La Cina fa paura?

liugong (4)La notizia dell’acquisizione della maggioranza di Pirelli da parte di Chem China ha messo in allarme il mondo produttivo italiano.

Occorre, a mio parere, fare un po’ di chiarezza.

In primis bisogna capire quali vogliono essere le strategie del nostro mondo produttivo per il prossimo futuro. Inutile, penso, lamentarsi che non ci sono capitali stranieri in arrivo nel nostro paese e poi, quando questi arrivano, tuonare che un “pezzo del sistema Italia” viene venduto all’estero.

liugong (9)Delle due, l’una: o accettiamo che il mercato si liberalizzi e diventi permeabile agli scambi di idee, capitali e aziende, o si langue nella evidente incapacità italiana di trovare una strada virtuosa che permetta di sostenere i pesanti investimenti di cui il nostro paese ha bisogno.

L’oriente è sicuramente lontano e fa paura a molti ma occorre anche sapere che i rapporti industriali fra Cina e Italia sono assolutamente a favore di quest’ultima.

Il rapporto Cesif – Centro Studi per l’Impresa Fondazione Italia-Cina riporta, nel 2014, dati molto interessanti.

dressta (2)Sono attive nel grande stato orientale ben 1.250 imprese a capitale italiano con una produzione di  18.000 miliardi di euro di fatturato. Al contrario, le imprese italiane con capitale a partecipazione cinese sono soltanto 187 per un fatturato di 2.852 miliardi di euro.

Ma non solo. Laddove le industrie cinesi sono arrivate in Europa, e due esempi eccellenti nel nostro settore, non hanno mai fatto tabula rasa ma hanno investito, sviluppato progetti, elevato il livello tecnologico e promosso i brand prestigiosi in tutto il mondo.

liugong (2)Spesso dando quella visibilità che la mancanza di risorse non aveva consentito.

Nel nostro settore due nomi su tutti hanno tratto enormi vantaggi dalla proprietà cinese: la italiana Cifa e la tedesca Putzmeister.

Per non parlare del settore auto della Volvo in cui il brand, dopo l’acquisizione da parte cinese, è ripartito in modo brillante.

liugong (3)Un atteggiamento che vede non solo i cinesi ma anche i coreani e gli indiani (Jaguar e Land Rover insegnano) come attenti valutatori dei brand storici europei (e non solo) con un loro rilancio e valorizzazione.

Quando la Doosan acquisì buona parte di Ingersoll-Rand con i marchi Bobcat e Montabert in molti temettero il peggio.

liugong (8)In realtà il management del gruppo coreano studio attentamente tutti i passaggi necessari per un completo assorbimento di capacità e progetti con il risultato di un rilancio di tutti i brand, l’intelligente ritiro dal mercato di prodotti concorrenti e la valorizzazione delle capacità progettuali esistenti con il rilancio di progetti “chiusi nei cassetti” per mancanza di fondi.

dresstaLa stessa Pirelli, nel settore specifico legato all’agricoltura, subì un passaggio simile molti anni fa con la cessione di un ramo d’azienda alla svedese Trelleborg.

liugong (6)Gli svedesi, viste le competenze tecnologiche e infrastrutturali presenti a Milano, non delocalizzarono ne’ il personale ne’ gli stabilimenti puntando allo sviluppo tecnologico del prodotto con la conseguenza che, oggi, il costruttore di pneumatici è leader in agricoltura grazie alle competenze made in Italy.

L’occasione persa, a mio avviso, risiede invece nella cessione di Ansaldo STS e Breda a Hitachi e non, come poteva avvenire dopo una prima offerta, alla stessa Doosan.

liugong (5)La filosofia giapponese è molto diversa rispetto a quella cinese, coreana o indiana. L’acquisizione delle aziende è di solito preludio per il trasferimento di competenze da inglobare ed eliminare dal mercato con la chiusura di stabilimenti a favore della madre patria aziendale.

La Cina fa paura?….molto meno di altre nazioni che sembrano, a prima vista, più vicine a noi e quindi più amichevoli.liugong (7)