Tendenze

Quel che resta del Bauma

bauma 2016di Roberto Negri

Spento il consueto rumore di fondo che sempre accompagna la manifestazione bavarese, è il momento di fare il punto sul lascito tecnologico di questa edizione 2016. A dominare la scena, tre linee di sviluppo che promettono di segnare l’evoluzione del settore per i prossimi anni: controllo dei costi globali di gestione delle macchine, tecnologie di propulsione ibrida e gestione interconnessa del cantiere.

Anche chi ormai, per anzianità di servizio, può considerare il Bauma di Monaco quasi come una seconda casa difficilmente riesce a sfuggire all’impatto che ogni volta la kermesse bavarese riesce ad avere sui suoi sempre numerosi visitatori. E anche le critiche che periodicamente vengono mosse alle tradizionali formule fieristiche – non sempre a torto, a dire il vero – vengono a cadere di fronte allo spettacolo del Bauma: uno spettacolo che, soprattutto in questa occasione, è ben lungi dal ridursi alle pur suggestive scenografie espositive messe in campo dai protagonisti della filiera. Dietro ai giganti del cantiere, della cava, della perforazione e del sollevamento, insomma, questa edizione ha messo in campo davvero tanta sostanza, sia in termini di innovazione di prodotto che, soprattutto, di linee di tendenza. L’impressione rimasta negli occhi e nella mente è che questo Bauma 2016 abbia visto concretizzarsi alcuni concetti e filosofie – non solo progettuali, quanto piuttosto di approccio globale al mondo del construction – già da alcuni anni sul tappeto, ma che finora avevano stentato ad avere concrete applicazioni in grado di uscire dal mondo virtuale del CAD o dagli esercizi tecnologici dei reparti di ricerca e sviluppo.

Tre, a nostro avviso, le parole d’ordine emerse da quest’ultima edizione al di sopra del consueto sia pur interessante rumore di fondo che inevitabilmente una fiera di questa taglia genera: Total Cost of Ownership, un concetto con cui gli utilizzatori dovranno sempre più – letteralmente – fare i conti in un mondo dove competitività, costi variabili e marginalità rappresentano ormai delle costanti; tecnologie di propulsione ibrida, spinte da considerazioni non più solo di natura ambientale ma anche – e oggi forse soprattutto – economica; connessione, concetto mutuato dal mondo dell’IT ma che ora trova applicazioni quanto mai concrete in quello del cantiere con importanti riflessi operativi, funzionali e, ancora una volta, economici.

Ma quanto mi costi?

testoE’ una domanda che da tempo è uscita dal ristretto campo da gioco delle trattative fra dealer e impresa, quando in discussione era il solo prezzo d’acquisto della macchina. Oggi, variabili quali consumi, prezzo del carburante, esigenze e frequenza della manutenzione, in un panorama complessivo di marginalità in calo, hanno spostato il fuoco sui costi complessivi di gestione della stessa calcolati lungo l’arco di vita utile. Un fatto, questo, che sta profondamente cambiando l’approccio dell’utilizzatore, e a cui i costruttori di macchine e componenti rispondono sposando strategie differenziate.

sinistraI motoristi sposano con convinzione una strategia che se da un lato mira ormai da anni a una progressiva riduzione dei consumi, dall’altro in epoca più recente si è focalizzata su un termine, densità, che si traduce in una diminuzione delle cubature a fronte di pari o superiori livelli di potenza, aiutati in questo anche da un’elettronica di gestione del propulsore e un’integrazione dello stesso nella macchina di destinazione sempre più raffinata. A parte la ormai consolidata modalità Eco, presente nelle gamme di tutti i costruttori, hanno preso ad esempio piede soluzioni come lo spegnimento automatico temporizzato con regime motore al minimo, e naturalmente le architetture ibride, cui dedichiamo un capitolo a parte. Altro cardine della strategia dei costruttori è il prolungamento dei tempi di manutenzione: tipici, in questo senso, gli esempi dei tempi di ingrassaggio a 500 ore, ormai standard, e degli intervalli di sostituzione dell’olio, anch’essi prolungati grazie a motori più puliti. E anche la componentistica gioca la sua parte, con un’elettronica di controllo sempre più precisa e un’idraulica che ha nettamente aumentato la sua efficienza minimizzando le perdite di carico.

Ibrido, per davvero 

centroNe sentiamo parlare da oltre dieci anni, e più di qualcuno ha spesso storto il naso liquidandolo al rango di esercizio tecnologico che non sarebbe mai stato in grado di reggere il giudizio impietoso del cantiere. Ma, per una volta, possiamo dire che le Cassandre avevano torto: la propulsione ibrida sulle macchine da cantiere oggi è una realtà, declinata magari con diverse ricette – il che tuttora genera ancora un po’ di confusione sul significato del termine – ma comunque un fatto concreto. A testimoniarlo non sono solamente le lineup dei maggiori costruttori, oggi tutte arricchite da almeno un modello marchiato Hybrid, ma anche il fatto che queste tecnologie iniziano a fare la loro comparsa non solamente su macchine come i grandi dumper da cava (dove hanno fatto i loro primi concreti esordi) ma anche su macchine operatrici come gli escavatori di  taglia importante e, non ultimo, anche nell’ambito del sollevamento, in particolare nel segmento dei telescopici.

destraChe si tratti di sistemi a recupero idraulico o ad accumulatori elettrici, insomma, sembra che l’ibrido sia davvero qui per restare, magari focalizzato soprattutto su alcune tipologie di macchine e per specifiche applicazioni e cicli di lavoro più coniugabili in maniera efficace con questa tecnologia, ma rimanendo comunque un fronte di sviluppo ineludibile e di sicuro interesse. Tra le novità di questo Bauma spiccano anche i costruttori che hanno scelto di percorrere la strada dell’alimentazione integralmente elettrica, con soluzioni tanto funzionali da aggiudicarsi più di un premio innovazione. Parliamo anche in questo caso, almeno per il momento, di soluzioni focalizzate su specifiche tipologie di macchine (in questo caso di piccola taglia, vedi alla voce miniescavatori, minipale e minidumper cingolati), ma la strada è aperta. E quel che è più importante, sembra destinata ad ampliarsi.

Benvenuti nel digitale

CatE’ un altro termine che – molti lo ricorderanno – ha fatto storcere il naso a tanti per diversi anni. Complici, a dire il vero, i non trascurabili problemi manifestati dall’elettronica nei suoi primi esordi sulle macchine da cantiere. Oggi, superata di slancio quella fase, l’Information Tecnology applicata alle costruzioni è pronta a un altro salto di qualità, l’ingresso nell’era del cantiere on line. Il che non significa più solamente sistemi di guida satellitare o di diagnosi remota, tecnologie ormai da tempo familiari, ma un nuovo e più avanzato concetto di interconnessione del cantiere e delle macchine che in esso operano all’insegna del concetto di gestione globale. Gestione delle macchine, quindi, ma anche del sito, delle specifiche lavorazioni, della produttività, in remoto e anche da dispositivi mobili.

sinistraI sistemi di guida e rilievo, ad esempio, oggi vengono utilizzati non solamente per specifiche lavorazioni ma in un contesto più ampio di progettazione e modellazione tridimensionale dell’area; la tecnologia di controllo non è più solamente quella satellitare, e quest’ultima viene implementata dal fotorilievo in tempo reale tramite droni; il governo di tutti questi aspetti non è più confinato alla stazione di lavoro fissa presente in cantiere o presso la sede dell’impresa, ma è letteralmente a portata di mano in qualunque luogo tramite app dedicate su un semplice smartphone. E anche in questo ambito, il domani è già oggi: il passo successivo di questa logica di gestione del cantiere, l’automazione robotizzata delle macchine operatrici, ha già fatto il suo debutto sul palcoscenico del Bauma con applicazioni al momento ancora sperimentali ma che lasciano intravedere, in particolare per i cicli di lavoro più ripetitivi, un potenziale davvero notevole. Un potenziale su cui, a giudicare da come lo sviluppo tecnologico ha rapidamente sgretolato in questi anni dubbi e scetticismi, ci sentiamo di scommettere.