Il marketing non è fuffa

marketingNei giorni scorsi ho partecipato a uno scambio di opinioni sui social network in cui si è parlato di marketing.

Ovviamente il pomo della discordia è stato il solito grande marchio “made in USA” che, alla luce di accordi, acquisizioni, legame e parentele, avrebbe snaturato il proprio spirito originario cedendo alla logica del mercato e della massimizzazione del profitto.

Chi non è avvezzo a confrontarsi in modo serio con il marketing tende, di solito, a massimizzare (e banalizzare) questa parola associandola a una semplice visione pubblicitaria che tenda “a far risplendere anche quello che oro non è”.

Questo deriva da una visione consumer che si ha del marketing vivendolo sulla propria pelle con i prodotti che tutti i giorni costituiscono la base della nostra vita quotidiana. E anche le definizioni date dai dizionari o dalle enciclopedie non aiutano a far luce su questa complessa branca dell’economia che viaggia sul filo della finanza, della tecnologia e della psicologia del cliente.

Tutto questo è quanto più vero nel settore industriale dove l’utilizzatore finale è chiaramente individuato e dove trovare nuovi sbocchi di mercato non è così scontato come sembri.

Leggevo dalle parole di un appassionato del movimento terra che le acquisizioni, l’acquisto di tecnologie, l’assorbimento di altre aziende (anche fino a poco tempo prima ritenute concorrenti) non è visto come un qualcosa di positivo.

In realtà non è così. Acquisire altre imprese consente alle aziende che hanno lo slancio e la capacità di crescere di costituire quella necessaria massa critica per rimanere sul mercato, per allargare la propria visione, per essere al centro di un processo di cambiamento in cui innovazione e tecnologia siano al primo posto.

marketingIl compito del marketing è infatti anche quello di individuare nuove opportunità legate al proprio core-business, di avere una visione che permetta di andare oltre al consueto e capire quali eventuali prodotti possono integrare la propria offerta sulla scorta di nuove tendenze di lavorazione che emergono dall’osservazione del mercato grazie all’ascolto degli utilizzatori.

L’ascolto degli utilizzatori. E la vicinanza sia alle loro esigenze primarie (fondamentale è il post-vendita) che a quelle più nascoste e remote. Non ultimo l’attenta percezione di quali sono le loro esigenze fin nelle sfumature più nascoste. Con una attenta filtrazione dei dati in modo da riportare in azienda non qualsivoglia richiesta ma suggerimenti che siano effettivamente fonte di grande crescita.

Tutto questo si ribalta sulla progettazione delle nuove macchine con la nascita di soluzioni uniche, di brevetti, di elementi che caratterizzano fortemente un marchio rispetto ad un altro e ne costituiscono parte fondamentale della propria immagine verso gli utilizzatori.

Non è un lavoro semplice se condotto senza essere superficiali. Non è un lavoro che possa richiedere improvvisazione. E’ un lavoro che vuole una forte capacità relazionale, la volontà di saper ascoltare gli altri, una elevata conoscenza tecnica dei prodotti, una visione del mercato che sia allargata e senza tabù. Ed è un lavoro che, se fatto bene, richiede grande dispendio di tempo ed energie.

Ridurre il marketing alla semplice massimizzazione del profitto (che poi senza profitto le aziende non possono investire e crescere…!) significa aver capito poco di questa fondamentale attività che, nelle aziende più strutturate, è quella trainante sia il settore tecnico-produttivo che quello commerciale.

E sappiamo tutti molto bene che errate strategie di marketing hanno portato dei colossi del nostro settore dal dominio assoluto del mercato a una quota marginale e insufficiente.

Ignorare cosa succede nel mondo pensando che, come avveniva un tempo, il mercato possa digerire qualsiasi cosa io produca, è un errore strategico che molti, ancora oggi, continuano a fare. E sono proprio quelli che pensano che il marketing sia solo fuffa.marketing (2)