Forza di volontà

La forza di volontà dimostrata dal Gruppo Doosan Bobcat sta dimostrando sul campo i risultati sperati e annunciati.

Prima outsider assolutamente sottovalutato dal suo ingresso nel mercato movimento terra con l’acquisto di Daewoo Earthmoving Industries.

Dopo una realtà forte e in espansione che ha visto il pieno rilancio globale dei marchi Bobcat, Ingersoll Rand, Montabert, Geith e Moxy.

Quando i dirigenti di Doosan Infracore avevano annunciato la volontà di collocarsi al quinto posto fra i costruttori globali del movimento terra entro il 2012 in molti avevano storto il naso. Ora che i dati di vendita danno loro ragione e che Doosan si piazza quale secondo costruttore mondiali di escavatori idraulici, soffiando sul collo a Komatsu, nessuno prende più alla leggera gli orizzonti di mercato del colosso coreano.

E l’annuncio di volersi collocare, entro il 2015, al terzo posto dietro Caterpillar e Komatsu quale costruttore globale di macchine movimento terra non solo non stupisce ma prelude a prossimi ulteriori traguardi che tutti siamo curiosi di conoscere.

Nel corso dell’evento per la stampa internazionale organizzato il 19 febbraio a Dobris (Repubblica Ceca) presso il Doosan Bobcat Training Center (a cui “Macchine Edili” era presente), i dati comunicati dal gruppo sono stati limpidi, lineari e inequivocabili. Con il consueto stile Doosan Bobcat in cui si mettono chiaramente in luce sia i pregi che i difetti, sia i punti qualificanti che gli elementi che vanno migliorati.

Se da un lato si avverte un calo della richiesta cinese, dovuta più a problematiche interne di infrastrutturazione del paese che non a una vera e propria crisi (NdA) nonché l’evidente consolidamento della crisi del “sistema Europa” che tutti ben conosciamo, dall’altro Doosan è comunque cresciuta superando la quota di 20.000 escavatori prodotti e venduti nel corso del 2012 e che la portano al secondo posto al mondo alle spalle di Komatsu.

Questo nasce dalla capacità di sviluppo dei prodotti che ha visto la dirigenza Doosan saper integrare i marchi in crisi acquisiti negli ultimi anni con un rilancio non solo commerciale ma anche e soprattutto tecnologico collocandosi sul mercato con un rapporto qualità/prezzo che oggi, a mio parere, non trova pari riscontri sul mercato.

Ci si aspettava un percorso di questo tipo da parte di molti costruttori cinesi, ragion per cui in molti dubitavano della capacità del colosso coreano di poter raggiungere i risultati annunciati qualche anno fa proprio a causa della potenza produttiva della nazione ex comunista.

Così non è stato per una evidente mancanza di capacità organizzativa, per un modello industriale che vede comunque i clienti top level cinesi ricercare la qualità oltre i confini nazionali, per una forte autoreferenzialità che non ha ancora scollato la Cina dal cliché del produttore massivo a basso costo. Tenendo anche conto che oggi si stanno affermando altre realtà produttive con le stesse caratteristiche ma a prezzi ancora più bassi.

La capacità di Doosan è stata quella, evidente al primo contatto, di aver saputo scollarsi di dosso il “bollo” di marchio coreano e di sapersi affermare come realtà globale.

In nessuna altra azienda che io conosca ci sono oggi così tante persone di ogni nazionalità che lavorano insieme apportando quel necessario mix di culture, mentalità ed esigenze che sono l’unica vera spiegazione del successo del gruppo industriale coreano.

Esigenze che hanno portato uno studio accurato del prodotto visto sotto aspetti che altri hanno chiaramente trascurato e che la sola crisi globale non può e non deve giustificare quale visione parziale di un mercato fatto di mille sfaccettature.

Ma se è vero che le aziende sono fatte dalle persone, con il 61% dei dipendenti di nazionalità non coreana, Doosan ha realmente solide radici globali.

E la forza di volontà di tante radici è sicuramente più forte delle radici di una sola pianta. Per quanto questa sia grande.