Engine's story

Con o senza filtro?

Sostituzione aperturadi Costantino Radis

Motori con filtro antiparticolato o senza filtro antiparticolato?…la scelta avviene a seconda del livello di potenza e delle scelte tecnologiche e commerciali del costruttore di macchine. Senza dimenticare il ruolo primario di chi sviluppa e fornisce i motori di ultima generazione

Eccoci al dunque.

Gli step normativi finali sono ormai entrati nel vivo e da qui al 2016 i costruttori di macchine movimento terra dovranno compiere le scelte definitive in merito alle tecnologie da utilizzare sui propri mezzi. Gli anni successivi saranno quelli nodali per capire quali ulteriori passi compirà il legislatore anche e soprattutto sulla base di quanto la tecnologia ha messo in campo per ottemperare i limiti molto restrittivi che già lo Stage IV/Tier IV Final hanno imposto.

Le modalità per rispettare le nuove norme sono molteplici e gli utilizzatori finali spesso si trovano disorientati anche a causa di una informazione commerciale poco chiara che tende a mettere in negativo le scelte del concorrente con, addirittura, alcuni casi in cui si dichiara apertamente fuorilegge la macchina del marchio avverso «…perché non utilizza un certo tipo di tecnologia…».

Sappiamo tutti che la concorrenza sleale fa parte del mercato e che le figure poco professionali alla fine hanno vita breve.

Di sicuro, però, il quadro normativo non aiuta a mettere chiarezza nella testa dell’utilizzatore, occupato nella propria gestione aziendale e meno incline a informarsi sui tipi di tecnologie più affidabili ed economiche che soddisfano le richieste di legge.

 

Non tutte le strade portano a Roma

FOTO_002Abbiamo a lungo parlato dei tipi di soluzioni che consentono di mantenere i livelli di emissioni al di sotto di quanto prevedono le normative ed è evidente che la via non sia univoca. Appare ovvio che alcune siano più semplici e convenienti per i clienti finali mentre altre, al contrario, hanno un funzionamento più complesso e delicato.

La presenza del DPF rappresenta una di quelle diatribe a cui risulta difficile mettere la parola fine perché si presta a speculazioni di ogni tipo sull’inquinamento in cui l’unico protagonista sul banco degli imputati sembra essere solo e soltanto il motore a gasolio. In realtà non vi è nulla di più falso.

Sappiamo che il particolato è uno degli agenti inquinanti il cui valore deve essere al di sotto di una soglia limite ma non è detto che i DPF siano l’unico modo per raggiungere questo risultato.

Ci sono costruttori che, sotto certe soglie di potenza, limitano bene i valori di PM grazie a impianti Common Rail molto performanti (pressioni di 2.000 bar) che lavorano, insieme all’EGR, su motori con cilindrate elevate rispetto alla potenza erogata.

Altri che, invece, preferiscono semplicemente trattare gli ossidi di azoto in uscita con la Riduzione Catalitica Selettiva (SCR) ottimizzando il processo di combustione senza usare l’EGR, con impianti Common Rail standard (pressioni di 1.600 bar) e producendo una quantità di particolato che è già sotto i valori soglia al momento dell’espulsione dalla camera di combustione.

FOTO_004_ASi tratta di scelte specifiche che ogni costruttore decide di intraprendere per ragioni legate a convenienze economiche, motivazioni culturali, filosofie di progettazione e abitudini legate a specifici mercati di riferimento.

Nei fatti, però, la differenza è veramente tanta, soprattutto tenendo presente che il costo di manutenzione e sostituzione di un DPF non è da sottovalutare e che, nella vita utile di una macchina movimento terra, va affrontato dal primo proprietario almeno un paio di volte se si calcola che gli intervalli di manutenzione sono all’incirca ogni 4.000 ore.

È quindi ovvio che una tecnologia che eviti questi tipi di filtri sia la più conveniente.

È altrettanto vero che con le basse potenze è più semplice intervenire per limitare i fattori inquinanti mentre con i grandi motori i problemi sono maggiori.

Ad ogni modo le scelte di base effettuate quando il costruttore sceglie la strada da percorrere sono quelle che determinano il futuro più o meno tranquillo dell’acquirente finale.

 

Siamo attivi o passivi?

FOTO_005Appare abbastanza chiaro che le prossime scelte del legislatore andranno nella direzione di una ulteriore riduzione degli agenti inquinanti per cui il ricorso a sistemi di eliminazione del particolato dovranno essere comunque adottati ma la differenza che passa fra un DPF a rigenerazione attiva o un sistema con DOC a rigenerazione passiva è sostanziale. Soprattutto per l’utilizzatore finale.

Nel primo caso le scelte progettuali di base, con pressioni di iniezione standard e limitazione degli ossidi di azoto affidate in toto all’EGR, comportano una elevata produzione di PM con temperature basse dei gas di scarico che non facilitano l’eliminazione delle particelle intrappolate nel DPF. Ovvio quindi che, per arrivare a temperature superiori ai 550 °C necessari per bruciare il PM intrappolato con l’ossigeno presente nei fumi, occorre rigenerare il filtro in modo «attivo» con iniezione supplementare di gasolio, all’interno dei cilindri o direttamente nel collettore di scarico, in modo che questo gasolio reagisca nel DOC e si aumenti così la temperatura dei fumi fino a far avvenire la combustione del PM accumulato.

Questo comporta alcuni problemi per chi usa la macchina.

Il gasolio utilizzato si aggiunge a quello effettivamente bruciato nel processo di combustione del motore con un aumento dei consumi complessivi. In caso di filtri molto grandi installati su motori di cilindrate e potenze elevate, si arriva a parecchi litri per ogni rigenerazione.

Durante la rigenerazione non tutte le macchine, inoltre, possono lavorare in modo efficiente andando a inficiare i ritmi produttivi aziendali con evidenti diseconomie laddove la macchina sia un elemento fondamentale della produzione.

Un esempio classico è quello di una grande pala gommata al lavoro in un impianto di lavorazione inerti che si trova a non poter lavorare per 20/30 minuti a causa della rigenerazione del filtro.

FOTO_006Infine, ma non è da sottovalutare, il DPF ha un ciclo di sostituzione che, per una macchina movimento terra, avviene mediamente ogni 4.000 ore circa. La sostituzione, o la sua pulizia con processo speciale, è necessaria perché nel filtro rimangono comunque intrappolati elementi estranei al particolato e derivanti dal se pur minimo contenuto di ceneri incombustibili nel gasolio e/o nell’olio motore.

Diverso è il caso di scelte completamente diverse in cui si decida fin da subito di ottimizzare la combustione mantenendo elevate le temperature per sfruttare al massimo il potere calorifero del carburante, abbassando quindi anche i consumi, bruciando già gran parte del particolato e producendo di conseguenza molti ossidi di azoto che saranno poi neutralizzati dalla Riduzione Catalitica Selettiva con sottoprodotti come l’azoto e il vapore acqueo.

Dal momento che queste soluzioni di solito implementano anche un modulo DOC (Diesel Oxidation Catalyst) per il controllo degli HC e per la conversione di parte dell’NO in NO2 e che quest’ultimo è un formidabile composto ossidante per il PM attivo già a basse temperature sarà facile, qualora intervenisse l’obbligo di limitare ulteriormente il valore del particolato, o più che la quantità l’obbligo di limitare il numero totale di particelle emesse, risulterà semplice adottare un modulo DPF in cui le particelle rimanenti, poche per la verità, vengono ossidate in modo del tutto naturale anche a basse temperature dagli NO2 prodotti dalla combustione. La rigenerazione passiva, o basata su NO2, avviene quindi in modo continuo e contribuisce essa stessa ad abbassare gli ossidi di azoto che si combinano con il particolato e arrivano infine in quantità ridotta al modulo SCR. Questo li neutralizza poi in modo definitivo per rilasciare in atmosfera i gas purificati.

 

Problematiche ed efficienza

FOTO_010Non è un mistero che l’efficienza dei filtri antiparticolato influisca sulla resa dei motori e sull’impiego quotidiano delle macchine che ne fanno uso.

Questi filtri infatti generano una resistenza al flusso di gas di scarico, fonte di maggiori consumi, che è mai nulla e comunque proporzionale alla quantità di PM accumulato.

Un filtro completamente pieno non consente al motore di funzionare giungendo anche al suo spegnimento per proteggerlo da eventuali danni strutturali.

Fin dalla loro comparsa questi dispositivi hanno infatti messo in luce problematiche legate all’accumulo del particolato in relazione all’intensità di impiego delle macchine.

Già nel settore automobilistico, per esempio, sono stati penalizzati fin da subito coloro che utilizzavano gli autoveicoli in ambito urbano con un accumulo di particelle in breve tempo e la mancanza delle condizioni ideali di temperatura, come per esempio la percorrenza di tratte a velocità costante e sostenuta, per effettuare la rigenerazione attiva.

Per le macchine movimento terra la situazione è del tutto simile con una penalizzazione di tutti quegli impieghi in cui i regimi di funzionamento non sono costanti o comunque sono tendenzialmente bassi. Motori del tutto identici, per esempio, hanno dato molti meno problemi sugli escavatori mentre hanno complicato molto la vita agli utilizzatori di pale gommate.

FOTO_007La formazione dell’operatore, in questo caso, risulta fondamentale. Occorre infatti una consapevolezza ben diversa rispetto al passato per la gestione di questi motori di nuova generazione che richiedono maggiore attenzione e una organizzazione più precisa del lavoro per tenere conto delle tempistiche necessarie al corretto funzionamento dei filtri.

Si tratta di un ulteriore tassello che va a cambiare la vita aziendale insieme alla programmazione delle operazioni di controllo della macchina.

Due aspetti che, guarda caso, la normativa in materia di sicurezza sul lavoro ha particolarmente sottolineato proprio in virtù dell’accelerazione nel progresso tecnologico che le macchine movimento terra hanno avuto negli ultimi cinque anni.

Un progresso che ha visto i motori fare da traino per lo sviluppo dei nuovi modelli in cui la gestione più complessa della macchina, con l’ingresso massiccio dell’elettronica, è diventata una delle maggiori difficoltà per gli utilizzatori.

 

Semplificare è sempre meglio

FOTO_003Esistono ormai strade sicure in alternativa ai DPF. Strade che stanno dimostrando sul campo il loro indubbio valore.

La prima è quella dei motori con tecnologia SCR only che si sta dimostrando estremamente affidabile, funzionale e a cui le aziende si sono abituate molto in fretta grazie all’impiego dell’AdBlue su molti mezzi di trasporto di ultima generazione. Oltretutto ha l’innegabile vantaggio, ormai universalmente riconosciuto, di ridurre i consumi di carburante in modo significativo tanto da rendere pressoché irrilevante il costo supplementare dell’AdBlue.

Inoltre, se di primo acchito sembrava che la gestione quotidiana di una nuova sostanza potesse dare origine a qualche problema, alla prova dei fatti non è stato così.

In agricoltura, per esempio, ci si è ormai abituati da tempo ai motori con SCR sia per la posizione di leadership di chi per primo ha introdotto in modo massiccio questa tecnologia, sia per gli evidenti vantaggi in termini di spazio che ha portato i vari costruttori ad avvicinarsi a questa soluzione.

Non dimentichiamo infatti che le problematiche relative ai motori che devono usare i DPF sono anche date dal calore necessario per il funzionamento dei filtri e dallo scambio continuo che svolge l’EGR. Questo calore va smaltito e non è un caso se le masse radianti delle macchine che fanno uso di motori di questo tipo siano molto grandi. Con ulteriori problematiche legate allo spazio dei cofani, al rumore delle ventole e al consumo di energia che le stesse richiedono.

Laddove sia poi assolutamente necessario, a oggi praticamente solo in svizzera, l’uso di un dispositivo che intrappoli il particolato, è sicuramente meglio scegliere un dispositivo a rigenerazione passiva che funzioni in continuo e che non richieda quindi operazioni di rigenerazione attiva.

Semplificare è quindi sempre meglio. Per non avere problemi e, in definitiva, per risparmiare denaro. E con i tempi che corrono avere qualche problema in meno e qualche soldo in più è sicuramente meglio.