Macchine cinesi: è vera riscossa?

Ho letto con interesse il resoconto dello studio dell’istituto di ricerca CLSA riportato da The Economist e di cui abbiamo dato notizia il giorno 8 gennaio proprio qui su www.macchinedilinews.it.

Sul fatto che i costruttori cinesi abbiano compiuto passi da gigante rispetto ai modelli di qualche anno fa sono completamente d’accordo.

Sul fatto – più pregnante – che le attuali macchine cinesi abbiano un livello qualitativo pari o superiore ai migliori concorrenti del mercato mi trova quanto meno dubbioso. Per non dire in pieno disaccordo.

E spiego anche il perché.

Prima di tutto gli istituti di ricerca – per quanto si dichiarino indipendenti come nel caso del CLSA – svolgono ricerche di mercato o indagini di qualità commissionate da clienti che vogliono mettere in risalto il proprio prodotto.

In secondo luogo ci sono istituti di ricerca – e fra questi proprio la CLSA – che hanno il proprio core business nella promozione del commercio e delle attività in oriente e soprattutto nei paesi con le economie più frizzanti come quella cinese. Logico quindi che cerchino di mettere in risalto i prodotti che arrivano dalla Cina a discapito di altri competitor.

In terzo luogo i test comparativi sulle macchine movimento terra non sono semplici e diretti come avviene nel settore automotive.

Se con i veicoli su gomma ci sono parametri quali velocità massime, carichi trasportati e relativi consumi su tracciati ben definiti, accelerazioni, comfort acustico, ecc nelle macchine movimento terra non è la stessa cosa.

Tipo di terreno, condizioni di lavoro, mezzi di carico e trasporto…i fattori che influenzano la produttività e i consumi sono molteplici.

Il comportamento delle macchine varia moltissimo a seconda di ogni singola condizione e sappiamo tutti come un escavatore che si comporta molto bene in roccia – ad esempio – può essere molto scadente in terreni sciolti…e viceversa. Lo sappiamo molto bene in quanto ci scontriamo quotidianamente con queste problematiche.

Valutare alcune prestazioni –  però – può essere abbastanza semplice nel momento in cui si fissano dei parametri uguali per tutti ma valutare la qualità complessiva e la durata nel tempo non è un aspetto di poco conto.

E soprattutto richiede che il tempo passi e che sia analizzato un numero di mezzi significativo – con un numero di ore significativo – tale da rappresentare un campione non discutibile. La statistica insegna che un sondaggio o una analisi vanno condotti secondo criteri ben definiti.

L’ultima edizione del Bauma non ha dato – salvo pochissimi e sparuti esempi – segnali di una significativa inversione di tendenza in merito a un innalzamento complessivo della qualità delle macchine dei costruttori cinesi.

Qualità delle lamiere, qualità delle plastiche, vernici “dubbie” che erano chiaramente “annusabili” a diverse decine di metri di distanza – proprio come nel caso della Sany tanto lodata dall’istituto CLSA – soluzioni idrauliche oggettivamente primitive rispetto agli standard a cui siamo ormai abituati in Europa.

E si potrebbe continuare con un lungo elenco di elementi che – a mio avviso – denotano una visione un po’ di parte dei risultati di questa analisi.

Ho notato un buon livello complessivo delle macchine Liugong – forse oggi l’unico costruttore cinese seriamente organizzato per l’Europa – che sta infatti raccogliendo buoni successi commerciali nel nord Europa.

Ma si tratta di un progresso che – a livello meramente qualitativo – non consente ancora un paragone alla pari con alcuni costruttori meno blasonati e che vede i top level ancora molto avanti.

Non si tiene poi conto che gli stessi grandi marchi costruiscono in Cina prodotti di serie passate. Doosan – ad esempio – è presente con la serie Solar della ex Daewoo che risale a circa 15 anni fa.

Personalmente ho avuto modo di testare un escavatore cinese che – a livello di prestazioni – non era assolutamente male. Anzi.

Ma una attenta analisi ha messo in luce una qualità media di materiali, fattura e assemblaggio decisamente bassi. Senza contare molti aspetti fondamentali in merito alla non rispondenza della Direttiva Macchine.

Sicuramente non sono fra quelli che prende sotto gamba il fenomeno cinese – così come fin dall’inizio ho stimato e ben valutato i prodotti coreani – ma allo stato attuale delle cose non possiamo oggettivamente parlare di un livello qualitativo superiore ai maggiori brand mondiali.

Sono più che fiducioso sul fatto che nei prossimi anni sentiremo parlare di loro così come i marchi coreani hanno saputo diventare dei riferimenti a livello globale.

Ma ricordiamoci anche che un marchio non è solo dato dalla prestazione di un giorno ma da un livello che si mantiene elevato nel tempo, da una rete di vendita e assistenza che sia in grado di sostenere la presenza sul mercato, di un valore residuo dell’usato che non risenta del negativo gap di prezzo o del brand non conosciuto.

Molti grandi costruttori di buona qualità sono caduti sotto il maglio di un marketing errato che non ha tenuto conto di questi fattori.

E nulla – allo stato attuale – può far pensare che gli stessi costruttori cinesi non debbano rispettare questa scala di valori che caratterizza in modo peculiare il movimento terra di tutto il mondo.

2 Commenti

  1. condivido pienamente l’articolo di costantino. attenzione comunque ai costruttori cinesi , credo che fra non molto tempo arriveranno vicini , molto vicini ai grandi marchi. La cina ha fame……

    • Arriveranno vicini Maurizio, per il semplice fatto che il gap tecnologico tra loro e gli altri si sta assottigliando sempre di più. Ma la tecnologia non è tutto e molti fattori concorrono al successo di un costruttore. La forza distributiva, la cultura del servizio, la fidelizzazione degli utenti, la vicinanza ai bisogni degli utilizzatori…e molto altro ancora. Diciamo che dovremo confortarci con players senz’altro più agguerriti (la fame, come dice lei, è uno stimolo potentissimo…) che potrebbero essere visti non come una minaccia ma come un’opportunità.

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