Il conferimento del “Premio Leonardo 2014” a Nerio Alessandri, presidente di Technogym, ha messo l’accento ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che le imprese italiane votate all’innovazione diventano leader globali senza pari.
Il conferimento del “Premio Leonardo Qualità Italia” a Dainese, Rubelli, Damiani e Dallara, in una eccezionale trasversalità produttiva che va dall’abbigliamento tecnico sportivo, passando per i tessuti, i gioielli e la meccanica, fa capire come i nostri imprenditori siano di una classe assolutamente superiore.
Per contro stona la notizia -e ci riporta con i piedi immediatamente per terra – che la catena francese Auchan abbia deciso per 1.420 licenziamenti nei suoi punti vendita in Italia.
Da un lato una gestione imprenditoriale di alto livello che conferma gli eccezionali dati che hanno nuovamente visto l’Italia, nel 2014, avere un attivo manifatturiero con l’estero superiore a 100 miliardi di euro. E in un periodo in cui l’euro sicuramente non aiutava le esportazioni.
Dall’altro un mercato interno che non riparte e che paga scelte imprenditoriali sbagliate (Auchan è in difficoltà non solo qui da noi) e legate a politiche ormai superate.
Un cambio di passo necessario da parte di tutti che non deve illuderci ma che, al contempo, deve essere realista e basarsi su dati oggettivi.
Il “Premio Leonardo” è un reale specchio delle potenzialità del sistema industriale nazionale di cui fanno parte le tantissime aziende che operano nel settore della meccanizzazione. Sia quella delle costruzioni che dell’agricoltura. L’innovazione e la qualità sono il valore aggiunto che sappiamo progettare e costruire e questa deve essere la nostra linea guida.
Peccato che ci sia una evidente spaccatura fra privato e pubblico.
Se le nostre aziende private sanno molto bene cosa sia la qualità e l’innovazione, altrettanto non sa fare il nostro Stato patrigno che pesa sulla ripartenza interna in modo allarmante.
Lo abbiamo visto molto bene all’Intermat 2015. La kermesse parigina ha messo in evidenza le nostre capacità – riconosciute a livello globale – con 195 aziende presenti contro le 176 della Germania.
Ma soprattutto con livelli di qualità che solo i nostri principali concorrenti teutonici sono in grado di uguagliare.
Una mentalità che dovrebbe arrivare a tutto il paese per fare smettere le lamentele fini a se’ stesse, per fare capire che dobbiamo impegnarci di più e che la qualità, l’innovazione, la formazione e le competenze sono le uniche “armi” che possiamo usare per contrastare economie emergenti che combattono con il prezzo, con la svalutazione della moneta e con tecnologie che non tengono conto dell’ambiente e della salute dei lavoratori.
Un cambiamento di cui tutti dobbiamo essere propugnatori.
Con un bel “Premio Leonardo” per coloro che realmente cambiano passo.



