La rivoluzione degli anni ’90 – undicesima e ultima parte

Alla fine il fuoco si spense da solo.

L’incredibile serie di errori di valutazione della dirigenza italiana portarono al tracollo del marchio.

A onor del vero Fiat corse subito ai ripari quando, interrotta la joint-venture, qualche “illuminato” si rese subito conto che da soli non era proprio possibile andare avanti.

Si mise subito in porto l’alleanza con la giapponese Kobelco che, in qualche paese europeo, era già presente con la soddisfazione dei propri clienti.

Il periodo di transizione necessario sia a Fiat che a Hitachi per organizzarsi non trascorse senza qualche problema.

Il nuovo marchio Fiat-Kobelco poteva commercializzare gli ultimi escavatori Fiat-Hitachi rimasti nei piazzali con il nuovo logo FK. Hitachi per contro si stava organizzando con la nuova rete con l’embargo di non poter ancora vendere i modelli della stessa classe da cui derivavano gli escavatori della joint-venture ancora invenduti.

Questa pausa di riflessione comportò che la concorrenza riuscisse a organizzarsi sia in termini di prodotti, che in termini di marketing.

Caterpillar era ormai conscia dei problemi che davano gli escavatori della serie C e quindi corse ai ripari con attente politiche di richiamo, estensioni di garanzia, interventi diretti per soddisfare i clienti. Riguardo al marketing contro Fiat, invece, lo scioglimento della joint-venture aveva fornito una valanga di argomentazioni che spaziavano a 360° e partivano dall’incertezza sul prodotto e, passando dall’assenza di una rete organizzata, finivano con il denigrare gli ultimi prodotti immessi sul mercato.

Hitachi nel frattempo si era organizzata più che bene accaparrandosi la gran parte della rete europea con buona pace di chi a Torino pensava di essere indispensabile e insostituibile.

A poco importava avere una gamma ridotta se alla fine il prodotto principe era l’escavatore cingolato. E sugli escavatori Hitachi non scherzava assolutamente! Per quanto riguardava le pale gommate, invece, la gamma (un po’ limitata) era composta da un prodotto onesto e affidabile anche se non superlativo.

Nel frattempo i primi modelli “FK original” uscivano da San Mauro. Si trattava della serie Dynamic Acera adattata e rivista per il mercato europeo e per essere costruita a San Mauro Torinese. Alcuni modelli (i più piccoli) non montavano motorizzazioni Isuzu bensì Fiat e le modifiche principali consistevano nelle regolazioni idrauliche e nei servocomandi.

Completamente diversi non solo rispetto ai Fiat-Hitachi ma anche rispetto ai Kobelco Dynamic Acera, non furono granché graditi agli affezionati del marchio ma molti clienti decisero di non abbandonare il costruttore torinese.

Dopo pochissimo tempo, però, fu data la notizia che il marchio Fiat-Kobelco usciva di scena, che le nuove macchine sarebbero state gialle (a seguito di un fantomatico sondaggio tale per cui gli utilizzatori identificavano le macchine movimento terra con il colore giallo e non con il colore rosso-arancio…?…) e che il nuovo brand si sarebbe chiamato New Holland a seguito dei successi raccolti in agricoltura.

Tutto il resto è storia degli ultimi anni: macchine inaffidabili, rete in grande confusione dopo la volontà di creare i poli del cava-cantiere dando i mandati di vendita ai concessionari Iveco senza nessuna esperienza specifica del settore, un crollo repentino della penetrazione di mercato.

Hitachi e Caterpillar nel frattempo se la ridevano. E con loro anche Komatsu e i nuovi arrivati Doosan e Hyundai. Con alcuni outsider di lusso come Liebherr.

In particolar modo Hitachi battezzò la serie Zaxis 3 e Caterpillar esordì con la release D della serie 300: due pianeti su orbite molto lontane dalla concorrenza.

Si trattava di macchine che avevano compiuto un vero e proprio salto in avanti. Hitachi come al solito era fortemente innovativa in termini di design, idraulica, sensibilità e prestazioni pure. Caterpillar aveva di fatto eliminato tutti i difetti della serie C con il forte merito di aver fatto un profondo “mea culpa” nel caso del 320 C e decidendo di importare il nuovo 320 D direttamente dal Giappone immettendo sul mercato una macchina come non si era mai vista nella casa di Peoria. I modelli superiori avevano guadagnato in affidabilità, controllabilità e produttività. I clienti più affezionati ricordavano nuovamente i fasti della serie B con, però, una velocità decisamente superiore, una cabina curata in ogni dettaglio (formidabile la possibilità di avere il traverso curvilineo del vetro anteriore così da seguire l’andamento del tergicristallo) e motorizzazioni affidabili e collaudate.

Se non la migliore, sicuramente una delle serie migliori degli escavatori Caterpillar.

Hitachi con la serie Zaxis 3 consolidò le proprie posizioni di mercato incontrando una volta di più il favore degli operatori e, soprattutto nei modelli più grandi, ebbe la capacità di rivedere verso l’alto i singoli progetti immettendo sul mercato una serie di macchine che nel lavoro gravoso in cava avevano ben pochi rivali. Anche le pale gommate ebbero un rinnovamento radicale con la serie ZW 3 che si confermò un prodotto di alto livello anche se, per motivi legati più a ragioni di marketing che non a problemi di qualche genere, non incontrò la diffusione meritata.

Komatsu, soprattutto grazie alla gamma compatta e una aggressiva politica commerciale diretta più ai concessionari che al cliente finale, ottenne buoni successi di vendita recuperando parecchie posizioni di mercato.

Anche i costruttori meno conosciuti ma con potenzialità industriali di ampio respiro come Hyundai e Doosan trovarono ampio spazio in un panorama lasciato deserto dal tracollo del gruppo Fiat.

Insomma: si trattò di una vera e propria rivoluzione. Ma una rivoluzione all’incontrario rispetto alla nascita di Fiat-Hitachi.

Il costruttore che più di tutti ne ebbe giovamento fu Caterpillar: alcuni prodotti avevano sicuramente delle lacune ma le linee fondamentali c’erano ed erano anche ben strutturate. I dozer, gli escavatori della serie D e le pale gommate della serie G prima e della serie H dopo fungevano da traino anche per i prodotti meno competitivi come, ad esempio, i mini escavatori. Molti prodotti che arrivavano direttamente dal Giappone rinverdirono i fasti della affidabilità Cat. Fra questi l’escavatore 314D CR.

A corollario della gamma tradizionale anche le macchine stradali dicevano la loro e il gioco era sostanzialmente fatto: le imprese più strutturate avevano infine un unico interlocutore con cui intavolare trattative commerciali con pacchetti di assistenza, scontistica di alto livello per acquisti importanti, patti di riacquisto, la garanzia di un nome e di una durata nel tempo. E soprattutto con la certezza di costi certi.

Sull’altra sponda non si sentiva battere colpo: i prodotti di alto livello non c’erano più, la rete di vendita e assistenza non c’era più, la professionalità di concessionari storici che ben conoscevano il movimento terra era passata su altre sponde.

Da allora ben poco è cambiato anche perché i progressi compiuti nel frattempo e la riorganizzazione di una azienda che di colpo era entrata in stato comatoso, si sono scontrati con un mercato in crisi profondissima e tornato ai livelli di vendita di trent’anni prima.

Gli anni migliori del mercato buttati al vento, un nome e una reputazione completamente da ricostruire, un progetto di prim’ordine che è come non fosse mai esistito e, infine, la negazione dei valori nati e cresciuti in vent’anni di lavoro comune.

Questi sono i risultati ottenuti sulla sponda italica dalla visione miope di una dirigenza impreparata e dall’atteggiamento tipicamente provinciale.

Il consolidamento di un marchio e di un nome che si propone ancora di più, nonostante le numerose pecche, come il vero e unico riferimento mondiale nel settore delle costruzioni è per contro il risultato sulla sponda USA con un nome, Caterpillar, che diventa ancora più forte e globale.

L’unica consolazione è che, alla fine di tutto, mi sembra di tornare bambino quando, nei lavori più impegnativi, si vedevano solo e soltanto le macchine del costruttore di Peoria.

Purtroppo però il tempo non torna indietro e se i miei primi capelli bianchi sono destinati ad aumentare, il tempo perso a far naufragare un bel progetto industriale non si recupera più.

2 Commenti

    • Buongiorno Paulo, ho visto il suo sito, interessante! Ho messo anche un “mi piace” su Facebook. Come va il mercato delle macchine in Brasile? Ho visto che trattate parecchi marchi…

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