Opportunità mancate

Perché nessuno vuol lavorare nell’oleodinamica?

In questa estate bollente (in tutti i sensi) arriva per fortuna una buona notizia: il 2017 è stata la miglior annata per l’oleodinamica italiana dall’inizio della crisi. Lo ha affermato Fulvio Montipò, patron della reggiana Interpump, leader mondiale nell’idraulica con il 50% del mercato globale delle pompe a pistoni ad alta pressione e tra i primi player per le prese di forza (4000 dipendenti) che ha già messo al sicuro per il 2017 il traguardo del miliardo di euro di fatturato, doppiando in dodici mesi il valore del titolo in Borsa.

I numeri del colosso di Sant’Ilario d’Enza, ovvero +18% le vendite consolidate nel primo semestre, +50% il portafoglio ordini di Walvoil (sistemi oleodinamici ed elettronici per equipaggiamenti mobili), non sono isolati. Tutta l’industria domestica della potenza fluida in Italia – tre miliardi di euro di giro d’affari, 65% export e 23mila occupati secondo le stime dell’associazione di riferimento Assofluid-Federmacchine – sta vivendo un anno eccezionale, con ordini record nei primi mesi, soprattutto rispetto al competitor di sempre, la Germania: +25% la domanda di componenti idraulici made in Italy e +11% per quelli pneumatici (dati della federazione europea Cetop-Isc) con prospettive più caute in termini di vendite da qui a fine anno ma pur sempre vicine alla doppia cifra.

Il settore corre quindi, per fortuna. Ma mancano i tecnici qualificati (ingegneri meccanici ed elettronici), che a dispetto della penuria di lavoro, pare non siano interessati ad andare a lavorare in quella via Emilia che, oltre che ispiratrice delle indimenticabili canzoni di Guccini, è da sempre la culla del sapere oleodinamico. L’Emilia infatti vanta il primato nazionale in termini di produzione di componenti e sistemi (vale circa il 40% del made in Italy) e sta registrando una domanda in forte espansione dalla Cina agli Stati Uniti per la capacità di gestire notevoli potenze tramite “pezzi” di dimensioni e pesi ridotti rispetto a tecnologie alternative.

L’edizione 2016 del Master in Fluid Power organizzata dal Dipartimento di Ingegneria Enzo Ferrari dell’Università di Modena e Reggio Emilia con Cnr-Imamoter, unica iniziativa italiana di formazione specialistica post laurea nel settore dell’oleodinamica, è saltata per mancanza di iscritti, anche se il numero minimo per l’attivazione del corso era di soli 10 studenti.

Il movimento terra è uno dei tanti settori che utilizzano la trasmissione di potenza ed è quindi fondamentale tutelare e promuovere le competenze specialistiche di questo comparto. E allora perché non si trova personale? Forse perché le attrattive di questo settore non sono tali da allettare un giovane in cerca di lavoro, nonostante ci sia la garanzia di un posto assicurato?

Un dubbio legittimo che si presta ad amare riflessioni.

4 Commenti

  1. E’ un lavoro che da molte soddisfazioni peccato per me che ho raggiunto l’eta della pensione!

    • Le competenze non si perdono con la pensione! Può sempre fare da tutor alle nuove generazioni. Che ne hanno tanto bisogno….

  2. L’assenza di iscritti ad un master post laurea magistrale non significa la perdita di interesse dei giovani per il settore, il 90% a al termine della magistrale in Ingegneria trova lavoro nei primi 3 mesi,ed proprio sul posto di lavoro che inizia il vero master.
    Consideriamo anche che mediamente si terminano gli studi a 27 anni (Indirizzo abbastanza peso) e si incomincia ad aver voglia di entrare nel mercato del lavoro.

    • E’ vero, non è un indicatore sufficiente. Però è un dato di fatto che le aziende fatichino a trovare chi voglia occuparsi di oleodinamica….

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