troppo sforzati di fare.
E infatti conosciamo molto bene il percorso in lenta e inesorabile discesa che molti importanti eventi hanno percorso nel tempo.
Con nobili decaduti che oggi risulta veramente molto difficile riuscire a rimettere in sesto. Una vocazione all’autodistruzione che accomuna le fiere a molte altre attività del nostro paese. Soprattutto laddove ci sia la presenza del settore pubblico con società a partecipazione mista gestite senza reali motivazioni derivanti da aspetti legati alle logiche del mercato.
Ci sono poi le eccezioni (che confermano la regola!) di iniziative di alto profilo che sono state in grado addirittura di scalzare eventi internazionali nati molto prima diventando importanti punti di riferimento nel settore.
Fra queste, complice un indotto da sempre professionalmente organizzato nella gestione di importanti flussi di persone, c’è sicuramente Ecomondo.
Tanto da ridimensionare in modo drastico il ben più longevo Pollutec (che ha dovuto trovare temporaneamente rifugio a Parigi per continuare ad avere un buon richiamo) e tale da essere un brand da esportazione in terre lontane fra cui, primo fra tutti, il Brasile.
Mi ricordo che le fiere erano un vero evento. Per vedere tutto quello che normalmente non si riusciva a trovare vicino a casa propria nel corso dell’anno, per incontrare amici lontani accomunati dalla stessa professione, per comprare macchine e attrezzature nel corso di una manifestazione fuori dal comune.
Tranne rari casi, ora non è più così.
Ed è un vero peccato che il ruolo di queste manifestazioni si sia ridotto in modo così drastico.
Il flusso di informazioni sempre più veloce e organizzato, insieme a un uso molto spinto della rete, ha determinato una diminuzione dell’interesse verso le fiere.
Ma è anche altrettanto vero che, soprattutto nei casi in cui gli eventi hanno ancora un richiamo di altissimo livello, ci sia stato alle spalle una lungimirante politica di crescita che ha sempre mirato a un equilibrato rapporto qualità/prezzo.
E manifestazioni come il Bauma lo dimostrano in pieno: la qualità dei servizi offerti è assolutamente impeccabile e di altissimo livello. Con una organizzazione esemplare in cui ogni attore fa la sua parte nel migliore dei modi.
Purtroppo a casa nostra si sono persi tanti treni a causa di una eccessiva frammentazione degli eventi che ha ridotto l’interesse degli addetti ai lavori e ha determinato un ripetersi di manifestazioni fra loro del tutto simili quando non addirittura uguali.
Avendo vissuto il periodo italiano delle grandi e importanti fiere di settore mi rimane quella nostalgia che non capisco se sia maggiormente legata agli eventi stessi o se sia dovuta al fatto che ero molto giovane.
Di fatto sembra sia ormai passata un’eternità da quando si vedevano i grandi marchi di tutto il mondo fare ampio sfoggio delle loro macchine nelle iniziative fieristiche italiane.
Quando le fiere erano un evento lo si capiva subito.
Oggi i grandi eventi sono rimasti veramente pochi.