Quale strada?

A Torino oggi piove. E le notizie del mattino non sono sempre così buone.

Indicano un paese che non ha governanti lungimiranti. Manca un piano di azione che guardi lontano e su cui fare progetti di lungo corso, su cui si possano fare programmi e su cui le giovani generazioni possano fare affidamento per investire tempo, capacità e voglia di fare.

In poche parole abbiamo bisogno di una strada. Abbiamo bisogno che qualcuno la indichi chiaramente per il futuro.

E coloro che dovrebbero farlo, coloro che abbiamo deputato a farlo, non lo stanno facendo. Non hanno idea di dove andare. Non hanno idea che strada prendere.

Troppo scollamento fra chi lavora e chi no. Troppa differenza fra chi crede nel paese e chi invece pensa sia solo una gomma da masticare che, dopo qualche minuto, va buttata via perché ha esaurito il primo e profumato sapore.

Ci proviamo noi, che siamo del mestiere e viviamo di questo, a indicare una via che andrebbe seguita con forza e convinzione.

L’Italia è un paese che sta rischiando grosso. Da tanti punti di vista.

Un paese che ha bisogno di puntare verso una direzione diversa rispetto a quanto visto sino ad ora.

La pioggia di oggi, non così intensa e nemmeno così spiacevole, fa subito pensare a frane e dissesti. Ogni piccola nuvola di passaggio fa gridare “al lupo” tranne quando i lupi veri sono già alla porta.

Il nostro territorio ha bisogno di un serio piano di manutenzione e di riqualificazione ambientale e geologica.

I crolli di edifici storici – di maggiore o minore pregio – sono notizia che arriva a cadenza quasi settimanale.

I dissesti urbani e la insufficienza impiantistica delle nostre città sono fatto ormai assodato.

L’insufficienza della rete viaria secondaria è cosa nota a cui porre rimedio. Le ferrovie abbandonate non sono ritenute – a torto – una risorsa da utilizzare per spostare flussi di traffico dalla rete viaria verso quella ferrata.

Il riuso di edifici completamente abbandonati, la demolizione e ricostruzione urbana di un patrimonio edilizio fatiscente e inefficiente dal punto di vista energetico sono l’unica risposta alla salvaguardia territoriale di cui il paese ha urgente e fondamentale bisogno.

I nostri pendii montagnosi – ormai afflitti da laconica calvizie – sarebbero terreno ideale per un intelligente rimboschimento a servizio dell’ambiente, della società e di un’industria delle costruzioni che, altrove, ha capito la vera direzione da prendere.

E in tutto questo gli uomini, le imprese e le macchine sarebbero i veri protagonisti di un paese che si rimette in moto al fine di rilanciare non solo il suo maggiore patrimonio – un ambiente da tutelare in modo intelligente – ma anche un bagaglio di conoscenze industriali che tutti ci riconoscono.

Solo seguendo questa strada potremo veramente mettere a frutto quelle macchine che, in Europa e negli Stati Uniti, devono sottostare a rigide norme contro le emissioni inquinanti e sonore mentre altrove possono operare a briglia sciolta.

Solo seguendo questa strada acquisiremo quel posto che ci spetta a livello internazionale e potremmo accreditarci come paese serio, attento alla salute dei propri cittadini e all’avanguardia da un punto di vista tecnico e tecnologico.

Ce lo auspichiamo tutti. Tutti noi che lavoriamo e che ci crediamo ogni giorno. Noi conosciamo la strada da percorrere.

Chi invece sta giocando con il paese ha perso l’orientamento da molto tempo.