Quando il giallo viene dall’Inghilterra

Le serate di pioggia invogliano alla lettura delle luci soffuse e mi capita sotto mano uno splendido libro che mi era stato regalato in un press-tour in Inghilterra. Un lampo mi passa per la testa e subito le idee prendono vita.

In quel libro si parla di un marchio diffuso ma che tutto sommato passa quasi inosservato.

Un’azienda che forse ha capito in anticipo quale sarebbe stato il mercato del futuro e non ha mai cercato lo scontro sul terreno delle grandi macchine.

Una filosofia di prodotto che ha sempre privilegiato la legge dei numeri sostenibili piuttosto che la rincorsa del business a tutti i costi.

Tanto che oggi JCB è una delle poche aziende manifatturiere britanniche ancora presenti sul territorio di Sua Maestà la Regina e che ha dalla sua sia lo spirito progettuale rivolto al futuro che una solida presenza in mercati emergenti che un tempo furono colonie dell’impero.

I più attenti avranno sicuramente capito fin da subito che stavo parlando di quella azienda fondata nel neppure troppo lontano 1945 da quel Joseph Cyril Bamford dalle cui iniziali ha preso vita il marchio JCB.

Un vero e proprio pezzo di Gran Bretagna esportato nei cantieri di tutto il mondo e che, anche nella isola che uscì vittoriosa dalla Seconda Guerra Mondiale alla guida di Winston Churchill, nacque con il recupero dei residuati bellici.

Dopo i primi carri per l’agricoltura ecco arrivare nel 1948 il “JCB MAJOR LOADER”: una applicazione idraulica per il carico frontale sulla base del trattore Ford Major. Da lì al montaggio del primo retroescavatore il passo è stato breve.

Se è vero che il primo amore non si scorda mai si spiega pienamente il successo di JCB nel mondo grazie alle sue terne. Nel 1952 nasce la prima terna JCB grazie al Mk I Excavator installato su un JCB Major loader con “cabina opzionale”.

Una strada che è ormai storia nota e che dai primi colori in rosso e blu è diventata gialla e nera nella seconda metà degli anni ’50 con il JCB Loadall, la prima vera pala gommata derivata da un trattore e con una specifica struttura adatta alle esigenze del mercato delle costruzioni. Il retroescavatore non si fa attendere e nasce la JCB 4…la prima vera terna come noi siamo abituati a concepirla.

Da qui in poi per JCB si tratta di una continua ascesa grazie a ricerca sul prodotto, ambizione personale della famiglia Bamford e di quel Jospeh Cyril che trova in suo figlio Anthony un successore con altrettanta voglia di fare.

Una ricerca sul prodotto che ha esplorato segmenti di mercato a volte inusuali per un costruttore improntato alla costruzione di macchine prettamente indirizzate verso il cantiere edile piuttosto che verso la grande infrastruttura.

Ecco allora arrivare, nel 1964, il JCB 7, il primo escavatore idraulico che darà seguito a una gamma di pochissimi modelli per poi ritrovare un vero e proprio impulso a cavallo fra gli anni ’80 e ’90 con la joint-venture costituita con il gigante giapponese Sumitomo.

Ma una delle vere sorprese – e che solo pochi appassionati conoscono – è il modello JCB110 del 1971 che, nello stesso anno, fa capolino insieme alla JCB413.

Se la 413 segna l’esordio di JCB nel mercato delle pale gommate articolate con una impostazione che allora si ispirava alla scuola tedesca con le Hanomag, Zettelmeyer e O&K a dominare i mercati del nord Europa (e che voleva la cabina di guida sul semitelaio anteriore), la JCB 110 è invece la prima pala cingolata del costruttore britannico a cui seguiranno i modelli 112 e 114.

Una gamma di pale cingolate rivoluzionaria quanto poco diffusa e forse troppo evoluta per l’epoca: fu infatti la prima pala cingolata a trasmissione idrostatica con motore posteriore, cabina avanzata e braccio con geometria di azionamento benna a “Z”.

Chi ci ricorda?…Caterpillar arrivò sul mercato con i modelli a tutti ben noti nel 1980 (nello specifico con la CAT 943).

Liebherr si presentò invece nel 1975 con il primo dozer idrostatico, il PR732, a cui fece seguito la sua apprezzata gamma di pale cingolate idrostatiche della serie 1.

Chi l’avrebbe mai detto? Ma chi conosce JCB non si stupisce.

La voglia di sperimentare del costruttore britannico è da sempre nel DNA di JCB ma lo è altrettanto la concretezza di chi sa capire le esigenze del mercato.

Non è un caso se, facendo un grande salto fino ai giorni nostri, gli investimenti effettuati da JCB per la realizzazione autonoma di motori si sono rivelati un vero successo…forse ben più di quanto immaginato dallo stesso costruttore…con i nuovi EcoMax che sono fra i più affidabili, semplici e al contempo geniali motori industriali del mercato.

E oggi il giallo che viene dall’Inghilterra parla di ecologia, rispetto di parametri emissivi e possibile utilizzo dei nuovi motori su più mercati con diverse esigenze semplicemente implementando o rimuovendo singoli componenti.

E lo fa molto più di altri blasonati concorrenti.