Test

Astra HD9: la serie della svolta

articolo di Ferdinando Tagliabue

Prova in cava e su strada per l’Astra HD9 84.48 in esecuzione 8×4 con motorizzazione da 480 CV, una delle più «gettonate». Il mezzo si presenta con la nuova cabina (in acciaio), strettamente imparentata con quella dell’Iveco Trakker.

Per tantissimi anni, abbiamo elogiato i mezzi d’opera Astra per le loro doti di robustezza e affidabilità, caratteristiche che ne hanno determinato successi internazionali e tanto, tanto lavoro in ogni angolo del mondo, a tutte le latitudini e altezze.
La proverbiale robustezza del telaio Astra ha rappresentato per lunghi anni un aspetto irrinunciabile per quell’utenza destinata al lavoro più duro, tanto che era disposta a rinunciare a quegli aspetti di comfort che, col passare degli anni, avevano visto i vari concorrenti proporre, via via, cabine più confortevoli e spaziose, sospensioni più morbide, insomma veicoli più vivibili, dai quali scendere a sera senza la schiena affaticata.
I tempi cambiano, mutano le esigenze dell’utenza e soprattutto cambia l’utenza Astra.

Addio plastica

 

Con la serie HD9 Astra ha abbandonato la sua classica cabina in materiale plastico per adottarne una più tradizionale in acciaio. E così, data la stretta parentela con Iveco (tramite Fiat Industrial) la scelta è stata pressoché obbligatoria e gli HD9 si sono trovati con la cabina del Trakker Iveco, una cabina sicuramente semplice, facile da pulire come si conviene ai cava cantiere di razza ma sicuramente più confortevole (c’è anche l’aria condizionata), ben isolata acusticamente e termicamente, più spaziosa e ospitale che non la precedente spartanissima cabina in plastica (che comunque aveva una sua larga schiera di estimatori che probabilmente la rimpiangeranno a lungo).
Esternamente la cabina si presenta con una linea aggressiva che ricorda molto da vicino la precedente serie Astra. I passaruota sono invece completamente ridisegnati e pensati in funzione della possibilità di ospitare un’ampia gamma di pneumatici (13 R 22.5 – 12.00 R 20 – 315/80 R 22.5 o 385/65 R 22.5).
La presa d’aria si sviluppa verticalmente come sui modelli della serie precedente ma ha cambiato la propria geometria e dispone ora di un filtro a doppio stadio analogo a quello che Astra utilizza sui propri dumper (rigidi e articolati).
La calandra frontale risulta più grande rispetto a quella degli HD8 il che rende sicuramente più agevoli i controlli dei livelli dei vari fluidi (liquido lavavetri e liquido refrigerante) e del filtro anti-polvere.
Salire al posto di guida di un veicolo cava cantiere non è mai cosa semplice e l’HD 9 non fa certo eccezione. Innanzitutto l’altezza da terra del primo gradino è abbastanza ragguardevole, inoltre il primo gradino, come su ogni cava cantiere di razza, è mobile e di dimensioni esigue (in modo da offrire la minor resistenza possibile agli urti contro eventuali ostacoli). Se a tutto ciò aggiungiamo poi che nonostante l’ampia apertura delle porte non è altrettanto ben supportata dalle maniglie poste piuttosto in alto, l’operazione di salita (quella di discesa è più agevole) non è delle più semplici.
Come abbiamo già etto la prima sensazione è di luminosità che deriva sia dal parabrezza abbastanza ampio sia dalle superfici laterali vetrate che scendono anche verso la parte bassa delle portiere e che hanno anche lo scopo di facilitare e rendere più sicure le manovre di avvicinamento.
La posizione di guida è corretta e il sedile (quello di guida) ben regolabile e confortevole, cosa che non si può certo dire per quello del passeggero ma del resto chi si porta il passeggero nell’impiego del cava cantiere?

 

Il test

Nel test cui abbiamo sottoposto l’HD9 (dapprima sulla tangenziale torinese e successivamente presso le Cave Moncalieri, abbiamo avuto modo di apprezzare la rapidità con cui il 6 cilindri in linea Cursor 13 di 12,88 litri in esecuzione Euro5  prende i giri ma anche la sua notevole silenziosità peraltro evidenziata dall’eccellente lavoro di insonorizzazione che è stato fatto a livello di cabina (nulla a che spartire con gli Astra di un paio di generazioni fa).
Le prodezze del motore sono ben supportate dal cambio che, nell’esemplare in prova è uno ZF 16S2520 TO a 16 marce avanti e 2 retromarce (con l’ultima marcia in presa diretta. Personalmente avremmo preferito l’ Astronic ZF16AS2601OD (disponibile a richiesta) ma in tutta onestà dobbiamo ammettere che, grazie al sistema di servo assistenza Servoshift, il passaggio da una marcia all’altra, risulta agevole e senza sforzo. Certo, la griglia di azionamento ad H affiancate richiede un certo rodaggio per il conducente ma rispetto allo schema ad H sovrapposta, risulta molto più semplice, almeno per chi, come noi, non è una vecchia volpe del volante. Del cambio abbiamo già detto ma non della frizione monodisco a secco con innesto di tipo a tiro con molla diaframma, che non richiede eccessivi sforzi in azionamento.

Il percorso in cava è in larga parte molto agevole e così ci permettiamo il salto di qualche marcia, anche a piano carico, tanto il motore non mostra nessun tentennamento. Nei tratti rettilinei e pianeggianti ci sembra di viaggiare su strada. Le sospensioni assorbono le asperità con una assoluta tranquillità e in cabina si sta davvero molto comodi. Fortunatamente ci sono anche alcuni tratti impegnativi, stretti e pendenti che ci permettono di apprezzare il fatto di essere alla guida di un Astra. C’è anche un infido « tornantino», che affrontiamo con una certa cautela perché il percorso è davvero stretto e soprattutto il terreno è molto smosso a causa dei frequenti passaggi obbligati. Questo è l’unico caso in cui ricorriamo al bloccaggio dei differenziali ma lo facciamo soprattutto per una ragione di sicurezza poiché il veicolo guidato da un conducente di maggior esperienza potrebbe essere affrontato in scioltezza e senza blocco. In discesa nessun problema, basta lasciar lavorare il freno motore e controllare il volante sulle asperità più marcate.

Guarda il percorso nella Gallery

 

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