Affare o investimento?

Tempo di vacanze, tempo di riflessioni.

Sotto l’ombrellone, passeggiando in montagna, in bicicletta lungo laghi e fiumi, le riflessioni agostane vanno dalla speranza in un cambiamento del paese – che sia portatore di una ripresa stabile e duratura – fino agli investimenti da effettuare in azienda nel corso degli ultimi mesi dell’anno.

Chi più, chi meno, alla fine ci si ritrova a fare i conti con un parco macchine che va sostituito – magari per esigenze legate all’acquisizione di qualche lavoro o per cambio di strategia aziendale – e quindi si valuta cosa offre il mercato.

Il mercato dell’usato di qualità ha avuto una impennata notevole e le motivazioni sono note a tutti: la crisi ha spesso obbligato a contenere i costi all’osso e molti si sono rivolti a questa specifica nicchia scoprendo un mondo che riserva piacevoli sorprese.

Il mondo delle aste ha poi rinfocolato lo spirito della competizione che era nascosto sotto la cenere della routine imprenditoriale con risultati spesso contraddittori.

Ma chi vuole andare sul nuovo ha oggi un ventaglio di offerte che prima non era immaginabile spaziando dai marchi consolidati fino a soluzioni alternative che possono rappresentare un buon affare, soprattutto nelle fasce più alte della gamma dove la differenza di prezzo si fa sentire in modo pesante.

Sia chiaro. L’Italia non è purtroppo un mercato ambito per molti costruttori che noi possiamo anche giudicare come “alternativi” quali, ad esempio, i principali marchi cinesi – uno fra tutti la Liugong – o alcuni astri nascenti fra cui la turca Hidromek.

Spesso queste realtà sono già presenti nel nord Europa dove stanno conquistando la fiducia degli operatori e lavorano con margini decisamente elevati rispetto a quello che potrebbero fare qui da noi.

Ciò non toglie che le alternative in termini di prezzo non manchino anche da noi e proprio oggi, complice una fra le peggiori crisi degli ultimi 100 anni che si assimila sempre di più, come conseguenze economiche, agli effetti di una vera e propria guerra, il fattore prezzo possa diventare ancora più determinante rispetto a quanto non lo sia sempre stato in terra italiana.

Eppure, parlando con molti concessionari e operatori del settore, sembra che la crisi abbia di fatto cambiato un po’ le regole del gioco e abbia accesso una lampadina nella testa di chi ha la possibilità o la necessità di investire.

Calcolatrice alla mano, si fanno tutti quei conti che dovrebbero sempre essere l’unica guida verso la scelta di una nuova macchina e che, nei tempi di “vacche grasse”, ci si dimentica spesso di effettuare. Complice la frenesia, l’abbondanza, il fatto di non ponderare le scelte guidati da fattori più emotivi e meno razionali.

Coloro che possono spendere, oggi, sono veramente pochi e chi lo fa, si avvicina all’acquisto realmente con l’ottica dell’investimento.

Se prima si acquistava una macchina a prescindere dalla reale utilità nel tempo, lasciando da parte l’opzione noleggio quasi vista come “lesiva dell’immagine aziendale”, oggi si valuta questa strada come effettiva prima ipotesi.

Nel caso in cui l’acquisto risulti conveniente si valutano quindi le opportunità del mercato sulla base di tanti fattori tra cui, il primo, è proprio quello della qualità globale.

Oggi si compra meno ma, tendenzialmente, si compra meglio.

Il valore residuo nel tempo – probabilmente sapendo che la macchina resterà al lavoro in azienda per molti anni rispetto a quanto avveniva in passato – le prestazioni complessive, la qualità costruttiva, il servizio assistenziale, la solidità del concessionario, il valore delle soluzioni tecnologiche proposte e i vantaggi che possono far acquisire all’utilizzatore.

Elementi che sono la vera linea di confine tra l’affare e l’investimento ma che non tutti sono in grado di valutare correttamente.