Test

Visione alternativa con Merlo

Un impiego alternativo del nuovo P35.11 TT di Merlo?…come macchina di servizio in cava…anche al posto delle piccole pale gommate. Ma con tante possibilità in più.

Un impiego che va al di là del già visto e che sfrutta al 100% le capacità operative di questo sollevatore telescopico.

Quale migliore applicazione, quindi, se non un contesto diverso dal solito cantiere?

Un terreno di prova dove le esigenze si alzano verso standard con profili diversi rispetto ai classici utilizzatori edili o del mercato del noleggio. Ma il P35.11 TT ha le caratteristiche per soddisfare questo tipo di clienti?

Decisamente sì. Vediamo come è andata.

Posto guida: il palista sul telescopico

Difficile convincere un operatore di pale gommate ad usare un telescopico. La differenza in termini di comfort e di ergonomia è sempre stata troppo alta. Se poi si parla di macchine con stabilizzatori il gap aumenta.

Il merito della Merlo è stato proprio quello di allargare le qualità dei modulari anche ai nuovi stabilizzati. A partire dal posto guida che, oggi, può tranquillamente competere con quello delle piccole pale gommate.

Con il vantaggio però di avere un accesso più semplice ma una visibilità paragonabile. Se non superiore in certi casi.

Piace molto la possibilità di avere la porta bloccabile, completamente aperta a 180°, utile quando si eseguono i continui sali e scendi classici del lavoro di routine.

L’altro aspetto che convince è la visibilità. Da sempre punto di forza dei telescopici Merlo, nel nuovo P35.11 TT è stata ulteriormente migliorata.

La climatizzazione è di serie con gli scambiatori collocati nel codino superiore della cabina.

La protezione FOPS esterna, integrata con la struttura della cabina, evita che il materiale eventualmente in caduta vada ad impattare con l’ampia superficie vetrata sul tetto.

Un multiuso che sa il fatto suo

 

La via della semplicità ha premiato il P35.11 TT grazie a una trasmissione idrostatica a due velocità in cui la prima marcia è perfettamente adeguata al classico lavoro di carico con la benna. L’impianto idraulico Load Sensing Flow Sharing, con i suoi 117 litri/min, ha messo in luce una verve inaspettata. Il sistema antistallo fa il resto con un motore che si dimostra anche generoso nella ripresa dai bassi regimi.

Il P35.11 è quindi un bell’outsider nei classici impianti di lavorazione inerti dove, spesso, operano pale gommate di piccola dimensione in affiancamento a macchine da pura produzione.

Con il vantaggio di poter caricare anche tramogge posizionate in alto o veicoli grande volume. Nelle classiche applicazioni con benna il P35.11 TT non si fa intimorire e riserva delle belle sorprese.

L’impianto idraulico permette manovre composte e fluide permettendo di dosare lo sfilo e l’alzata quando si accumula il materiale sfuso. La traslazione è precisa, come tradizione Merlo, e ha una buona spinta.

Per quanto riguarda le manovre in fase di imbennamento piace molto la gestione del CDC (Controllo Dinamico del Carico) che favorisce questo tipo di manovra.

Con la navicella è proprio completo

La polivalenza dei sollevatori telescopici è un tema fondamentale che il P35.11 TT fa proprio a 360°. E apre una strada fondamentale per i nuovi stabilizzati del costruttore.

All’interno di una cava di inerti è quanto mai importante tutta la gestione della manutenzione degli impianti. Il P35.11 TT mette in luce anche qui le sue doti di compattezza e di capacità operativa potendo disporre delle attrezzature TreEmme (che dialogano con il Controllo Dinamico del Carico) di cui fanno parte ganci, verricelli e navicelle.

Anche il maneggiamento e il trasporto di carichi diventa una manovra semplice e alla portata degli operatori abituati a macchine più sofisticate grazie alla precisione della trasmissione idrostatica.

Si tratta, in definitiva, di punti di forza tipici dei sollevatori Merlo che, in questo “inedito medio”, sono stati ulteriormente messi in risalto e affinati. Armi in più nell’arco di chi vuole pensare in modo differente la gestione del proprio lavoro uscendo dal “già visto”.

di Costantino Radis